*Jerry ha deciso di lottare con tutto sé stesso per Jacoby, per poter stare con lui in modo sano, per riuscire a vivere la loro relazione serenamente, ma non è facile convincere il compagno quando si mette una cosa in testa. Dalla sua Jerry ha delle buone idee, comunque. È vero che Jacoby durante il percorso di rinascita che ha fatto col prete, si è battezzato. Alla fine c'è un disegno non mio, trovato in rete, che io adoro e che mi ha ispirato una scena, ma prima leggete. I soggetti del disegno non sono Jacoby e Jerry ovviamente. Buona lettura. Baci Akane*
78. PRIMA DI ESSERE PERDONATO
"Questo è il momento che mi ha sempre più spaventato
Guardando senza aiuto come i fantasmi tornano
E' finita?
Dimmi se è finita
Questa è la cosa più difficile che io abbia mai fatto
Aspettando senza speranza che tu torni e scappi
E' finita?
E' davvero finita?
Ti ho promesso che sarei cambiato
Poi l'ho spezzata in milioni di modi
Ora mi prendo da solo la colpa
Mentre tu prendi tutto
Perchè non possiamo ricominciare?
Cosa abbiamo fatto a noi?
Dici che abbiamo bisogno di una chiusura
Mi sto solo arrendendo su di noi
Rifiuto di scomparire
Come tu stai cercando di dimenticarmi"
Una di queste sere arrivo e lo trovo già solo, doveva essere a quegli incontri in comunità per cui ognuno è andato a casa propria o comunque in libera uscita, oggi per la prima volta ho detto che sarei stato io con lui stanotte e di andare tutti tranquillamente.
Non abbiamo mai spiegato bene cosa sia successo, ma era chiaro che dall’essere un unica entità siamo passati al gelo artico, quindi era normale immaginare che fossimo in rotta. Poi piano piano abbiamo ripreso ad avere contatti considerabili nella media, non come prima, ma nemmeno da estranei. Per cui lì uno avrà pensato che avessimo fatto pace ma con riserva. In rodaggio, insomma.
Infatti abbiamo cercato di non ritrovarci mai completamente soli, non che quando loro dormono in camera ed io e lui siamo soli nel divano questo ci prevenga dal saltarci addosso, ma è capitato una volta che ci fermassimo fino a quell’ora e fossimo soli. È quasi successo che tornassimo insieme, ma lui non ha voluto, da lì ci sono rimasto male.
Anzi. Di merda.
Anzi, ho sofferto un casino, fino a realizzare dopo un po’ che non è giusto che accetto quello che non mi va, allora se lui non vuole lo convincerò che possiamo.
Questo periodo di registrazione è perfetto, perché solitamente ci chiudiamo insieme nella fase creativa, ma quella in realtà è già passata, la fase di registrazione è quella dove si perfeziona, è diverso.
La concentrazione serve, ma non come prima.
Così abbiamo stabilito che si vada a casa e che a turno solo uno di noi stia con lui perché Jacoby non ha accesso a casa, non ha ancora parlato e detto niente, non so onestamente come pensa di gestire la cosa. Lascerà davvero che i figli lo odino come lui ha fatto con suo padre?
Non parliamo molto perché dobbiamo evitare che scatti quello che fra noi scatta sempre puntualmente, però adesso voglio proprio che scatti invece.
Quando ho detto ai ragazzi di andare che sarei stato io con lui mi hanno guardato con aria da ‘sei sicuro?’
Quanto chiaro è a Tony la nostra situazione? Tobin ormai sa, forse è ora che ne parliamo anche a Tony. Certo, per dire cosa? Che è un autentico casino ma la facciamo andare avanti per la musica?
Un cazzo per la musica, la facciamo andare avanti perché ci amiamo lo stesso e non potremmo mai fare a meno completamente uno dell’altro, così è come stare insieme ma non stare insieme, guardare non toccare, un amore platonico.
Quanto potremmo rimanere platonici io e lui?
Sorrido mentre rientro a casa, il nostro nuovo studio che abbiamo deciso di fare nella città natale, Sacramento.
Pensando che non sia già tornato dalla sua riunione, me lo ritrovo seduto in cucina, al tavolo, al buio.
Non ci vuole molto per me per capire che qualcosa deve essere andato storto. Impallidisco subito mentre abbandono le mie cose all’ingresso e mi precipito da lui.
- Jacoby? - Chiamo delicato. Lui non dà cenni di sentirmi, così gli arrivo alle spalle e mi raggelo. Sul tavolo davanti a sé c’è una bottiglia ancora sigillata di vodka liscia. Mi mordo la bocca e chiudo gli occhi, prendo un respiro profondo poi gli metto le mani sulle spalle, da dietro, e lo chiamo di nuovo con dolcezza.
- Hai sentito Kelly? - Non si gira, ma si rilassa impercettibilmente. Le mie dita iniziano a massaggiare le sue spalle rigide e dure.
- Al gruppo si parla sempre del passo delle scuse. Penso di doverlo fare principalmente con lei. L’ho distrutta. E poi i miei figli. Non so se sono in grado, se sono pronto. Ho il terrore che mi guardino e mi dicano ‘tu non sei più nostro padre, non ti perdoneremo mai’. Sai, sono le parole che ho detto al mio. E così pensavo... e pensavo... forse ho sbagliato io con mio padre? Cioè non fraintendere, so che lui ha sbagliato e mi ha distrutto e segnato, ma non è la stessa cosa che ho fatto ai miei bambini? Non era mia intenzione, ma ero completamente cieco e prima ero terrorizzato dal rovinarli e prima che me ne rendessi conto proprio il mio scappare da loro li ha distrutti ed ora sono qua a guardare me in loro e a ricordare quanto sono stato male per colpa di quel bastardo di mio padre. Io... - Trattiene il fiume in piena mentre continuo a massaggiarlo distendendogli piano piano i nervi. - Così sono andato a prendere questa bottiglia, tornando a casa. Non l’ho aperta. Sto cercando di capire se mi aiuterebbe a sentirmi meglio. Sai, bevevo, mi stordivo, mi ferivo e scopavo per non sentire le follie dentro la mia testa. Ogni volta che c’era una lotta fra la mia testa ed il mio cuore o fra me ed il mondo, ogni volte che c’erano delle pressioni, qualcosa che non andava, la prima cosa a partirmi era la testa. I suoni, la sensazione di non essere qua, la voce che tuonava di uccidere tutti. Io... ho una persona malvagia dentro di me. E stordendomi mi sembrava di zittire tutto e tutti. -
- Anche da me scappavi all’inizio, perché sapevi che la nostra storia non andava bene ed allora sentivi quel casino che dici, così hai iniziato a stordirti per stare con me lo stesso, perché lo volevi troppo. - Cerco piano piano di spostare l’attenzione su di me. Se intanto sistemasse le cose fra noi, che sono le più facili da sistemare...
Appoggia la schiena allo schienale della sedia, sfiora la mia pancia con la nuca. È tornato biondo sul serio, non si trucca se non pochissimo e quando deve fare qualcosa di pubblico, i vestiti sono meno dark, anche se tendono sempre al suo stile rock. Sempre quando deve andare a fare Jacoby Shaddix. Altrimenti una tuta, un cappuccio, niente matita, niente accessori. Mi piace questo Jacoby. Anche io mi sono tagliato i capelli, li ho rasati da un lato e sono più lunghi dall’altro, sfiorano il collo.
Gli abbasso la cerniera della felpa per allargargli il collo ed infilare le dita sotto la stoffa alla ricerca della sua pelle che trovo facilmente. Trattiene il respiro, lo immagino mentre chiude gli occhi.
Sarà la prima volta che si ritrova che lo seduco? Sorrido un po’.
- Ti voglio sempre troppo. - Dice poi facendomi mica poco felice.
- Anche io. Ma non credo sia mai troppo. È solo il nostro modo di amarci e volerci. - Jacoby scuote la testa cercando di tornare sé stesso, ma tiro di più il colletto aperto della felpa facendola scivolare sulle sue spalle, le dita si allargano sulla sua pelle tatuata.
- Però quella persona malvagia è venuta fuori meglio con l’alcool e la droga. Ho ferito tutti. Troppo. Non so se posso sanare quel che ho fatto. Ci sto provando, voglio farlo, ma vedo lucidamente tutto quel che ho fatto per anni, come potrebbe qualcuno perdonarmi se nemmeno io riesco a perdonare mio padre? - Che quesiti cosmici. Sono contento che ne parli, forse fra poco mi racconterà di sua volontà cosa ha subito da piccolo. Quale demone non vuole raccontarmi.
Le dita scivolano davanti, sulle clavicole, percorro lentamente fino ad unirmi davanti, alla base della sua gola, dove ha il tatuaggio della stella rossa, sento che respira a fatica e stenta a rimanere concentrato, ma paradossalmente questo estremo rilassamento lo aiuta a parlare meglio, perde il controllo di sé sempre più ed è proprio quello che voglio.
- Io ti ho perdonato e ti perdonerò sempre. - Lo sento sorridere.
- Tu sei una persona speciale, hai un cuore d’oro ed è quello che non voglio più rischiare di rovinare. Meriti tutto il meglio, non posso avvicinarmi troppo a te. Ogni volta che succede dopo trovo il modo di ferirti ed ammalarti. - Mi mordo il labbro e scuoto la testa, in risposta le dita salgono leggere sul suo viso, massaggio con due dita i suoi lobi e gli scappa un sospiro roco.
- Il primo passo per aggiustare tutto è volerlo e chiedersi se sia possibile. È la prima volta che ti sento dire se devi perdonare anche tu tuo padre per avere possibilità con i tuoi figli. -
- Però non devo perdonarlo solo per poter chiedere perdono ai miei figli. Devo sentirmi di poterlo fare davvero, altrimenti sarebbe solo ipocrisia. - Annuisco.
- Certamente. Ma da quando ti conosco è la prima volta che ti ho sentito dire quella frase. Se devi perdonarlo. - Jacoby si ferma e non risponde, così mi sposto dalle orecchie alle tempie, massaggio leggero circolare, abbandona indietro la testa appoggiandola sulla mia pancia, io continuo.
- Non so cosa devo fare, so solo cosa vorrei. -
- E cosa vorresti? -
- Vorrei essere perdonato e riallacciare i rapporti importanti che ho distrutto. - Le mie dita sui suoi zigomi e poi giù sulle sue labbra, leggere le sfiorano. Le sue labbra così belle, ben disegnate, speciali.
- E con me cosa vorresti fare? -
Jacoby non esita un secondo, con la sua voce bassa e roca che mi fa venire un orgasmo solo se lo ascolto parlare così piano, risponde lasciando che le mie dita sfiorino il suo interno per un momento.
- Vorrei baciarti e fare l’amore con te. Ogni istante. -
Questa volta glielo metto dentro e lui lo lecca.
- Allora fallo, perché anche io lo voglio. - Jacoby ora lo succhia il mio dito mentre l’altra mano gioca sul suo collo solleticandolo. Sento i sospiri mentre succhia, mi sporgo per vedere il suo volto totalmente abbandonato ed in pace, è così erotico in questo modo.
Sono eccitato e sicuramente lo è anche lui.
Mi chino e sostituisco il mio dito con le labbra, lui le accoglie e le succhia allo stesso modo, gliele lecco, apre meglio le sue e sta per venirmi incontro con la lingua quando ha un estremo momento di lucidità e scuote la testa.
- Non posso, non è giusto. Non posso ricadere negli stessi errori. Sono la tua droga, sono la tua dipendenza, ma la droga fa sempre male. - Così seccato allontano la sua sedia girandolo di lato, mi sposto in avanti e mi chino sulle ginocchia, lo guardo dal basso. I suoi occhi azzurri sono pieni di un desiderio cristallino, non ha bevuto, non si è fatto. Sono felice.
Infilo le dita nell’elastico della sua tuta, mi prende le mani cercando di fermarmi scuotendo la testa spaventato.
- No Jerry. - Io sorrido malizioso insistendo.
- I tuoi occhi dicono di sì. -
- Anche il mio cazzo se è per questo, ma so che non è... - Ma un po' di insistenza e mi lascia tirare fuori la sua erezione già quasi dura. Sorrido soddisfatto e appena la mia lingua tocca la sua punta lui sospira e perde il resto della frase.
Un istante dopo la sua mano smette di cercare di fermarmi, scivola sulla mia nuca ed accompagna i movimenti della mia testa contro il suo inguine, mentre lo succhio e lo faccio godere.
Piano piano, un passo per volta.
Voglio dimostrargli che si può gestire tutto se c’è la consapevolezza dei limiti e dei problemi e la volontà solenne di affrontarli.
I problemi nella sua testa hanno radici profonde, ma sono psicologiche e non organiche. Se lui eviscera la fonte del suo disagio, starà meglio.
Il dilemma fra cosa vuole e cosa deve e può lo ha portato lentamente alla follia, se si abbandonasse a tutto quel che vuole profondamente fare guarirebbe.
Ed io penso che questa spaccatura interiore gli sia nata quando ha iniziato a sentire la mancanza del padre che odia. Questa lotta fra l’amarlo e l’odiarlo.
Se lo perdona, guarisce da tutto.
In questo momento di lucidità mentre abbiamo entrambi l’orgasmo, lui nella mia bocca, io nelle mia mano, realizzo cosa devo fare per lui.
Dopo Jacoby si è alzato e sconvolto è andato in camera da solo, io ho preso la bottiglia e l’ho svuotata. Da domani lo accompagno agli incontri e aspetto fuori. Questi incontri sono in un ambito religioso, a curarli è il pastore per cui penso abbiano un’accezione divina in qualche senso. In generale non fanno male, vorrei solo capire quanto lavaggio del cervello gli fanno. Per il momento sta migliorando, per cui non credo di dovermi intromettere, però istintivamente sento di dover stare attento, un po’ come a James che è un eccezionale produttore e ci aiuta tantissimo a comporre, registrare e sistemare le tracce. Gli altri produttori ci dicevano cosa non andava ma non ci davano consigli su come migliorare, lui lo fa.
Sarei innamorato io stesso di James se non sapessi che il suo rendere Jacoby ‘dipendente’ da lui ha una sorta di interesse. Se non fosse per questa sua capacità nello scrivere e nel cantare secondo me gli volterebbe le spalle, non sarebbe mai entrato così nella sua vita cercando di aiutarlo a tutti i costi.
Preferisco un prete che aiuta persone per vocazione senza avere nulla in cambio, piuttosto che lui che lo fa per farlo cantare il più a lungo possibile e guadagnarci su.
Un giorno di questi gli chiedo come va la questione fede e Dio, cosa pensa di tutto quello che sta facendo.
- Penso che alla fine mi battezzerò, so che per loro questi riti hanno un altro significato rispetto a quello che voglio dargli io, però voglio legarmi indissolubilmente a Lui e chiedergli di accompagnarmi in ogni passo della mia vita da qui in poi. -
- Perciò credi in Dio, ora. Hai fatto pace. - Chiedo mentre lo accompagno a casa. Non ci siamo rimessi insieme, non abbiamo fatto di nuovo certe cose, però intendo sfruttare i momenti giusti e piano piano portarlo al volerlo. Se lo obbligo torna a quelle sue lotte mentali, non voglio, lo devo convincere, sedurre piano piano.
- Sì ci ho fatto pace. Non è che mi ha abbandonato, ero scappato di casa. -
- Che conforto trovi in Lui ora? Come fa ad aiutarti in concreto? Perché vai in un posto con altre persone buone che ti accettano perché è la religione che lo dice? -
Jacoby si mette a ridere e appoggia il piede scalzo sul cruscotto dell’auto.
- Non c’entra niente. Anzi! La comunità mi guarda male perché sono un ex tossico, ho tradito mia moglie ed ora sono anche separato! Sono il male che chiede perdono a Dio. Però la loro religione impone l’accettazione di tutti quelli che entrano cercando Dio. - Mi aggrotto e lo guardo mentre sembra divertito da questo.
- E quindi dove trovi conforto, in che modo Dio ti può aiutare ad affrontare i tuoi demoni e non cadere più? - Devo capire quanto davvero utile è tutto ciò.
Jacoby smette di ridere, ci pensa poi si gira e mi guarda serio, percepisco il suo sguardo solenne.
- Il pensiero che Lui c'è e non mi ha abbandonato mi aiuta, non serve che faccia nulla, la mia vita la vivo io, devo fare le cose giuste da solo, se cado devo cadere perché è colpa mia. Se mi capitano le cose brutte è la vita, non è lui che mi punisce. Non è un Dio che punisce. Mi basta sapere che c’è e mi accompagna. Non so se ha senso, però giuro che questo pensiero, da quando ce l’ho, mi dà una calma, una pace dentro, una serenità che non avevo. Non so se sarà sufficiente per sempre, però penso a Lui come ad un padre. Penso a quello che vorrei fosse stato il mio. Se chiudo gli occhi e mi raccolgo e parlo con Lui, sento il suo abbraccio perché mi sento calmo dopo che lo faccio. E mi immagino un padre che mi perdona ogni volta, non importa cosa faccio. Vorrei che mio padre fosse stato con me, semplicemente con me, senza distruggermi, picchiarmi e tutto il resto. Ha senso? - Mi chiede in dubbio. Mi stringo nelle spalle e faccio un mezzo sorriso.
- Deve averlo per te. -
- Per me lo ha. - Annuisco e gli prendo la mano sul ginocchio.
- Allora va bene. - Il discorso fede è sempre personale, quando non diventa fanatismo va bene, non importa in cosa crede in particolare. Basta che non ferisca qualcuno o sé stesso.
Per me questa presenza che sente nella sua vita che lo accompagna, lo perdona e lo sostiene nel suo cammino è la forza che finalmente ha tirato fuori. È lui che desidera affrontare e abbattere i suoi demoni invece che nasconderli. Per questo si sente piano piano meglio.
Ma non importa cosa sia realmente, basta che ce l’abbia e non l’abbandoni mai più.