*Ricordo bene il periodo più buio di Riky, l'ho vissuto in diretta, ero convinta avrebbe davvero mollato. Si trascurava, aveva la barba e i capelli lunghi, era cupo, non cercava nemmeno di nascondere il proprio terribile stato. E ricordo Cris sempre appiccicato lui, non l'ha mai lasciato, rideva e faceva il buffone con lui ed erano gli unici momenti in cui vedevi Riky rischiararsi. Non scherzo se dico che Cris l'ha tirato fuori dal buio in cui si è cacciato. Riky stesso disse qualche anno indietro che quello fu il peggiore momento della sua vita, che arrivò a considerare l'idea di lasciare prematurmente il calcio, che non tutti gli credevano ai suoi problemi fisici, ma ci furono delle persone che lo sostennero sempre e che non lo lasciarono mai solo e che fu grazie a quelle che ne uscì. Ed io so che parlava di Cris. Spero di essere riuscita in venti capitoli di percorso a rendere davvero profondamente il loro amore. Il prossimo sarà l'ultimo capitolo. Buona lettura. Baci Akane*
20. CHI TI SALVA
Non fu facile. Penso che in realtà possa essere una delle cose più difficili della mia vita, sinceramente.
Perché io avevo davvero male, lo sentivo fisicamente ma i medici del club non rilevava nulla, era convinto io fossi guarito e stessi bene, così cominciò a dirmi che era psicosomatico, che avevo paura di giocare e quindi la mia testa mi faceva percepire il male da sola.
Quando cominciò così, anche il mister tentò di farmi accettare la cosa, è uno dei compiti dell’allenatore del resto. Fu in quel momento che il rapporto con Mourinho iniziò ad incrinarsi perché è impensabile che un allenatore non creda ad un proprio giocatore.
Improvvisamente li avevo tutti contro in un certo senso. Ogni elemento del club, dal presidente ai consiglieri al mister. Penso che perfino qualche compagno credesse che io in realtà stessi bene.
Il solo che mi credeva era Cris, il solo oltre a pochi altri compagni. Al di fuori i media mi stavano divorando perché anche se li avevo sempre avuti dalla mia parte, quella era una notizia che vendeva e quindi calcavano la mano insinuando che davvero io non avessi nulla anche se insistevo a dire che avevo davvero male e che non ero pazzo.
Perfino la mia famiglia era dubbiosa anche se non osava dirlo chiaramente, o forse ero io a vederli tutti contro di me perché ovviamente diventi paranoico in un attimo ed io ho sempre avuto questa tendenza, infatti facevo di tutto per non far capire cosa provavo davvero e qual era la mia situazione intima e sentimentale. Avevo paura che da ogni sciocchezza potesse venire fuori di me e Cris e non avevo nemmeno molto chiaro il motivo per cui non volevo che si scoprisse. Per lo scandalo esterno? Per la delusione della mia famiglia? Per cosa?
In ogni caso in quel momento era più importante risolvere il mio problema di salute, io sapevo cosa dicevo, cosa provavo.
Erano convinti che in realtà avessi paura di giocare a calcio, c’era chi diceva che avevo paura di farmi ancora male, chi di non tornare più al mio livello.
Mou aveva addirittura insinuato, anzi detto chiaramente, che se volevo smettere ero libero di farlo e che nessuno mi avrebbe criticato, che nessuno ne aveva il diritto.
Quando arrivò a dirmi questo, io esplosi e alzandomi di scatto dalla sedia su cui sedevo, la feci cadere con un gran fracasso mentre l’istinto dirompeva in me con la voglia infinita di picchiarlo e fargli male, fisicamente male. Lui e la sua faccia arcigna di natura che fingeva malissimo di avere a cuore i giocatori. Lo capii lì, prima non avevo voluto perché non ero uno che vedeva malizia dietro azioni di chiunque, ma quello mi aprì gli occhi. Come poteva gestirla così, come poteva dire a qualcuno che non voleva più giocare e che si inventava le cose per avere la scusa di non giocare? Soprattutto a me, non ad uno qualunque. Insomma, non me ne capacitavo. Mi sentii pieno di rabbia furiosa e sentendo di star di nuovo perdendo il controllo di me stesso, come ogni tanto mi capitava, me ne andai dal suo ufficio e corsi da Cristiano.
Era l’unico, l’unico a cui potevo pensare di cui eri sicuro mi avrebbe creduto. Se dovessi dire un motivo ora, ovviamente direi amore. Quella parolina magica che spesso sottovalutiamo. Ma in quel momento non lo sapevo, sapevo solo che oltre ad essere l’unico a credermi, era l’unico a sapermi calmare e riportare in me.
Sapevo che Cris era in struttura perché gli allenamenti regolari erano finiti ma lui si era trattenuto per i suoi allenamenti extra che solitamente si concludevano in campo.
Corsi lì come una furia, c’era nebbia e freddo quel giorno, una fortissima umidità. Lui non c’era più in campo, sentivo il cuore battermi impazzito, il respiro affannato. Mi sembrava di non poter più tornare in me, avevo una specie di attacco di panico, volevo gridare, spaccare qualcosa e avevo paura di incontrare la persona sbagliata.
Dopo il campo andai negli spogliatoi, ma non era nemmeno lì, così mi precipitai zoppicando in palestra.
Cristiano non era nemmeno lì, lo stavo per chiamare quando mi venne in mente che con quell’umidità magari si era concesso la sauna nella spa del centro, così percorsi ancora qualche corridoio e spalancai la porta delle terme, accanto alla piscina. Fu a quel punto che lo trovai.
Lui era seduto sulla panca in piastrelle, un asciugamano piccolo adagiato sull’inguine e sulle cosce, ma senza avvolgerlo. Il corpo atletico, muscoloso, splendido, madido di sudore, i capelli tutti scompigliati e naturali, bagnati.
Appena mi vide, capì immediatamente che mi succedeva qualcosa e sapeva che avevo problemi al ginocchio e che i medici non pensavano fossero reali, ma quel colloquio col mister mi aveva letteralmente dato il colpo di grazia.
Ero vestito in un posto caldissimo e pieno di vapore, mi precipitai da lui che immediatamente si alzò e mi strinse forte senza dire nulla. Non aveva bisogno di farmi domande, lui sapeva e comunque non importava. Contava solo aiutarmi, sostenermi, stringermi.
Mi abbandonai alle sue braccia e non percepii nemmeno l’asciugamano che cadeva e lui nudo e caldo che mi abbracciava. Solo le sue labbra che mi baciavano l’orecchio. Solo quello. Sentii le sue labbra, i suoi dolci baci e la sua voce lieve che mi sussurrava:
- Va tutto bene, tutto bene. - Come una litania che lentamente si trasformò in realtà.
Stavo bene di nuovo, ma era perché quella rabbia, quel panico, quell’esplosione mi era uscita tramite lacrime, quindi tutto ok di nuovo, mi dissi. Piangere era ok, lo sapevo.
Cris raccolse le mie lacrime con le sue labbra, baciandomi lentamente dalle orecchie alle guance e poi gli occhi che rimanevano stretti, io singhiozzavo ma lui mi teneva il viso fra le mani, ora, sostenendomi.
- Nessuno mi crede, Cris... - Dissi spezzato, piangendo.
- Io ti credo... - rispose subito sussurrando e ci credevo, ci credevo che lo diceva sul serio e non solo per calmarmi. Perché me lo trasmise con le sue labbra che fermarono le mie tremanti.
Aveva fatto attenzione a non baciarmi per tutti questi mesi ed ora era lì e lo faceva ed io non riuscivo a staccarmi, non riuscivo a non ricambiare, a non aprire le labbra e andargli incontro con la lingua, intrecciarla alla sua. Non riuscivo proprio a non baciarlo e aggrapparmi a lui, alle sue braccia nude e sudate e poi giù alla sua vita stretta ed ai suoi fianchi sodi, fino alle sue natiche. Strinsi e mi premetti a lui disperato, infastidito dai vestiti, alla disperata ricerca di un calore più profondo. Di qualcosa che mi facesse stare bene, che funzionasse.
E lui funzionava, lui aveva sempre funzionato.
- Ti prego... - Mormorai fra i sospiri, mentre le mie mani non volevano saperne di staccarsi da lui. Le sue erano indecise su dove andare e cosa fare. - Ti prego, ho bisogno di te... ho paura di stare impazzendo davvero... ho paura che abbiano ragione gli altri. Io non so più cosa pensare, cosa credere... io mi sto perdendo... - Così lui decise, mi prese la maglia e me la tolse in fretta insieme a quella intima che avevo sotto, mentre lo faceva mi abbassai i pantaloni e i boxer e contemporaneamente mi girai di schiena appoggiandomi davanti alla parete scivolosa, il vapore ci opprimeva togliendoci il respiro, ansimavamo, ma poi tutto fu un contorno confuso.
Poi ci fu solo lui che entrava dentro di me tenendomi forte. Ricordo come fosse ora come mi stringeva a sé e come mi penetrava, come entrava ed usciva, come mi faceva suo con intensità e mi sussurrava all’orecchio e contro il collo il mio nome, come se dicendolo, poteva sistemare tutto.
Quando finimmo con un orgasmo senza precedenti, accasciati uno sull’altro e contro la parete, le sue braccia intorno alla mia vita, lui ancora in me mentre il suo seme scivolava fra le mie cosce, disse baciandomi la guancia:
- Io ti credo. - Disse ansimando. - Mi credi? - Chiese poi preoccupato che non gli credessi. Girai il capo ulteriormente e gli risposi schiudendo le labbra sulle sue. Quel bacio fu dolce e non appassionato e folle come quello di prima. Fu un bacio estremamente delicato e le lacrime tornarono a scendere perché pensai che lo amavo, ma avevo paura che di nuovo non mi avrebbe risposto ‘anche io’ e non l’avrei sopportato in quel momento.
Avevo ceduto, ero crollato, non sapevo se me ne sarei pentito, ma era stato meraviglioso e spontaneo ed ero tornato in me. Stavo di nuovo abbastanza bene da poter affrontare un altro orribile momento e sapevo che l’avrei superato in qualche modo, perché lui era con me.
Contemplai dolorosamente l’idea che avessero ragione e che volessi mollare, mi chiesi se in realtà mi mancasse solo quello, che non potessi fare altro. Ma Cris non vacillò mai. Si oppose ad ogni mia insinuazione di voler mollare, mi obbligò a crederci ancora, a volerlo ancora.
Viveva quasi con me ad eccezione delle notti. Non mi lasciava mai, mi ripeteva di continuo che sarei guarito e sarei stato bene e poi, esasperato dal mio buio, mi disse sbottando:
- Ma perché non chiedi un altro consulto? Non sei obbligato a seguire solo i medici del club, vai da chi ti fidi e senti il suo parere. Non è possibile continuare così, no? - Lo sentivo sottile, esasperato, sentivo Cris al limite e capii che anche se forse io davvero non ci credevo più di avere qualcosa sul serio, dovevo farlo per lui.
Non guarire, ma ottenere qualche risposta e smettere. Far smettere in qualche modo tutto quello. Dovevo.
Così alla fine decisi di andare in Brasile dal medico più bravo e di cui mi fidavo di più in assoluto e lì trovai la risposta che non avevo sinceramente più sperato di sentire.
Avevo davvero un’infiammazione del ginocchio.
Mi diede una cura reale e sebbene iniziai a prenderla convinto che fosse un effetto placebo, se avesse funzionato allora andava bene comunque.
E funzionò.
Il giorno in cui lo dissi a Cris, che stavo meglio, che iniziavo finalmente a stare davvero bene e che il ginocchio guariva, fu lui a piangere di gioia.
Non posso dimenticare le sue lacrime provocate da me, per causa mia. Per merito mio.
Non posso dimenticare il modo in cui mi abbracciò sollevandomi e stringendomi. Non posso dimenticare come fu lui a nascondere il viso contro il mio collo, come solitamente facevo io con lui.
Non posso dimenticare il suo sussurro distinto contro il mio collo ed i brividi.
- Ti amo da morire, Riky... sono così felice per te... - E piangeva mentre lo diceva. Forse piangeva perché lo diceva per la prima volta o perché lo sentiva in un modo tanto sconvolgente. Oppure non so, piangeva perché era troppo felice per me.
Penso che fu un insieme di cose, non gli ho mai chiesto perché piangesse quella volta, ma mi sconvolse, come mi sconvolsero le sue parole a cui credetti ciecamente e senza discutere, perché sapevo. Sapevo davvero che se lo diceva era reale.
E niente, mi ritrovai a piangere pure io, abbracciato a lui, stretto al suo collo, nascosto come lo era lui, incapaci di smettere, come due sciocchi che dopo secoli di tenebre ritrovano la luce. Una luce sconfinata. Forse non troppo nel nostro caso visto quanto Mou si sarebbe poi impegnato a distruggere il nostro posto felice lì a Madrid, ma non importava. Non sarebbe più importato niente, perché da lì in poi io e lui ci saremmo amati, amati consapevolmente, volendolo e niente poteva più farmi desistere. Niente importava più di quel sentimento assoluto che avevo inseguito e che mi era mancato e mi aveva salvato.
Un sentimento meraviglioso e così puro che poteva essere solo giusto. E giusto, per noi, lo fu sempre.