*La prima notte dopo il primo concerto al loro ritorno. L'emozione è alta e loro due devono condividere la camera ed il letto. Jacoby sta ancora valutando la sua situazione con Jerry, ma vuole anche che lui emerga di più invece di aspettare come sempre gli eventi. Jerry, dal canto suo, ha paura di non essere più veramente voluto da Jacoby come prima ed è insicuro. Vivere una situazione simile durante il tour non è una passeggiata. Buona lettura. Baci Akane*
88. LIBERTÀ
"Tu mi hai sempre amato anche quando io non potevo amare me stesso
No non ti sei mai girato quando stavo mendicando aiuto
Avrei dovuto dire grazie per non esserti mai arreso con me
Quindi anche se poi te ne sei andato non mi arrendo con te
Non dobbiamo mai dire addio"
Nonostante siamo parecchio in contatto uno con l’altro, non ci saltiamo addosso sebbene ci sia sempre un’atmosfera particolare quando siamo soli. Basta poco, chiudere la porta della camera, il mondo fuori e noi qua così come siamo. Nudi in un certo senso. Appena la porta fa click c’è proprio qualcosa di diverso che cala su di noi. Paura, tensione, desiderio.
C’è un solo scambio di sguardi subito imbarazzato, un sorrisino di circostanza, mezza smorfia per sdrammatizzare e poi evitiamo che è meglio, sì è meglio.
Non ci guardiamo, ci si cambia in bagno, ci si infila subito a letto, quel maledetto letto matrimoniale, e ci prendiamo un angolo, rivolti dall’altra parte e facciamo finta di niente, che sia normale, che vada bene così.
Il buio, il silenzio e questa pesantezza fra noi, una pesantezza perché vorremmo girarci e trovarci coi visi uno davanti all’altro.
- È stato bello, vero? - Dice parlando del concerto. La sua voce parla piano e quando fa così è ancora più bella. Sembra mi seduca ed invece è la sua semplice voce normale, solo più bassa del solito.
- Molto. -
- Cosa ti è piaciuto? - Chiede rimanendo dall’altra parte. Che modo strano di parlare.
- Quando dopo hai rifiutato alcool e tutta la merda che hanno portato. - Silenzio. Mi giro verso di lui e nell’ombra vedo la sua forma, la sua nuca. Aggiungo: - quando hai sbraitato di far andare via quelle troie. - Le sue testuali parole. Jacoby si gira finalmente, forse sono un idiota a richiamare così la sua attenzione, ma quando ci guardiamo sorridiamo entrambi, gli occhi brillano al buio e siamo già eccitati.
Silenziosamente mette la mano fra i nostri cuscini, siamo girati sul fianco uno verso l’altro e ci guardiamo così.
- Quell’ambiente mi ha rovinato. So che funziona così nella musica, le etichette ci forniscono tutto quello che vogliamo per spaccare perché conta che ci sia quest’atmosfera da spannati, perché è la fottuta atmosfera delle rock band. Ma chi cazzo l’ha detto? Voglio decidere da solo! Voglio essere diverso! Chi vuole festeggiare in quel modo di merda vada per night club, qua con noi si festeggia in modo normale! - Sorrido stuzzicandogli il palmo della mano col dito, lui la lascia aperta.
- Jason e Dio fanno davvero miracoli, eh? - Ridacchia con quell’aria colpevole infantile, c’è sempre una piccola traccia del suo passato, ma lo vedo bene, dannatamente bene rispetto a tutte le altre volte. È una rinascita lenta ma costante.
- Vedi la potenza del divino? - Scherza come sempre, poi però aggiunge seriamente chiudendo la mano sul mio dito che mi cattura, non faccio niente per toglierlo, anche se dovrei. - Parlare con Lui quando mi sento incerto mi fa sentire meglio. -
- Puoi farlo anche con me. - Dico sentendomi stupidamente geloso di Dio o Jason o chi cazzo intende.
- Lo so, ma non voglio farti scappare e stressarti l’anima... tu... tu non devi essere una valvola di sfogo, ma... - Ci pensa, i suoi occhi azzurri nella penombra si sollevano verso l’alto, poi torna a me. - Semplicemente te stesso. Ti devi prendere il ruolo che vuoi, fare la persona che vuoi. Non devi essere la mia spalla, il mio salvagente, la mia valvola di sfogo. Tu ora sei Jerry, indipendente da me. Devi fare quel cazzo che vuoi liberamente. - Appena lo dice accuso il colpo, non perché mi sento messo da parte o degradato ma perché mi rendo conto che semplicemente non ho avuto altro che lui, salvargli la vita, controllarlo, sostenerlo... lui e sempre lui. E me ne sono innamorato e lo amo, ma è vero quello che dice e solo ora che me lo spiaccica in faccia brutale, capisco che è come dice.
Ritiro la mano istintivamente e mi guarda allarmato.
- Non prenderla male! Tu sei stato il mio salvagente, hai messo me davanti a tutto te stesso, ma tu sei una persona con desideri e speranze. Devi vedere di te stesso, non posso continuare a prendere ogni tuo respiro! -
Ma io respiro per te.
Sto zitto, mi mordo la bocca mentre mi sento così maledettamente emozionato nel capire questa mia libertà. Non mi ero mai visto così. Incatenato. E non avevo capito che ora non lo sono più. Posso essere il Jerry che voglio che lui non ha bisogno di me.
È così? Non ha bisogno di me?
È indipendente? Non servo a niente?
- Che cosa vorresti Jerry? Cosa vuoi fare, cosa vuoi avere? - Chiede basso e suadente, non lo fa apposta, ne sono convinto, ma è unico in questo suo modo di parlare seducente. Come fa una persona ad avere questa voce?
- Voglio te. Voglio fare l’amore con te, stare con te sempre. - Sorride dolcemente ed avvicina il viso al mio, ma non mi ritiro.
Una mano sulla mia guancia.
- Sei una persona meravigliosa, meriti tutto quello che desideri, voglio che tu sia libero di lottare per quel che vuoi tu e non per quel che devi perché altrimenti succede un casino. Se mi vuoi, voglio che tu faccia di tutto per avermi. - Potrebbe baciarmi, però non lo fa. Non è ancora sicuro di sé, di esserne uscito, ma non mi tira in ballo, non mi fa sfoghi. Non so se interpretarlo come un buon segno oppure no, però mi piace sapere che ha altre valvole di sfogo. Credo sia positivo. Spero lo sia.
Forse sono un po’ geloso, come si chiama, sindrome del nido vuoto? Non ho più lui di cui occuparmi perché vuole farcela da solo? È positivo, prima o poi doveva succedere, spero che non finisca male, ma sono sempre qua.
Ha ragione. Devo imparare a vivere secondo i miei desideri, la mia priorità ormai sono io. Sorrido sorpreso e meravigliato mentre il benessere mi invade e mi sporgo baciandogli l’angolo della bocca. Sarebbe un attimo scivolarci sopra e baciarlo, però non voglio sedurlo. Magari ci starebbe, ma se non mi salta addosso seriamente significa che non è ancora sicuro di sé. Voglio che lo sia e che lo faccia quando lo è. Spero di non aspettare invano, ma quest’attesa mi cuoce in un modo che non credevo possibile.
L’eccitazione sale fra le mie gambe e non devo nemmeno toccarmi. Solo perché sono steso nel letto con lui e lo guardo.
Da quanto non mi sentivo così, cazzo. Da quanto. Forse da sempre.
È come tornare indietro e fare le cose come avremmo dovuto, con calma, sentendoci sicuri, preparandoci a puntino.
Spettacolo.
Ogni tanto si isola, prima lo faceva, lo ha sempre fatto in realtà, ma non in mezzo agli altri. Lo faceva quando eravamo fra di noi od in attesa. Ora capita che lo faccia anche in mezzo a tanti od in momenti impensati, magari anche inappropriati.
Ora siamo appena arrivati dove faremo il concerto, intorno c’è un gran casino di tecnici che sistemano strumentario, gente che grida e si chiama, noi in attesa di fare le prove per stasera e poter andare a riposare prima.
E lui in tutto questo casino prende e si siede su una panchina trasversale contro il muro.
Non so lui, ma io la noto subito.
Alle sue spalle c’è un murales con la coda di un pavone dipinto che comincia proprio dalla sua schiena, la panchina infatti è messa in modo che chi si siede in quel modo, sembri lui stesso un pavone.
Scoppio a ridere prima di rendermi conto che non se ne è accorto perché ha quell’aria persa nel suo mondo. Dire che mi fa impressione è poco, per un momento rabbrividisco.
Non perché è fuori di sé come una volta, anzi. È solo che non è qua. Odio quando non è qua ed al tempo stesso è meraviglioso.
Faccio subito una foto. Tira fuori le sue vere essenze davanti a tutta questa gente. Non so come dovrei sentirmi, ma vorrei sapere cosa pensa.
Mi avvicino silenzioso dopo un po’ e gli do un colpetto sul ginocchio che ritira per farmi spazio nella panchina, si rianima e mi nota, poi gli faccio vedere la foto e realizza solo ora, meravigliato, dove è seduto.
Si gira e guarda scoppiando a ridere.
- Cazzo, non mi ero accorto! - Rido anche io e scuoto la testa.
- A che stai pensando? - Lui si stringe nelle spalle e per un momento sta per glissare come sempre, poi però ci ripensa e me lo dice:
- Ho voluto affrontare questo periodo di merda, fra il tentato suicidio, la separazione con Kelly, l’operazione e la disintossicazione tutto da solo. Non ho fatto il minimo cenno alla mia famiglia e mi chiedevo se lo sapevano. Kelly l’ha saputo in qualche modo ed è corsa da me... e mi chiedevo... e loro? Ma forse sono stato io a ferire loro, no? Io che li ho allontanati, li ho tagliati fuori perché... beh, magari mi vergognavo. Non so... io ero il fratellone, dovevo essere l’esempio, quello forte, incrollabile, il loro eroe. Sono diventato una rock star convinto di esserlo ancora, ma quando Bryson mi ha detto che io non ero più suo fratello ci sono rimasto. Quindi ora... penso di essermi comportato da ‘non fratell0’, capisci? - Vagamente. Ma non glielo dico. Lui continua senza sosta. - E così non è che loro mi hanno abbandonato o cose così... credo che sono io che li ho feriti tagliandoli fuori... -
Con un fischio Tobin ci chiama perché siamo pronti per le prove, così Jacoby scrolla le spalle e fa per alzarsi.
- Beh, sproloqui vari, insomma... - Sorrido dolcemente e gli metto una mano sul ginocchio prima di alzarmi con lui, lo trattengo un istante.
- Avrai modo di recuperare anche con loro, aspettano solo che loro fratello torni. Quando sarai pronto e non ti vergognerai di te, ci andrai. - Perché so che è così. Ma forse, conoscendolo, è anche che vuole capire quanto a loro importi davvero di lui. Forse è anche questo.
Finché siamo in camere normali è tutto sotto controllo, il problema subentra quando magari abbiamo una tappa al giorno o comunque troppo ravvicinata in un posto troppo lontano e non possiamo pernottare in albergo per recuperare.
Non essendoci tempo ci facciamo una doccia dopo il concerto, ci sono sempre bagni e docce e posti dove decomprimersi.
I locali costruiti apposta per i concerti per cui il backstage è ad hoc, ci sono anche spazi migliori, più comodi dove rilassarsi prima e festeggiare dopo. Nei locali è bello perché poi inizia la festa nella sala a parte, musica, bere, mangiare. La folla che resta dentro nella parte principale non sa che esiste un mondo a parte, adiacente, chiamato sala VIP. È qua che chi ha i pass arrivano, i primi anni quando le major organizzano ogni passo del tour si preoccupano di far arrivare tutte le ragazze che servono per soddisfare e rendere felici le band.
Sono queste che spesso rovinano tutto. Sempre le etichette si preoccupano che nel divertimento sia compreso tutto, fumo, droga, alcool.
È il devasto.
Lavarsi con Jacoby sarebbe un problema se non ci fossero anche Tobin e Tony con noi, mi basta guardare loro per smorzare la mia eccitazione sempre pronta.
Jacoby non ha il fisico da modello, ha passato gli anni a mettere su e buttare giù chili, ma non ha mai avuto un fisico da stupro, il suo culo è flaccido per esempio, non lo guardi e ti ecciti, ma forse è anche vero che non sono propriamente gay, altrimenti mi piacerebbero tutti quanti o almeno altri ragazzi. Penso che Tobin abbia un bel fisico asciutto ed in forma, per esempio. Tony ha un bel culo, Jacoby glielo tocca sempre.
Jacoby non è fisicamente attraente, se escludi il viso che secondo me invece è bello, specie quando fa certe espressioni perse in sé stesso.
Però mi eccita guardarlo nudo. Solo lui.
Per cui penso dipenda dal fatto che io lo desidero, desidero lui non il suo corpo, ma di riflesso lo guardo nudo e mi viene duro.
Così guardo Tony rigorosamente in viso o nel petto villoso e mi viene un conato di vomito.
Spero non mi prenda per maniaco.
- Ehi Jerry, secondo te questo l’avevo già prima? - Chiede improvvisamente una di queste volte, mentre ci lavavamo ricordando dei momenti salienti del concerto appena fatto.
Mi giro e lo vedo che fissa la sua coscia bianco cadavere, l’unico posto dove non ha tatuaggi.
Lo fisso esterrefatto, lo chiede davvero a me? Tobin e Tony mi guardano perché non capiscono come mai non vado a controllare, Jaoby così alza la testa indispettito per vedere che cazzo ho di meglio da fare che correre a guardare la sua stupida gamba nuda.
- Andiamo, conosci il mio corpo meglio di me, vieni a dirmi se questo segno ce l’avevo già! Mica è un tumore maligno della pelle? Devo farmelo togliere? - E quando parte con queste paranoie alzo gli occhi al cielo e la mia priorità cambia.
Gli altri ridono mentre io vado e mi chino a guardare il punto che mostra nella coscia.
Jerry, non spostare gli occhi per nessuna ragione, capito? Non spostar... cazzo!
Il suo pene si sta indurendo, non pende moscio fra le gambe perché mi sono chinato a guardare.
- Sei un maniaco! - Sussurro a denti stretti, la sua testa vicino alla mia, so che sente. Il bastardo ridacchia.
- Dai cazzo sono serio! - Ma ride. Lo fisso solo con gli occhi senza girare tutta la testa, siamo piegati vicini, non gli sono davanti, però evidentemente per lui è eccitante anche questo. Beh, lo è per me. - Sono sicuro che questo strano segno nero non c’era! - Sospiro paziente e mi devo per forza accucciare perché non vedo bene, con aria di mal sopportazione controllo avvicinandomi e lui si sposta dal mio fianco e si mette davanti.
- Come cazzo fai a vedere se non ti metti così? - E qua gli altri ridendo se ne vanno dandogli schiaffi, per Tony è un gioco perché Jacoby gioca sempre a fare il maniaco con gli altri, non con me però. Tobin sa, invece.
Quando siamo soli posso insultarlo. Se non fossi ancora insaponato me ne andrei, ma devo comunque finire di lavarmi.
- Sei uno stronzo. - Lui si raddrizza e si sistema meglio davanti a me con il suo inguine ed il suo cazzo sempre più duro davanti al mio viso.
- Ma ce l’avevo già? Non ha una forma strana? - Chiede ridendo. Io lo guardo meglio e lo tocco col dito.
- Sì, ce l’hai sempre avuto. - Dico infine facendolo sospirare di sollievo.
- Ed anche il resto è a posto? - Sapevo io. Mi modo il labbro e chiudo gli occhi rimanendo mio malgrado accucciato davanti a lui, quando li riapro cercando un controllo sempre più labile vedo che si sta toccando tutt’intorno, con devozione devo dire.
- Cazzo Jacoby! -
- Sì, lo vedi bene? Sai, non lo uso da un secolo, ho paura di avere problemi col giocattolo! - Alzo il sopracciglio.
- Penso proprio che funzioni a dovere, ad occhio e croce! - Mi riferisco a come sta reagendo proprio davanti al mio viso, lui ride basso e sensuale, mi fa impazzire. Sento che anche il mio reagisce. Alzati Jerry. Infilati sotto l’acqua e mettila fredda. Non deve essere così, lui non è ancora sicuro, gioca con me perché gli piace, ma non sa ancora se vuole tornare con me o no, non è ancora sicuro di sé. Quando Jacoby è sicuro di qualcosa lo sa tutto il mondo.
Sto per alzarmi, ma in questo la schiuma dello shampoo scende sugli occhi accecandomi, li chiudo ed impreco ed in un attimo non so se devo pulirmi o evitare di cadere all’indietro perché il movimento dell’alzarmi di scatto chiudendo gli occhi mi fa perdere l’equilibrio e così fra la scelta di cosa fare, non faccio niente. Non mi pulisco gli occhi e non mi reggo.
Il mio culo si deposita duramente nel pavimento bagnato di piastrelle di queste docce che spero non mi trasmettano una malattia venerea.
- Fanculo! - Jacoby ride sguaiato, sto cercando di pulirmi gli occhi ma senza l’acqua che non mi scende vicino in questo momento non è facile, prima che possa organizzarmi mentalmente le mani di Jacoby mi prendono il viso e mi puliscono gli occhi. Sento che lo rifà un paio di volte usando l’acqua a cui lui evidentemente arriva agevolmente.
Finalmente apro gli occhi che non bruciano, sono arrabbiato, ho il broncio e sono seccato, seduto per terra, le mani all’indietro, le gambe pure belle aperte ed il cazzo sulla via dell’erezione.
E lui è accucciato davanti a me, proprio in mezzo alle mie gambe appunto, che mi tiene il viso fra le mani, i pollici sugli zigomi appena puliti. Ride divertito ed illuminato, ha una bellissima espressione in questo momento. Di volta in volta sempre più vivo e con un fondo di dolcezza che subentra alla tristezza di prima.
Rimangono certi fantasmi, ma va molto meglio, non si può negare.
E invece di continuare ad arrabbiarmi e rimproverarlo per il tranello che mi ha tirato solo per vedere se mi eccito ancora davanti a lui, mi ritrovo a sorridere ebete come un perfetto idiota.
- Questo sì che è un bel sorriso! - Esclamo prima ancora di accorgermi che la mia bocca ha parlato. E lui ride.
- E questa sì che è un’esclamazione spontanea! Come vedi entrambi facciamo molti progressi! Io sorrido davvero e tu dici quel che pensi senza filtrarlo! Stiamo andando bene, non trovi? - Credo che stia valutando quanto bene possiamo farci, se tornassimo insieme come andrebbe, se saprebbe gestirla, se sarebbe una relazione sana e bella per entrambi. Valuta.
Sorrido addolcito dimenticandomi la posizione e la mia volontà di non dargli niente finché non decide, così gli metto una mano sulla testa e gli sposto i capelli biondi dalla fronte in questo bel taglio corto e moderno, rasato ai lati che poi sale su con una piccola cresta strategica che gli dona.
Il gesto dolce si sta per concludere con un bacio perché ci stiamo avvicinando uno all’altro, ma poi dei rumori da fuori, qualcuno ci chiama per vedere quanto ne abbiamo, se siamo diventate delle piante acquatiche e per evitare che entrino a vedere ci alziamo in fretta, lui mi aiuta a tirarmi su, le nostre mani si intrecciano un istante, di nuovo elettricità, l’erezione sale pericolosamente e impreco, lo lascio subito, vado nel getto della doccia ancora aperto, apro quella fredda e chiudo quella calda e mi ci infilo sotto urlando per lo shock. Almeno non sembrerò un maniaco quando uscirò. La risata allegra di Jacoby mi accompagna ed è la cosa più bella che io abbia mai sentito. Gli faccio il dito medio e lui ricambia con lo stesso che però si lecca. Eh deve farlo, ovvio! Stronzo bastardo!