*Jacoby ha un mese e mezzo di convalescenza da passare in completo silenzio, prima di allora non saprà se l'operazione è andata a buon fine. Non solo un mese e mezzo di silenzio, ma un mese e mezzo di incertezza riguardo la cosa che per lui conta di più, la sua voce. La musica l'ha salvato ed ora rischia di perderlo. Ce la farà a non avere una ricaduta esistenziale? Jerry dal canto suo approfitta per fare la sua terapia come per incoraggiare Jacoby. Un tuffo nell'arte del silenzio. Volevo dire che non credo che la convalescenza la si passi in ospedale, per una cosa simile, ma quando ho scritto la fic l'ho dato per scontato. Ormai le cose rimangono così. Comunque è vera l'operazione e i tempi di prognosi. È vero anche il ritorno di Kelly proprio per quell'occasione. Buona lettura. Baci Akane*
82. IL SILENZIO È FINALMENTE AMICO
"e ora finalmente so come ci si sente
a rischiare tutto e ancora sopravvivere
quando stai in piedi sul campo di battaglia
e tutto il dolore è reale
è qua che realizzi
che devi aver fatto qualcosa di giusto
perchè non ti sei mai sentito così vivo
e ora finalmente so come ci si sente
a rischiare tutto e a sopravvivere ancora"
È strano avere un album pronto e non poterlo cantare e promuovere.
Ma è strano ancora di più sentirlo zitto.
È un ossimoro, ma rende proprio perché nel suo caso il suo silenzio lo senti eccome.
Fa un casino micidiale!
Per l’operazione l’hanno sedato, perciò quando si è svegliato c’era Kelly che ha scritto a chi di dovere che si era svegliato e stava bene. Hanno anche fatto una foto insieme.
Ci hanno messo poco a rimettersi insieme.
So che da un lato è la cosa migliore, lo so bene, specie perché anche io ho la mia famiglia e lui ha due figli e deve vedere di loro, ma per me... per me è dura rivederli insieme.
Mi chiedo quanto davvero funzionerà.
Jacoby è cambiato molto e cambierà ancora molto, penso che Kelly possa crederci e ricaderci, ma è lui il fatto. Ora che non si fa più quanto sarà convincente? Lui è sempre stato così spontaneo e schietto, quello incapace di vivere le situazioni che non voleva, rischia che sforzandosi tornino quelle sue reazioni mentali incontrollate.
La convalescenza di Jacoby in ospedale si protrarrà due mesi, due mesi di ricovero per un’operazione alla gola. È per controllarlo, dargli le terapie giuste e assicurarsi che faccia tutto quello che deve. Anche una cosa stupida come il microclima della camera conta quando devi recuperare una cosa del genere.
Gli hanno prescritto un mese e mezzo di silenzio totale.
Un mese e mezzo prima di sapere se tornerà a sentire la sua voce.
Non nascondo che anche io sono spaventato, ma non posso darglielo a vedere.
Cerco di non incrociare i momenti in cui c’è Kelly, sta facendo di tutto per far riavvicinare i figli, ha capito che effettivamente è la cosa migliore per loro, per un futuro sereno.
Questa pausa forzata per noi della band non è male, abbiamo più tempo per le nostre famiglie. Tobin che si è risposato può stare dietro alla gravidanza della moglie, anche Tony ha famiglia, come me.
Insomma prendiamo il meglio da questa situazione e vengo più spesso che posso a trovare Jacoby in orari strategici, in modo da poter stare soli.
Però stare qua con lui che non può parlare è onestamente la cosa più strana. A volte rido come un matto, altre mi viene l’ansia per non dire la paura vera e propria.
La cosa che mi è piaciuta di lui per prima è stata proprio la sua voce. Tornerà come prima? L'ascolterò ancora?
Non so spiegare quanto sia importante ascoltare ancora il suono della sua voce, ma non posso esprimerlo. Non posso assolutamente fargli sapere questo.
Quando si alza al mattino so che la prima cosa che fa è chiedere a Dio di farlo guarire alla perfezione e so che prima dell’operazione gli ha chiesto di guidare le mani dei chirurgi.
So che non è mai stato tanto spaventato come di questo.
Sai, vivere la vita come uno scavezzacollo ed odiarsi e ferirsi è diverso da questo. La sua voce, cantare era davvero l’unica cosa che gli era rimasta. Quando era lì per uccidersi gli è venuta in mente una canzone e l’ha scritta ed ha capito che non poteva farci questo.
La musica lo ha salvato.
Ora lui è davvero spaventato. Lo conosco quasi da venti anni, non l’ho mai visto così terrorizzato ed i suoi occhi, sempre espressivi, parlano un sacco.
Ovviamente parla scrivendo, perciò ha sempre un quaderno ed una penna a portata di mano, ha anche un pennarello nero ed uno rosso per quando deve gridare. Quello rosso è quando è furioso. Riesce ad esserlo.
Ha la tv in camera, un portatile, libri, tutte le comodità di questo mondo, ma diventerà matto se lo tengono chiuso qua dentro tutto questo tempo.
Quando sono qua parlare è complicato perché lui vorrebbe dire tante cose, ma non potendo deve scrivere, per cui gli secca scrivere tutti quei discorsi infiniti che fa.
Spesso le conversazioni sono del tipo
‘Ho paura’
- Vedrai che va bene. -
‘Non puoi saperlo’
- È andata bene ad un sacco di persone, perché a te deve andare male? -
‘Non lo so, ho solo un fottuto terrore! E se non parlo più?’
- Imparerai il linguaggio dei muti perché scrivere è rognoso! -
Lui così mi fa il dito medio ed io rido.
- Proprio quello, un gesto l’hai già imparato! Vedi che è più immediato dello scrivere? - Sdrammatizzo ed alla fine ride, sbuffando.
Altre volte però sembra inconsolabile, i suoi occhi parlano meglio della sua bocca, non gli serve la voce per farmi sapere.
Un giorno entro che sta guardando fuori, seduto sul letto. Sospira ed ha quell’aria spaventata. Quando mi nota i suoi occhi sono lucidi e sta per piangere. Così non serve che scriva. Faccio un sorriso comprensivo e con la mia tipica pazienza mi siedo nel letto con lui e gli circondo le spalle col braccio, tiro su le gambe e mi metto nella sua posizione. Jacoby si accoccola contro di me ed accetta l’abbraccio di conforto.
Il silenzio ci avvolge e ci accompagna, nessuno di noi ha bisogno di parlare.
- Sei nel mio campo, Jacoby. - Dico dopo un bel po’ che siamo così ed ascoltiamo il suono di questo vuoto. - Il silenzio. Il silenzio è il mio campo. Io so cosa si prova a stare zitti ed io al contrario di te ho sempre potuto parlare, ma non ho mai voluto. Ed è finita che anche quando dovevo, non riuscivo. E spesso nemmeno quando dovevo. Il silenzio è diventato parte di me, quasi come un cancro. So cosa si prova a vivere la vita in silenzio. -
Jacoby non fa cenno di prendere il quaderno per rispondere, so che parlerebbe, ma ora sta ascoltando, come ascolta ogni giorno che vengo e gli racconto qualcosa.
Io parlo e lui ascolta. I ruoli invertiti.
- Non è strano che ora tu sei nel mio mondo ed io nel tuo? Come facevi a parlare sempre ogni volta? Spesso non dicevi niente, parlavi perché dovevi. Parlavi per non dire quello che gli altri volevano sapere. E così va a finire che si parla di un cazzo. È come non parlare, alla fine. Non trovi? - Lo sento che sorrido e mi dà un piccolo pizzicotto sul fianco per farmi capire che ho ragione.
- A volte vivendo impariamo quello in cui difettiamo di più, contro la nostra volontà. Impariamo a parlare o ascoltare. Se siamo duri di comprendonio e non ci diamo una mossa da soli, arriva sempre qualcosa a farcelo fare. - Jacoby alza la testa e mi guarda sorpreso da vicino, i nostri visi sono vicini e lui è meravigliato. Sorrido e gli rubo un piccolo bacio dalle labbra, lui non si tende, sorride a sua volta e torna ad appoggiare la testa sulla spalla.
So che freme per parlare, ma non può.
Lui logorroico che sta così zitto per me così silenzioso che parlo.
Parlo perché anche se a volte mi piace ascoltare il suono del nostro silenzio insieme, altre è davvero brutto. Sembra che i demoni prendano forma ed ho paura a fargli prendere forma.
- Da piccolo c’era la regola del silenzio. Si parlava solo se c’era il permesso di farlo. C’erano i momenti giusti, no? E c’erano quelli in cui si faceva le cose insieme e si poteva parlare e fare liberamente quello che volevamo. Erano i momenti migliori. Per me parlare è uno sforzo, ma farlo con te mi viene sempre spontaneo. Credo che doverlo fare al tuo posto sia terapeutico anche per me. A volte penso che le parole siano il mio nemico. So cosa dovrei dire, ma la lingua si lega. Non escono. E più penso ‘Jerry, parla!’ Meno mi esce la voce. - Jacoby ascolta le mie confidenze, confidenze che non ho mai fatto ad anima viva.
Non accenna a prendere quaderno, non interagirà. Sarà il mio confessionale silenzioso. Accoglierà tutto ed io gli dirò tutto.
- Quando hai deciso di lasciarmi per non portarmi giù, non mi hai salvato, in realtà. C’è stato un periodo che non ci siamo visti e poi dopo che abbiamo ripreso a vederci. Quel periodo... io ero diventato insensibile. So che sembro non provare mai niente, ma in realtà non lo dimostro, ma lo provo. Quel che provo è così grande che mi blocca, ho paura a tirarlo fuori perché poi mi sembra di esplodere, mi destabilizza. Così lo trattengo e poi esplodo comunque. Però quel periodo io... io ti giuro, non riuscivo più a provare nulla. Ero terrorizzato, ero convinto di essermi perso, essere diventato un robot. Senza di te io stavo morendo dentro, ero un involucro vuoto. Non contava quanto male stavo con te perché mi preoccupavo fino a vomitare e ad avere reazioni nervose. Con te era sempre meglio che senza. E quando ci siamo rivisti e dopo un po’ abbiamo avuto quel confronto serio, tu mi hai tirato di nuovo fuori il mondo. Sono tornato a provare di nuovo emozioni e sentimenti ed ho capito che non ero ancora morto. Ero vivo. Ero vivo lì con te, solo con te. Ed ho capito che a casa riesco a fingere il marito perfetto ed il padre amorevole perché non è il mio cuore lì. Ok, adoro mia figlia. Non devo fingere di amarla. I figli sono sempre un discorso a parte. Tu puoi amare chi vuoi, fare la vita che vuoi ed essere un bastardo, ma i figli li amerai sempre e saranno sempre una benedizione. Però riesco ad essere chi devo essere perché non ci sono sentimenti. Con te invece... con te sono sempre vero senza dovermi sforzare. Ho sempre tirato fuori cose impensabili con te. Pianto, gridato, tirato pugni. Ed ora... ora parlo, parlo solo per te. E tu riesci ad interpretare ogni mio silenzio e monosillabo. Tutto di me. Solo tu. -
Penso che se gli avessi detto che lo amavo non avrebbe sortito lo stesso effetto.
Mi guarda di nuovo, dopo un po’ che smetto di parlare. Respira piano per non far rumore, per non interrompermi. Perché la sua emozione potrebbe essere il solito gran casino. La sua terapia consiste nel contenere, trattenere, evitare. Tutta l’opposto della mia. Ma i suoi occhi, come sempre, parlano molto. E non sono più tanto tristi e vuoti e morti come prima. Piano piano si scorge la luce, in mezzo alla paura.
Gli carezzo la guancia sorridendo mentre mi sento meglio e leggero, lui mette la sua sulla mia e me la prende. Poi è lui a baciarmi. Dolcemente, piano. delicatamente.
Un’ancora di salvezza uno per l’altro. Riesce a capire il bene che mi ha fatto semplicemente essendo vivo?
Mi separo dalla sua bocca ma rimango vicino e sono completamente rilassato e sereno mentre lo dico.
- Non sai il bene che mi hai fatto, quanto mi hai aiutato e migliorato la mia vita. Credimi, tu sei convinto d’avermela rovinata e avermi ammalato. Ma io senza di te ero morto, con te sono vivo, provo sentimenti, mi emoziono ed arrivo a fare cose che non avrei mai fatto per nessuna ragione. Tu non sai quanto mi hai salvato. - Questo silenzio gli valgono le lacrime, nasconde il viso contro il mio collo ed io lo abbraccio.
Non posso fare a meno di lui, non posso più.
Quando una volta vengo più tardi di quello che ci eravamo concordati, trovo qua tutta la sua famiglia, ormai che sono qua non vado via, ma mi pento subito di metterci piede.
I bambini li conosco bene, mi salutano entusiasti ed anche Kelly, poi io e lei ci mettiamo un po’ in parte ed osserviamo la scena di Jacoby coi figli.
Il grande è lì ma è sulle sue, ha sempre uno sguardo torvo, si vede che ce l’ha parecchio con lui e non l’ha perdonato. Ha l’aria di chi non si fida. Jagger invece sembra aver scordato già tutto.
Non so se è per l’età. A quell’età hai profondamente bisogno di avere tuo padre, vuoi che lui sia quello che serve a te.
Quando sei alle soglie dell’adolescenza, invece, è l’opposto. Non dimentichi e quel che tuo padre fa è comunque sbagliato. Perdonare quando hai dieci anni non è facile.
Tante cose non le capisci e non vuoi che te le spieghino gli altri, vuoi che te le spieghi lui, ma comunque non andrà mai bene quello che dirà. Perché lui semplicemente non doveva cadere, tutto lì.
Io e Kelly ci proponiamo di andare a prendere qualcosa da bere alle macchinette, Makaile ci guarda torvo come per chiederci come osiamo, Jagger annuisce sorridendo dolcissimo, mentre Jacoby prima annuisce senza registrare, poi torna a guardarci dubbioso ed io uscendo dietro a Kelly lo guardo spaventato.
Una volta in corridoio capisco che Kelly voleva lasciarli soli.
- Non hanno molte occasioni per stare soli, se sono lì non posso allontanarmi, ma ho colto la palla al balzo. - Io sarei la palla.
La guardo perplesso senza capire e così lei spiega.
- Makaile viene solo perché gliel’ho chiesto io, non sarebbe mai venuto. Non voleva rivederlo e perdonarlo. Quando Jagger ha saputo che suo padre voleva chiedere scusa e che io e lui volevamo riprovarci e voltare pagina, il piccolo era felicissimo. Ha detto che ha pregato ogni giorno perché accadesse. -
- Mak non lo può perdonare facilmente... - Kelly stringe le labbra dispiaciuta mentre ci fermiamo davanti alle macchinette.
- Non lo posso biasimare. Non so nemmeno se ce la faremo noi. - Questa confessione mi stupisce, non voglio essere qua con lei, figurarsi sentire i suoi sfoghi. Se però mi fa capire meglio quanto andranno avanti come coppia...
- I figli sanno quando i genitori fingono. Stai attenta. - Silenzio. Le porgo il caffè. - Se non torni per lui, perché lo ami e vuoi riprovarci sul serio, non dovresti farlo. Potreste rimanere amici e collaborare per il loro bene. - Jerry, da quando sei diventato subdolo? Da quando faccio terapia con me stesso e mi obbligo a parlare, ad essere meno passivo e a prendermi cura di quel cavolo che voglio.
Kelly non si stupisce di queste mie parole. Prende il caffè e si siede decidendo di prendermi come un prezioso consulente matrimoniale. Del resto sono quello che conosce Jacoby meglio di chiunque altro, potrei avere un punto di vista prezioso.