*Ecco il secondo capitolo, molto più succoso rispetto al primo che era come sempre di presentazione di personaggi e situazioni iniziali. Siamo nella prima estate insieme, ovvero quella del 2004. La festa dello scudetto ha fatto traboccare il vaso per la prima volta, ma è dopo che succedono le cose più importanti. Andry vede tutto molto chiaramente ma si rende conto che Riky fatica a realizzarlo e pensando che sia troppo puro per 'sporcarlo', cerca di percorrere la strada che ritiene più giusta. Riky non sarà molto d'accordo. Buona lettura. Baci Akane*

2. REAZIONI SPONTANEE


La vera tragedia, per così definirla, arrivò dopo.
Dopo una notte intera ad evitarmi, mi evitò anche il giorno dopo. La stagione non era ancora proprio conclusa perché avevamo altre partite da disputare, per cui c’era ancora da fare.
Così quando tornammo a Milanello per quelle ultimissime partite, per quegli allenamenti che rimanevano, ci rimasi anche peggio nel realizzare che Andry mi evitava ancora, come se avessi la peste.
Pensai che ovviamente si era accorto del mio orgasmo involontario e che ora mi vedeva male per quello, credendo che io fossi gay e ci provassi con lui.
Quella fu la prima volta che pensai una cosa simile. Che io potessi essere gay. Lo pensai in termini particolari, ovvero ‘lui pensa che io sia gay’, il che non è come dire ‘forse sono gay’, ma non ero in grado di arrivare fino ad un certo punto.
Ci arrivai per lui, per non perderlo, perché in quei giorni mi resi conto che se non avessi fatto io qualcosa, l’avrei perso. Quel rapporto speciale conquistato a fatica, quella cosa a cui non potevo proprio più rinunciare, io lo stavo per perdere per sempre e non potevo permettermelo.
Così scoprii uno di quei lati di me che non pensavo di possedere, quando prendo e parto in quarta e faccio cose che non penserei mai di poter fare.
Lui fu il primo a scatenarmi quella cosa.
Mi sembrava di impazzire e arrivai al mio limite massimo di sopportazione quando alla vigilia di un’altra partita, dopo una settimana che mi evitava e che io le pensavo tutte e che mangiavo nervoso, decisi di prendere il coraggio a mille mani e ignorando la sua freddezza nel rispondermi, cosa che non aveva mai fatto con me dopo i primi mesi, andai da lui.
Ovviamente lo feci di sera perché mi sembrava meglio usufruire della sua camera sicura e senza il rischio di interruzioni o di essere sentito. Già fare quello per me era impensabile, almeno dovevo essere certo di avere la privacy che mi serviva.
Povero illuso, a volte vedendo quel che ho fatto con la consapevolezza di ora mi rendo conto di quanto ingenuo fossi.
Capitai così di sera dopo cena nella sua camera privata e lui ricordo che mi guardò come se fossi impazzito. Ricordo bene il guizzo che ebbero i suoi occhi, come di esasperazione e lì io lo interpretai come uno che non ne poteva più di me, che non voleva gli stessi ancora intorno, che si era magicamente stufato di me ed io non capivo come poteva essere, perché non era mai stato così ostile nei miei confronti, specie non negli ultimi mesi.
Così senza chiedere il permesso entrai in camera sua accendendomi come un fiammifero, preda di quel lato incontrollabile che mi faceva infiammare imprevedibilmente.
Lui si ritrovò me furioso dentro che camminavo avanti ed indietro con la  testa in fiamme, incapace di capire come comportarmi e di stare fermo.
- Ho capito tutto male io? Pensavo fossimo amici, pensavo di piacerti in qualche modo. Cos’è successo così d’improvviso che mi detesti, che non ti piaccio più? Come si fa senza motivo ad evitare qualcuno così? Ti esaspero? Non ti esasperavo prima della festa dello scudetto. Sai, ti ho lasciato spazio perché penso che tu sia uno che ha bisogno di spazi e tempi, perché fai le cose a modo tuo e basta, però le ho pensate tutte. È successo qualcosa quel giorno e penso di sapere cosa. Non sono gay, non pensare che io lo sia. Cioè ho avuto un orgasmo spontaneo, ero felice e non lo so, è capitato e basta. Ma non sono gay. E poi anche se lo fossi e tu mi evitassi per questo mi deluderesti molto, non credevo tu fossi quel tipo di persona che evita quelli diversi. I gay non lo sono per scelta, gli succede e basta e vanno trattati in modo normale, non pensavo fossi così. Pensi che io sia gay e sei omofobo? - Chiesi in modo estremamente diretto e fuori controllo.
Andry a quel punto non sapeva come spegnermi, credo, e riuscì solo a dire completamente smarrito e colto alla sprovvista:
- No io non... non hai capito niente... -
Così esplosi ancora di più e lo afferrai per la maglietta che aveva e lo tirai verso di me:
- E allora dimmi com’è! - Quasi gridai in faccia. Andry non sapeva come spegnermi, come gestirmi, come giustificarsi.
- Non sono omofobo e non ho problemi con te... è che... - Non ci potevo credere, stavo per impazzire, anzi, lo ero proprio.
- Non prendermi in giro, perché mi hai evitato? - Ruggii sempre furioso e sempre appiccicato a lui che effettivamente era stremato da qualcosa.
- È che tu... noi... - Iniziò a balbettare senza sapere come dirmi quello che aveva dentro, non l’avevo davvero mai visto in quelle condizioni e alla fine dopo la mia ennesima domanda incalzante di ‘dimmi cos’è!’ Lui mi prese il viso fra le mani e mi baciò.
Così senza respirare più. Senza permettermi di fargli un’altra domanda.
Mi bruciò le labbra mentre le premeva sulle mie e mi teneva fermo a sé così. La magia.
Smisi si infiammarmi di rabbia cieca, mi spensi, mi sciolsi, avvampai e l’emozione vibrò dentro di me facendomi di nuovo eccitare.
Lì esattamente in quel momento seppi che ero spacciato. Che quello ero io. Che Andry mi aveva appena mostrato senza alcuna ombra di dubbio esattamente ciò che ero.
Ed io ero perdutamente innamorato di lui.
Dopo di questo, senza lingua né nulla, mi separai da lui tenendomi una mano sulla bocca. Come se potesse scapparmi qualcosa da lì, l’anima, il controlla, la vita stessa forse.
Lo guardai nel panico con il cuore in gola senza sapere cosa fare e lui fece un passo indietro e allargò le braccia come per dire ‘vedi?’
- Era per questo che non volevo. Ho capito che non eri pronto, che non sapevi ancora niente di te! Sei ancora un bambino, dannazione... io non... - Andry stava perdendo il controllo, stava mostrando tutto il suo caos, la sua mortificazione e la sua paura. Paura per qualcosa che non capivo. - Tu devi crescere, Riky. Non pensare a questo, ok? Cerca solo di conoscerti meglio. - Andry andò alla porta e l’aprì per farmi uscire, ma io avevo il cuore in gola e non capivo ancora nulla. Non so come potevo farmi bastare quello che mi aveva appena detto, come potevo capire cosa gli prendeva, come potevo semplicemente uscire da lì e fingere che nulla fosse capitato.
- Stai dicendo che sei tu quello gay? E che io devo fare finta di nulla? Io non capisco nulla Andry! - Andry esasperato alzò gli occhi al cielo richiudendo la porta.
- Ti prego... - Mi implorò. Io gli tornai davanti scuotendo la testa.
- Come puoi dirmi di non pensare a     questo e di conoscermi meglio, di crescere? Cosa c’entra col fatto che dopo il mio orgasmo mi hai evitato ed ora mi baci? Come pensi che possa capire qualcosa? Guardala dal mio punto di vista, tu capiresti qualcosa? - Andry parve realizzare solo ora di essere stato per l’ennesima volta incomprensibile e così sospirò, mi prese le spalle e cercando di calmarsi, mi calmò. Provò a dire qualcosa diverse volte senza successo, fissava in basso mentre io fissavo il suo viso preoccupato. Non potevo uscire di lì rischiando di non avere più un rapporto con lui, e non mi importava di che genere dovesse essere. Io dovevo averne uno.
- Sei troppo piccolo, non ti conosci ancora. Non sai chi sei, cosa sei, cosa provi. Mi hai rincorso senza sapere perché. - Non era più chiaro quel discorso, mi aggrottai e lui chiudendo gli occhi parlò ancora sforzandosi di essere più chiaro. Per esserlo, dovette essere schifosamente diretto. - Sei gay, Riky. O per lo meno mi corri dietro non perché mi ammiri e mi vuoi essere amico. - Poteva sembrare presuntuoso, lo pensai e mi ritirai istintivamente. Mi sentivo scottare, lui mi lasciò andare e per un momento lessi la paura nei suoi occhi. Paura di averla giocata male e di avermi perso davvero. Così mi fermai e provai a pensare, ma era difficile, così decisi di rassicurarlo e di rassicurare me stesso sulla cosa che evidentemente per entrambi premeva più di ogni altra.
- Non so di cosa stai parlando, ma è evidente che siamo confusi e abbiamo bisogno di tempo. Però è ancora più evidente che entrambi teniamo al nostro rapporto. Sbaglio? - Lui annuì.
- No non sbagli. Ci tengo tantissimo. - Si affrettò a dire. Io così provai a sorridere, allargai le mani davanti a noi come a fermare tutto.
- E allora torniamo a come eravamo prima, ok? Amici. Stavamo bene insieme. Non pensiamoci più. Non è successo niente, va bene? - In quel momento Andry capì ed io solo ora so cosa lesse.
Preferivo fare finta di nulla piuttosto che affrontare una realtà scomoda. La realtà in cui io non potevo ancora guardarmi per ciò che ero.
Non l’avrei fatto sul serio per molto, ma sarei sceso a dei compromessi accettabili fino all’arrivo di Cristiano nella mia vita.

Per Andry non fu di certo facile, perché poi avere comunque a che fare con me senza poter fare ciò che voleva era difficilissimo. Ed io non volevo vedere ciò che eravamo e succedeva, ciò che provavo lo soffocavo e lui ormai doveva assecondarmi anche se voleva solo perdersi in me.
Era difficile essere amici, abbracciarsi e farsi i complimenti senza nuove accezioni e penso che io ero bravo a nascondere la testa sotto la sabbia, ma per lui no. Per lui era impossibile non sapere che voleva baciarmi, in realtà, e non solo darmi una pacca sulle spalle.
Ogni tocco doveva essere una tortura mentre per me era una fonte immensa di gioia perché finalmente eravamo di nuovo amici.
La tortura non durò molto.
Poi il campionato finì e lui andò in vacanza per conto suo con la famiglia.
Lo venni a sapere per vie traverse che si sposò in quelle vacanze.
Fu un colpo assurdo, un’ondata di gelosia impossibile da ignorare, così forte che mi mangiò per il resto dell’estate fino a che lo rividi per il ritiro.
Quando tornammo tutti al lavoro, io ero avvelenato e ferito e mi sentivo in procinto di un’altra delle mie famose esplosioni. E lui mi guardava senza sapere come parlarmi. Ci eravamo lasciati fingendo di stare tutti bene ed essere tutti felicissimi ed amici, ma sapevamo che facevamo finta, che entrambi pensavamo e volevamo altro.
E lui si sposava e non mi diceva nulla dopo quel bacio.
Ci ho ripensato tutto il mese che siamo rimasti separati, incapace di capire come poteva avermelo dato e cosa significava quello strano discorso fatto quella notte.
Improvvisamente non potevo più fare finta di nulla, come avevo detto. Dovevo sapere. Dovevo proprio.
Così stetti poco in ritiro mangiandomi le domande. Negli spogliatoi da solo non ci resti mai, specie in ritiro, ma in generale proprio è impossibile.
Per cui dopo aver cercato mille occasioni per parlargli senza sapere nemmeno cosa dirgli, mi ritrovai di nuovo nella sua stanza.
Quando aprì aveva una di quelle facce da ‘ti prego non farlo’. Ma io dovevo. Sapevo che non voleva parlarne e forse voleva proprio cancellare ogni cosa, ma io non potevo più seppellire tutto.
Così entrai e cominciai.
- Perché non mi hai detto che ti sposavi? -
- Credevo lo sapessi. - tipica risposta da chi deve tenere le distanze e lui era bravo in quello. Così scrollai le spalle, mi misi le mani in tasca e lo guardai torvo.
- Non importa. Perché mi hai baciato se ti stavi per sposare? - Andry spalancò gli occhi e mi fissò stralunato.
- Ora vuoi saperlo? Quella sera era meglio fingere che non fosse successo nulla ed ora vuoi parlarne? - Chiese stizzito. Stava venendo fuori il suo carattere, quello che soffocava perché probabilmente inarrestabile.
Quello che non era esattamente l’emblema della freddezza.
- Sì, ora voglio saperlo. Quella volta credevo che avrei avuto tempo per capire cosa ci stava succedendo e che le cose sarebbero venute spontanee e non so, non ero pronto forse, non sapevo cosa pensare, ma ora è peggio. Io mi tormento da quando ti sei sposato. Cosa significava quel discorso? Quel bacio? Quel ‘sei piccolo, non sai chi sei, cresci?’ Cosa cavolo... - Non sapevo come proseguire tanto che ero confuso e incredulo.
- Ma perché. Eh? Quella sera hai avuto l’occasione di approfondire questo discorso, non hai voluto farlo, ho capito che non eri pronto e forse non lo sarai mai. Io non capisco, cosa vuoi da me? Tu vuoi vivere la tua vita a modo tuo, io anche. Non ci sono spiegazioni da dare, sono libero di baciare chi voglio e sposare chi voglio! - La sua reazione dura mi stupì, non l’avevo mai visto arrabbiato con me e mi ritrovai con le lacrime agli occhi realizzando che poteva essere la fine del nostro rapporto. Ed io non sapevo perché contava tanto sapere. Cosa volevo sapere, poi?
- Perché mi hai baciato? - Chiesi con voce tremante. Quanto era essenziale saperlo ormai?
- Perché vuoi saperlo? - Andry davvero non ce la faceva più, sembrava mi pregasse di lasciarlo in pace, ma non potevo mollare.
- Perché... perché sento che se ti perdo ora io non me lo perdonerei mai e non capisco, non capisco perché mi hai baciato se dovevi sposarti ed io non so cosa pensare, cosa fare e... - Ed ero fuori di me, confuso, con le lacrime sugli occhi e tremavo come una foglia.
E lui così per fermare quel fiume che ero, si strofinò il viso esasperato e capendo che non poteva tacermelo a quel punto, a distanza debita, disse:
- È come hai detto quella sera. Non scegli di essere gay, lo sei e basta. Ed io non ho scelto di innamorarmi di te. Lo sono e basta. Anche se dovevo sposarmi lo sono. Ed onestamente non cambia molto quel che provo perché tanto tu non sei pronto e non lo sarai mai e probabilmente non sai cosa provi perché non provi nulla, sei solo un bambino confuso che non sa chi è. - Così dicendo si voltò di schiena intenzionato a chiudere lì quel discorso. Forse non sapeva come si poteva tornare indietro, forse stava realizzando che non si poteva.
Ma il peso di quello che mi aveva appena detto mi paralizzò.
Mi aveva detto di essere innamorato di me, come potevo ignorarlo?
Qualcosa scavò in me in quel momento. Le sue parole tirarono fuori quel lato che soffocavo. Di cui avevo paura. Non potevo ignorarlo come volevo, non potevo più.
Così senza controllarmi, senza pensarci, senza realizzare nulla, mi ritrovai a muovermi verso di lui, lo girai verso di me, gli presi il viso fra le mani e lo baciai capendo che doveva andare così.
Che era quella la sola cosa sensata da fare.
Che mi sentivo incredibilmente a posto mentre aprivo le labbra e cercavo la sua lingua con la mia.
Andry, smarrito, mi prese per la vita e ricambiò assecondandomi. Le nostre labbra si fusero, le lingue si incontrarono e non capimmo più niente.
Poi fu solo un abbandono istintivo, una cosa che tirò l’altra incapaci di smettere più.
Per lui fu come tornare al paradiso sfiorato e perduto. Per me fu come trovare me stesso in una rivelazione in cui mi giustificai dicendomi che era lui la mia eccezione. Che non ero gay, ero solo perso per lui.
Il resto in quel momento non contava. Non c’era Carol, la mia famiglia, le mie tradizioni ed i miei doveri.
C’era solo Andry, la sua bocca, le sue mani che si infilavano sotto la maglietta ed io che andavo a fuoco.
Andry mi prese sotto le braccia, mi sollevò facendomi avvolgere le gambe intorno alla sua vita. Ci abbracciammo così mentre mi sorreggeva e mi baciava. Mi sentivo leggero e suo, così suo che volevo sentirmi ancora di più, ma non andai oltre. Lui non chiese più di quei baci.
Mi posò delicatamente sul letto, si stese su di me e continuò a divorarmi la bocca facendomi sognare mentre mi sentivo perfetto e completo.
Non potevo smettere, non volevo.
Ora avevo trovato me stesso e sapevo che da lì in poi sarei cambiato ancora ed in modo definitivo e che niente sarebbe più stato come prima. Ma ero convinto che tutto sarebbe in qualche modo andato benissimo. In qualche modo. Non potevo immaginare.