*Arriva l'inizio del 2011, Riky nel periodo del recupero in campo è seguito tanto dai fisioterapisti quanto dai dottori, poi arriva la prima partita e lui torna a segnare proprio su assist di Cris, la gioia è enorme tanto da saltargli addosso. Per il resto durante gli allenamenti non si staccano per nulla per tutto il tempo e Cris è sempre molto protettivo con lui. Queste sono le cose reali su cui io poi ho scritto ed ho aggiunto gli allenamenti speciali. Dopo che hanno deciso di stare attenti, non è facile giostrarsi specie quando sono soli, ma il desiderio è sempre molto forte ed è destinato ad esplodere. Buona lettura. Baci Akane*
19. QUELLA VIA DI MEZZO PERICOLOSA
Da lì tornammo a vederci regolarmente, vidi suo figlio e cominciammo a fare uscite a sei, io, Carol e Luca con lui, Irina e Junior, in qualche occasione io e Cris andammo perfino a fare spese per suo figlio e prendemmo gli stessi vestiti solo ovviamente di taglie diverse per i rispettivi pargoli.
Da lì lentamente le cose cambiarono, non erano più incontri sessuali, di quello avevamo anche paura in realtà e lo capivo da come non ci toccavamo, ma scattavamo se ci sfioravamo.
Però eravamo totalmente dipendenti uno dall’altro, dalle nostre presenze. Le nostre opinioni erano sempre vitali, ci ascoltavamo, ci confidavamo e poi puntualmente uno cambiava idea su qualcosa grazie all’opinione dell’altro.
Eravamo una cosa sola, lo diventammo in un altro modo, non più fisico, anche se sapevamo che c’era sempre quell’aspetto.
L’aver paura di perdere il controllo, di illudersi, di non saper gestire cose che non capivamo, ci faceva essere molto prudenti ed andare col freno, ma la verità è che se tornai in campo a gennaio del 2011 e segnai di nuovo, fu solo merito suo.
Non perché fu lui a passarmi la palla quel giorno, bensì perché in tutti quei lunghi mesi davvero lui era rimasto sempre con me.
Veniva a fare palestra con me e mentre io facevo riabilitazione, lui faceva rafforzamenti per conto suo, in campo durante gli allenamenti a parte, lui si riscaldava con me correndo a parte alla mia andatura, spesso ci muovevamo insieme. Era la mia ombra e so che se non avessi avuto lui a spronarmi e ad esultare per ogni insignificante miglioramento, a dirmi entusiasta che era sicuro che sarei presto tornato a segnare, io so che non ce l’avrei fatta.
Così quando tornai in campo quel giorno e segnai, gli saltai addosso al colmo della gioia e nulla, nulla in quel momento mi pareva più importante di quello e più vero di quel goal.
Io stavo tornando, lo sentivo, era reale. Non poteva che essere così. Ed era merito di Cris.
Senza di lui non ne sarei mai uscito.
Negli spogliatoi eravamo euforici come da tempo non capitava, io soprattutto, e tornando ad abbracciarlo mentre c’era il consueto tipico casino post partita che mi era mancato, mi scappò inevitabilmente.
- Dio come ti amo Cris! Senza di te non so cosa avrei fatto. - Mi resi conto di cosa avevo detto solo perché sentii la sua erezione contro la mia diventare dura e dura fu pure la mia subito dopo. Perché a quel punto capii che eravamo nudi e separati solo da degli slip sportivi davvero ridicoli.
E che ora avevamo una doccia da fare e non c’era ragione per farla separati, uno all’inizio ed uno alla fine, perché eravamo così felici di essere di nuovo lì insieme.
Cris non me lo disse, non rispose al mio ti amo in quel momento, però si eccitò vistosamente e sotto la doccia fu davvero drammatico non saltarsi addosso.
Fu tutto il tempo un gioco di sguardi che scivolava di continuo sull’inguine e sul corpo dell’altro. Solo grazie alla presenza sempre di qualche compagno, riuscii ad evitare di saltargli addosso. Eera da mesi che non mi lasciavo tanto andare con lui, che controllavo le vicinanze ed i contatti e anche se ci volevamo, se intercorreva sempre quel desiderio elettrico, il non arrivare oltre un limite di contatto ci aveva sempre aiutato. Il problema era che ora quel limite era ben che superato visto che oltre ad esserci toccati, eravamo nudi uno davanti all’altro sotto le docce.
Docce che finirono, ma non i nostri desideri visto che avevamo dato mostra di quanto sapevano essere dritti, i nostri desideri.
Ci sforzammo, anzi ci obbligammo ad essere sempre coi nostri compagni, in questo modo evitammo un danno che forse non sarebbe stato così grave. Ma non sapevamo bene ancora come muoverci e che tipo di relazione volevamo avere.
Avevamo in qualche modo corretto un tiro forse sbagliato e partito male, ma restava tutto lì, enorme fra noi. Evidente, insomma.
Quella sera andammo a casa pieni di voglie che sfogammo con le nostre mani, da soli. Lui non aveva nessuno con cui farlo in amicizia visto che Irina era una ragazza di facciata, mentre io avevo Carol che però era incinta e non mi sembrava il caso, a partire dal fatto che rischiavo di perdere il desiderio.
Non avevo un orgasmo così da mesi, perché per controllarmi meglio mi ero privato anche delle fantasie, per non rischiare di correre da lui e buttarmi fra le sue gambe a succhiarglielo.
Insomma il controllo era stato totale per quei mesi ed ora stava tutto crollando miseramente.
Ormai la frenesia correva fra le mie dita, sotto la mia pelle. Sapevo benissimo che di lì a breve saremmo tornati a letto insieme, il punto era che io lo amavo ancora di più e non avevo la minima idea di che cosa fosse per lui la nostra situazione, non osavo chiedergli cosa provasse e lui non me lo diceva. Quindi era un enorme punto di domanda.
Un punto di domanda che comunque trovò risposta di lì a breve, ma non nel modo da me immaginato.
Era strano, avevamo paura di saltarci addosso e cercavamo di frenarci, ma in realtà lo volevamo e comunque non era contemplata l’idea di starci separati. Avevamo provato ed era stato un disastro, quindi semplicemente bastava stare insieme.
E stavamo insieme.
Sempre.
In campo, in allenamento, negli spogliatoi, in palestra, a fare i massaggi. Eravamo sempre insieme, lui spuntava vicino a me ed io vicino a lui.
Un giorno era davvero freddissimo, l’inverno era scoppiato in pieno e piovigginava, c’era un’umidità assurda e noi ovviamente allenandoci eravamo sudati e in uno degli esercizi mi cadde la cuffia che lui prontamente raccolse e prontamente me la mise in testa facendomi sorridere un sacco.
- Dai che poi ti ammali e che faccio io senza di te? - Un po’ scherzava ma un po’ mi piaceva pensare che fossimo una coppia vera, che provava qualcosa ma non osava ammetterlo, io dovevo solo avere la pazienza di aspettare che trovasse quel coraggio.
Non era comunque facile perché ci ritrovavamo sempre nudi negli spogliatoi ed anche se lui si tratteneva a fare macchine od esercizi, mi chiedeva sempre di fermarmi con lui perché ovviamente non poteva farli da solo anche se per mesi li aveva fatti.
È che la città del Real Madrid era il nostro mondo, eravamo solo io e lui veri e reali, senza impegni, doveri ed obblighi. Senza famiglia, figli, compagne finte, famiglie da non disonorare. Potevamo essere noi stessi solo fra quelle mura e noi lì vivevamo davvero ed era impossibile, sempre più impossibile ricordarsi di non saltarsi addosso. Di non far seguire ad un tocco una carezza. Come quando lui mi carezzava di continuo i capelli perché era una cosa che non riusciva a fare a meno.
Quel giorno era troppo freddo per allenarci fuori a qualche esercizio di sincronizzazione come ultimamente facevamo, così eravamo andati in Palestra a fare qualche macchinario perché Cris non rinunciava mai a qualche mezz’ora od ora extra.
Così lo seguii anche se avevamo fatto palestra anche prima.
- Sai, devi rinforzare questi muscoli qua, il segreto sta proprio lì! - Mi disse entrando coi suoi shorts dopo essersi cambiato dalla tuta pesante che indossavamo all’esterno e che era strafonda.
Anche io ero vestito allo stesso modo.
La palestra era complicata da gestire così come le docce da soli che ultimamente facevamo sempre.
- Quei muscoli servono solo a metterti in mostra... - Dissi io scherzando perché si toccava la coscia dopo essersi alzato la gamba del pantaloncino. Cris rise per poi fermarmi e alzare la mia stoffa, mi prese la coscia e indicando la stessa muscolatura la toccò. Anzi. La carezzò.
- Questi ti permettono di dare potenza al tiro dalla lunga distanza, tu hai quel tiro ma non rinforzi a sufficienza i muscoli giusti ed in questo modo ogni tanti ti fai male. - Sembrava molto esperto e probabilmente aveva ragione, ma non era giustificato quel genere di carezza che divenne davvero sensuale ad un certo punto e non di uno che stava indicando quale muscolo usare.
- E... e quale macchina dovrei fare secondo te? - Chiesi perso nei brividi trasmessi da quel contatto allucinante. Cris prima di sollevare lo sguardo fissò il mio pacco che improvvisamente iniziava a gonfiarsi come un palloncino, si leccò le labbra e con aria maliziosa si staccò da me indicando il macchinario.
- Quello lì. Non lo fa mai nessuno, ma quello è perfetto per quei muscoli. - Indicò un macchinario astruso che effettivamente nessuno aveva mai considerato, così mi ci portò e me lo fece fare.
Mentre lo eseguivo, lui tornò a toccarmi il punto alto della coscia che aveva toccato prima, sempre scoprendomi dai pantaloncini. Mancai il ritmo e rallentai a quel tocco.
- Non distrarti, continua... senti come si tirano? - Faceva l’esperto professionale, lui, ed io volevo dargli un calcio.
- Come faccio a non distrarmi se mi tocchi così? - Tornai a sentire l’erezione dura fra le gambe e sicuramente si notava.
- La sola cosa che si sta tendendo è l’unica che al momento non ti serve. Non perdere l’esercizio, Riky, è importante... - Sospirai insofferente, volevo smettere ma lui faceva pure l’allusivo.
- Ti prego, io così... - La sua mano insisteva sul lato alto della mia coscia e invece di risalire verso l’anca, andò verso l’inguine sempre più gonfio. - C-Cri... - Cris si era accucciato davanti a me per controllare l’esecuzione e quindi poteva fare quelle cose che avevamo fatto per mesi l’anno precedente. Il ricordo tornò prepotente di lui che mi scopriva e mi succhiava e la voglia fu quasi incontenibile tanto che dovetti fermarmi dal muovere la gamba del tutto. Rimasi incastrato nel macchinario con lui accucciato davanti a me e fissarmi lì in mezzo e le sue mani sulle mie gambe, una sull’interno coscia.
- Non è quello il muscolo che devo allenare. O sbaglio? - Ma lui mordendosi il labbro si era perso come me.
- No ma è davvero ben allenato devo dire... - La sua mano ora esplorava il centro delle mie gambe, da sotto la stoffa arrotolata e alzata. Trovò la mia erezione dura trattenuta a stento dagli slip sportivi e schiacciò sussurrando sensuale: - Mmm molto allenato... - Era la prima volta che superava il suo nuovo codice del non toccarmi per evitare di far scattare cose da non far scattare. Il ricordo delle volte precedenti, che risalivano a fin troppo tempo prima, mi stava uccidendo e non capivo più niente. Sospiravo guardando il suo splendido viso mentre lui invece fissava la sua mano nel mio pacco.
- Cris io non ce la faccio... - Sussurrai infine, a quel punto lui si sollevò e nel farlo mi sfiorò le labbra aperte pronte per lui. Poi però ritirò la mano e con la stessa, in piedi davanti a me, si masturbò.
Capendo cosa stava facendo senza scoprirsi del tutto, mi diede il colpo di grazia e così per non sporgermi e prenderglielo in bocca, feci altrettanto con me, completando da solo, sempre da sotto i pantaloncini, il lavoro che aveva iniziato lui.
Lo facemmo in silenzio, sospirando e guardandoci. Venimmo insieme e fu una scarica così violenta che ci diede conferma che non avremmo resistito per molto senza ricadere nei vecchi guai.
- È... è meglio che la doccia la faccio io ora da solo e poi tu... e che tu rimanga qua, adesso... - Dissi io alzandomi tremante. Barcollai nel suo silenzio e vedendo che si sedeva al mio posto mi morsi il labbro.
Non ce l’avremmo fatta a lungo. Il desiderio era lì e questa volta c’era il sentimento e si vedeva, si vedeva troppo perché lui ci teneva a me da matti e non eravamo capaci di stare separati.
Iniziammo così a masturbarci uno davanti all’altro, sotto la doccia questa volta, nudi e con la volontà precisa di fare quello. E quello facemmo. Tutti i giorni finiti gli allenamenti extra insieme, qualunque esso fosse, con chiunque fossimo, poi trovavamo sempre il momento per farlo da soli. Non ci toccavamo l’un l’altro, ci masturbavamo trovando il sistema di non farci beccare, ma non ci toccavamo mai. Ci guardavamo e quell’orgasmo era potente e intenso, ma sapevamo che presto non sarebbe più bastato.
In camera prima delle partite non stavamo insieme, avevamo chiesto a Marcelo e Pepe di stare rispettivamente con uno e con l’altro spiegando che fra noi era complicato e avevamo paura di ricadere in certe trappole. Loro sapevano di noi, erano fidati, i nostri migliori amici.
Questo funzionò fino a che non arrivò l’ennesimo colpo di grazia. Un colpo che mi avrebbe demolito del tutto se non avessi avuto lui.
Quando glielo dissi fu come se il mondo gli cadesse addosso, fu il primo a cui lo rivelai e lo feci prima ancora di realizzarlo da solo.
Ci stavamo allenando e c’era una bella giornata di sole in quei primi mesi dell’anno 2011. Era sempre freddo, però c’era il sole. Lo ricordo bene.
Stavamo correndo e sentii le fitte tutto il tempo e dopo aver sopportato, fermandomi mi arresi perché era da un po’ che sentivo ma non avevo il coraggio di ammetterlo, di dirmelo, di farci caso.
Quel giorno, vicino a lui, smettendo di correre, glielo dissi e fu facile perché lo andavo a dire a lui e non a me stesso, al mister o ad un medico:
- Cris mi fa di nuovo male il ginocchio. - Appena lo dissi a fior di labbra, preoccupato ed in pensiero, mi guardò di scatto e contemporaneamente mi mise la mano sulla schiena guardandomi ansioso e shoccato il ginocchio:
- Davvero? Quello operato? - Annuii e lo guardai con la stessa angoscia che leggevo nei suoi occhi e lui vedendola capì che non doveva chiedermi se ne ero sicuro, perché se glielo dicevo lo ero e lo capiva, lo capiva benissimo che era vero e reale.
- Devi dirlo subito al mister e corri a farti vedere. - Poi si fermò ridacchiando. - Beh cammina. - Feci un sorrisino grato per la comprensione ed il gioco che alleggeriva, poi mi accompagnò come il mio angelo custode, infine mi rimase vicino mentre lo dicevo a Mourinho il quale mi mandò subito da uno dei fisioterapisti sportivi che per regolamento dovevano sempre seguire i nostri allenamenti.
Il problema non fu il male in sé, il problema fu che nessuno mi credette. Nessuno a parte Cris e fu questo in particolare a stabilire una volta per tutte che ciò che ci legava era amore, amore assoluto e solido, di quelli in grado di superare tutto.