*Ecco
un altro capitolo. Siamo ancora nella parte relativa ad Andry, siamo
nell'anno più bello per loro, dove a calcio col Milan andava tutto bene
e loro giocavano in combinazione facendo magie, adorandosi apertamente,
diventando una cosa sola. Andry ha cercato di gestore a modo suo Riky,
nel modo che riteneva giusto, secondo le sue regole ferree, ma ad un
certo punto per loro è arrivato il momento di fare l'amore. Buona
lettura. Baci Akane*
4. FRA FEDE E PIACERE
Non era uno che amava parlare molto, io sì in compenso.
Gli ho parlato di me,
di come sono diventato così votato a Gesù, che è una cosa che va al di
là della tradizione di famiglia, perché da piccolo ho rischiato di
morire e rimanere paralizzato e pare sia stato solo un miracolo a
salvarmi. Da allora sono votato a Gesù. Quando gli ho raccontato
questo, Andry è rimasto colpito perché non immaginava io lo fossi così
tanto. Cioè mi vedeva pregare sempre però è una cosa da brasiliani in
realtà e non ci faceva molto caso.
- Per cui dovresti
sentirti in colpa per quello che facciamo... - Lui non era religioso,
non come me, ma sapeva che nelle religioni la questione gay non è molto
ben vista e tanto meno il tradimento.
- Beh mi ci sento ovviamente. Prego molto e chiedo perdono. -
- Ma non dovresti non
peccare più? - Silenzio. - Voglio dire, quando chiedi perdono il
presupposto è non peccare più. Come vivi quello che facciamo in
relazione alla tua fede? - E quella era una bella domanda.
Lui si interessava
tantissimo a me, stava ore ad ascoltarmi, assorbiva tutto. Però non
diceva nulla di sé, anche se ogni tanto qualcosa me lo raccontava.
So che sognava un
giorno di entrare in politica per poter aiutare il suo Paese a
risollevarsi, lui è sempre stato molto legato alle sue origini, ma ciò
che ama davvero è sempre stato il calcio, l’ha sempre fatto sentire
bene.
Diceva che
probabilmente era così perché stava andando bene, ma se sarebbe calato
di prestazioni probabilmente nemmeno il calcio avrebbe avuto lo stesso
piacere.
L’impressione che mi
dava era sempre di uno che prendeva dal momento quel che poteva dargli
piacere, ma che non avesse un piano a lungo termine o anzi... sembrava
uno che non credeva ad una felicità eterna, ma solo momentanea.
Per cui se in quel periodo il calcio ed io lo rendevamo felice, allora andava bene così, si teneva stretti quelli.
Penso che se questi
elementi sarebbero venuti a meno un giorno, lui avrebbe cercato
un’altra fonte di gioia, ma il punto è che lui viveva il momento. Non
esisteva un domani. È una cosa difficile da spiegare. Mi metteva
malinconia in qualche modo ma non ci volevo pensare perché per me,
invece, la gioia del momento è sempre stata per sempre. Non sapevo
rispondere alle domande che mi faceva, col senno di poi credo che Andry
non ritenesse giusto mettermi in quella posizione, ma in quel momento
era impensabile farne a meno. Solo che pensava al tempo stesso di
doverla far finire, di non poter essere ‘egoista’ per sempre e
sporcarmi così mentre lui stava bene.
Andry era questo, adesso è cambiato, ma anche la nostra situazione lo è.
Si faceva i suoi film e decideva le cose da solo in base a quelli che pensava fossero i doveri di una persona.
Aveva stabilito che
finchè saremmo stati al Milan saremmo stati insieme, poi basta, perché
non era giusto per me e lui si sarebbe fatto bastare ciò che avevamo
avuto. Per cui mi viveva a pieno.
Io ero troppo ingenuo
per capire, per capire lui. Ora avrei capito e avrei preso
provvedimenti anticipati, ma ora sono diverso, ho trovato il coraggio
di fare scelte che all’epoca non avrei mai potuto.
Sapevo di sbagliare ma
non mi fermavo a pensarci, pregavo tanto sperando in una soluzione un
giorno, una soluzione che non avevo idea di quale sarebbe potuta
essere. Il punto era che non potevo smettere con Andry e non volevo.
Quando facemmo l’amore
la cosa si rafforzò ancora di più. Dopo di quello io ero convinto di
non poter proprio smettere mai più, che non ci sarebbe stato per me un
modo per evitarlo.
Ricordo bene il calore
delicato dei suoi baci ad esplorare la mia pelle candida e liscia, mi
scorreva come se fossi fatto di cristallo ed avesse paura di rompermi
ma al tempo stesso non potesse farne a meno.
Come un vampiro che
succhia il sangue anche se si era prefissato di non farlo e allora
decide di bere senza uccidere la sua vittima e lo fa con una cura
maniacale, nonostante l’istinto gli dica di succhiarlo tutto quanto.
Mi sentivo questo per lui, ma ci stavo bene, non volevo smettesse.
Quando mi prese fu dopo
una splendida vittoria dove io e lui facemmo scintille come coppia
d’attacco, quell’anno fu il nostro migliore da un punto di vista
calcistico. Eravamo un tandem d’attacco splendido, ci intendevamo alla
perfezione e ad ogni goal, spesso in coppia, ci abbracciavamo come non
ci fosse un domani. Lui mi stringeva, a volte mi saltava addosso, a
volte ero io, mi baciava persino il collo nella foga di quel caotico
istante. Era così bello, inebriante, elettrizzante. Non ne avevo mai
abbastanza e lo sentivo così felice mentre segnava e mi stringeva in
quel modo sorridendo.
Quella volta dopo la
partita tornammo a recuperare le macchine a Milanello dove la corriera
ci prendeva sempre alla partenza, alla vigilia della partita se si
andava fuori città oppure qualche ora prima di giocare se invece era in
casa.
Così poi dopo si
tornava sempre lì, recuperavamo le auto e si andava a casa, il giorno
dopo tendenzialmente si riposava se non c’era un’altra partita di
Champions dopo tre giorni.
Così quella volta
eravamo ancora così su di giri che non riuscivamo a staccarci e quando
siamo scesi ricordo come ci siamo guardati al buio del parcheggio,
mentre ci chiedevamo come fosse giusto far finire quella splendida
serata meravigliosa.
Era stato tutto troppo bello e perfetto.
- Che ne dici se passo da te e mangiamo qualcosa insieme? - chiese.
Giocando a Milano era
ancora un orario accettabile, di solito ci facevano trovare qualcosa da
mangiare in spogliatoio se avevamo aerei o treni per tornare a casa
dopo le partite serali. Quando si giocava di pomeriggio non c’erano
problemi, ma quella volta erano le undici circa.
Era una proposta un po’
strana fatta da lui perché non si era mai auto invitato a casa mia,
sapeva che vivevo da solo e non era mai venuto da me, come se fosse una
cosa da non fare, un passo troppo impegnativo per noi da cui non si
poteva tornare indietro. Ma quella sera Andry era acceso di un fuoco
che non gli avevo mai visto, la scintilla nei suoi splendidi occhi era
piena di vita e di desideri e quella notte lui divenne un po’ più
egoista dei suoi canoni, quella notte lui decise di venire a meno alle
proprie decisioni auto imposte nei miei confronti.
Per me poteva chiedermi
di tutto, l’avrei sempre accontentato. Poteva chiedermi anche di
buttarmi da un ponte con lui, l’avrei seguito.
Io ero davvero perso
per lui, più si andava avanti e più lo ero e per questo Andry aveva
cercato di rimandare il momento di farmi suo, però era anche chiaro ed
entrambi che prima o poi l’avrebbe fatto, che non sarebbe riuscito a
rimandare per sempre ed infatti fu così.
Quella notte non
mangiammo e non bevemmo niente, appena varcammo la soglia di casa le
sue labbra si incollarono alle mie, come se avesse voluto farlo dal
momento in cui ci eravamo staccati nei bagni degli spogliatoi di San
Siro.
Tornò su di me
respirando a fondo, mentre le mani correvano a liberarsi delle nostre
giacche alla cieca e la foga cresceva insieme alla pressione che
l’aveva fatto di nuovo esplodere. Ero io il protagonista, la causa di
quella voglia matta e vederlo perdere così le staffe per me mi faceva
morire. Era così splendido.
Mi spogliò mentre
camminavo verso l’interno della casa, cercando di ricordare dove fosse
la camera, accendevo a stento una luce ogni tanto lasciando una scia di
vestiti.
Quando fummo in camera,
davanti al letto, eravamo già quasi del tutto nudi. Accesi la luce del
comodino, più tenue e delicata, si fermò e mi guardò ansimante.
Ansimavo anche io.
Ero rosso e sconvolto e pieno di voglie, lui così vivo come non l’avevo mai visto.
- È completamente sbagliato, lo sai? - Disse in un momento di lucidità. Io annuii.
- Sbaglieremo insieme.
- Risposi io. Non me ne importava. In quel momento non c’era una
morale, non c’erano delle regole, una religione, una famiglia.
Ci sono dei momenti
nella vita di una persona, chiunque tu sia, non importa quanto giusta,
ferrea e controllata. Ci sono quei momenti in cui non ti importa più di
niente, devi fare quella cosa a tutti i costi e sai che sbagli, ma non
puoi evitarlo, è assolutamente fuori discussione.
E così quello era uno
di quei momenti. Non ci importava di sbagliare, sapevamo che poi
l’avremmo pagata probabilmente, ma andava bene perché noi dovevamo
farlo.
Andry, delicatamente,
tornò a baciarmi e le sue mani fecero scivolare il resto di ciò che
indossavamo. Ricordo i nostri corpi nudi, caldi e lisci che si
toccavano, le mani che si carezzavano, le nostre erezioni che si
eccitavano strofinandosi.
Ricordo come mi stese
al centro del letto e come si stese su di me, nudo, a ricoprirmi come
se il mondo dovesse starmi lontano. Ero la cosa più preziosa del mondo
e mi fece sentire così, quella notte. Prezioso.
Non mi sono mai più sentito così prezioso ed importante come quella notte, devo essere sincero.
Il ricordo della nostra prima notte insieme è splendido, non sempre lo è ma Andry fu perfetto.
Corse con la sua bocca
sul mio corpo, la sua lingua mi inumidiva lasciando tracce umide,
quando arrivò alla mia apertura si perse per prepararmi per bene,
usando le dita, la lingua e la saliva, in modo da allargarmi e
bagnarmi. Ci mise tantissimo, al termine io ero come ubriaco. Non ne
potevo più, era stata la cosa più piacevole della mia vita, il mio
corpo vibrava di brividi anche perché prima mi aveva stimolato fino
allo stremo nel mio inguine, il mio pene era eretto pronto a venire e
quando fece quella cosa dietro di me mi diede il colpo di grazia.
Ricordo di essere
venuto, di essermi bagnato sulla pancia e lui sorridendo soddisfatto
leccò, risalì alla mia bocca, mi baciò, mi fece sentire il mio stesso
sapore ed io ero così fatto di piacere, immerso nei brividi violenti
del mio orgasmo, nella pace più totale dei sensi, che non capii molto.
- Così andrà molto meglio... - Ma non capii cosa intendeva. In che senso?
Quando lo sentii entrare capii.
Era tutto molto
attenuato, la sua erezione era grande e dura, eccitata da me. Mi entrò
con un colpo fluido e sicuro, si fermò e mi guardò mentre con sorpresa
tornavo quasi subito in me, ma l’essere pieno di endorfine che mi
sconnettevano, mi aveva permesso di non soffrire troppo e poi penso che
la sua preparazione era stata perfetta.
Ora so che non è sempre
così bello, specie all’inizio. A volte fa solo un male cane se l’altro
non perde tempo a prepararti. Ok io ho avuto solo due partner, però a
volte Cris non è stato così delicato e accurato nella preparazione. Ma
a volte hai solo bisogno di entrare e di farlo entrare, senza preamboli
e pensieri e attenzioni. A volte devi solo averlo dentro e tutto
cambia, tutto ti lacera ma mentre lo fa senti un piacere strisciare da
lui a te ed ogni cosa cambia mentre spinge in te.
Andry quella prima
volta con me fu meraviglioso. A volte sono cose che dici perché il
ricordo della tua prima volta è comunque positivo e cambi
spontaneamente certe cose perché vuoi che sia ancora più bella di
quanto lo è stato, però devo essere sincero.
Andry fu perfetto.
Entrò dentro di me, mi
lasciò il tempo di capire e abituarmi e poi iniziò a muoversi piano e
quando sentiva più difficoltoso il movimento, si raddrizzava e
lubrificava ancora con la saliva lì sotto dove lui stava dentro di me.
Tornava a stimolarmi
anche sull’inguine e quella combinazione di piaceri tornò a riattivarmi
quella famosa pace dei sensi, la frenesia di quelle reazioni chimiche
che non ti fanno capire di nuovo più niente.
Quando prese a muoversi
più intensamente, tutto aumentò, tutto divenne un caos immenso, lo
vedevo abbandonato al piacere, lo sentivo gemere sopra di me, le mie
dita affondavano sulla sua pelle. Lui che moriva in me, io che mi
abbandonavo come sua preda.
Lo sentii venire, il
calore liquido scorse in me e lo sentii mentre si fermava sconvolto,
ansimante. Aprii gli occhi per vedere perché improvvisamente non si
muoveva più e mi stava addosso così fermo e vidi che piangeva. Lo
strinsi, avvolsi la sua testa con le mie braccia e gli baciai la
tempia.
- È stato bellissimo.
Grazie. - Volevo di nuovo dirgli che lo amavo e lui probabilmente
piangendo lo stava pensando, però sapevo che non dovevo, che non
voleva. Rispettai quella sua volontà. Lo sentii piangere, non si mostrò
fino a che non smise, non gli chiesi nulla ma provai a capire perché
piangeva.
Probabilmente aveva vissuto l’esperienza più bella della sua vita e non l’avrebbe mai dimenticata.
Probabilmente non aveva mai immaginato di poter avere e vivere una cosa simile.
Probabilmente per lui è
stato l’anno più felice della sua vita, per me uno dei più belli. Io
così incosciente, non capivo cosa stavo facendo ma mi piaceva e non
potevo smettere. Sapevo che era sbagliato, ma stavo così bene con lui
che non potevo darmi un freno e farlo cessare.
Quando ventilavo l’idea
di lasciare Carol senza dire nulla alla famiglia del vero motivo e
quindi rimanere nascosti, lui me lo impediva deciso dicendo che dovevo
pensare al mio futuro, pensare a lungo termine.
- Comunque devi
sposarti, - mi disse un giorno dopo che avevamo fatto l’amore. - per
cui tanto vale farlo con una bella donna, dolce e dal buon carattere
che sai potrà essere un’ottima madre per i tuoi figli ed una moglie
comprensiva. -
- Ma non la amo. - Risposi confuso. Volevo dire ‘amo te’, ma sapevo che quella parola era tabù.
- Non ha importanza,
l’amore è sopravvalutato e spesso idealizzato. Al 90 percento non dura
per sempre. Devi scegliere la persona migliore per te con cui pensi di
poter vivere a lungo e condividere le cose di una coppia, quindi dei
figli. -
- Sono obbligato a fare
questo? Ad avere dei figli, a sposarmi? - Lo ero, da un punto di vista
morale nei confronti della mia famiglia e della comunità sapevo di
esserlo, ma quando ero con lui stavo troppo bene per preoccuparmi di
quelle cose.
- Lo sai che lo sei,
per la famiglia principalmente. Se non vuoi disonorarli, devi farlo. -
Pensai che non sarebbe stato facile, ma capivo che aveva ragione perché
deludere la mia famiglia per me era impensabile, li adoravo troppo e
loro ci tenevano tanto a quelle tradizioni. Sposarsi, fare figli... non
avrei mai potuto dirgli che amavo un ragazzo. Non mi interrogavo sulla
mia sessualità, non mi importava sapere se ero gay, bisessuale o etero
ma innamorato di un uomo in una sorta di eccezione. Per Andry non
esisteva il vero amore ma solo un momento in cui credevi di amare
qualcuno, per me quello che avevamo noi era amore ma io ero giovane,
idealista, ingenuo. Non lo dicevo, sapevo come la pensava.
- Dici che la devo sposare? - Chiesi allora capendo che puntava a quello. Alzò le spalle.
- Per me dovresti, io
mi sono sposato, è un dovere farlo per un uomo, non importa cosa provi,
sai cosa devi fare e lo fai. Poi i tuoi piaceri trovi il modo di
soddisfarli di nascosto e va bene comunque. - Quando mi parlava così mi
faceva capire un pezzo di quel suo mondo misterioso e sconosciuto. Un
mondo che mi spezzava e affascinava contemporaneamente.