*Probabilmente Andry è la persona più complicata e triste di sempre. L'ho amato tanto e sono sicura che anche Riky l'abbia fatto, ma la particolarità di Andry l'ha portato a scelte che poi si sono rivelate distruttive più per sé stesso che per gli altri, a pagarne le conseguenze è stato più lui, ma anche per Riky non è stato facile, anche lui è stato profondamente cambiato da Andry in un modo che poi vedremo nei capitoli successivi. Intanto il secondo, definitivo addio è qua. Siamo nel 2009. Un anno determinante nella vita di Riky. Buona lettura. Baci Akane*

8. RESPONSABILITÀ




Andai io a casa sua perché da me c’era Carol col piccolo, lui non viveva con Kristen a Milano, lei era rimasta con Jordan a Londra.
Avevo mille domande da fargli, ma principalmente volevo capire come aiutarlo.
C’era un tale silenzio fra noi, di quelli pesanti e imbarazzanti.
Mi offrì da bere un thè caldo, cominciava già quel freddo umido che ti infastidiva ed andavi in giro con la giacca leggera.
Mi sedetti ancora in silenzio nel divano del suo soggiorno, lui si mise vicino, rivolto verso di me. Il cuore in gola, avevo paura ed ero eccitato, ma avevo l’assoluta priorità di occuparmi di lui, di andare a fondo. Non potevo lasciarlo in quelle condizioni.
Avevo sentito che era stato male a Londra, che era irriconoscibile, che si era perso e sapevo che avevano parlato male di lui i media inglesi, mi ero arrabbiato perché non potevo credere che fosse come dicevano, ma ora che l’avevo davanti a me con quell’aria assolutamente triste, infinitamente triste, capivo come poteva essere.
 - Non volevo sentissi. Non devi sentirti in colpa, non voglio la pietà di nessuno. Quel che mi sta succedendo è solo la conseguenza delle mie stesse azioni. Nessuno può aiutarmi, o ne esco da solo o starò così per sempre. - Silenzio. Tipico suo. Questo mi fece scattare il nervoso perché per l’ennesima volta si ostinava in questa modalità stoica che lo stava solo portando in basso.
- Smettila di prenderti tutti questi pesi, più te ne prendi e meno ti rialzerai! - Sbottai seccato. Andry mi guardò meravigliato. - tu non puoi farcela da solo. Hai sempre quest’idea che devi farcela da solo, ma nessuno può fare tutto da solo! Devi chiedere aiuto e poi accettarlo. -
- Non potete aiutarmi, questo è il modo in cui sono fatto. Ma sono contento che ti preoccupi per me, so che ci tieni. - Per Andry le cose si potevano risolvere se tornavamo insieme, ma non era così.
- Perché te ne sei andato? Eri felice qua, tutto andava bene, avevi tutto quello che volevi, che avevi lottato per avere! Mi hai detto che dovevi farlo, che non avevi più il controllo, ma cosa diavolo significa? Io per questi anni mi sono chiesto che diavolo intendessi, perché perdere il controllo era così brutto? Io so che tu... io so cosa provavi per me e tu sapevi cosa provavi per me, non ti ho mai chiesto nulla, sapevi che ero disposto a tutto e mi andava bene ciò che decidevi... ti bastava continuare in quel modo e tu invece sei scappato come se... come se dovessimo fare chissà cosa! - Esplosi alzandomi dal divano e camminando per il suo salotto come un’anima in pena. Quando mi prendo da qualcosa inizio a tremare e parlo a macchinetta tutto preso dalla questione, prendo proprio fuoco. Lui rimase fermo seduto a guardarmi e capendo che non mi sarei fermato provò ad intromettersi rimanendo calmo:
- Io non riuscivo più a vivere la vita che dovevo, quello che volevo stava prendendo il sopravvento... - Battei il piede per terra come un bambino capriccioso ed esclamai fissandolo torvo, furioso, con la testa che esplodeva mentre tutto quello che avevo mangiato insieme al dolore veniva fuori:
- MA CHE DIAVOLO SIGNIFICA!? -
- SIGNIFICA CHE TI AMAVO TROPPO E NON RIUSCIVO PIÙ RIMANERE IN CARREGGIATA! - Quando lo disse, quando lo gridò alzandosi davanti a me perdendo il suo famoso controllo, mi tornò in mente quell’Andry che nelle partite andava avanti come una furia con la palla al piede, quello che ancora non avevo rivisto lì a Milano. Fu come un pugno allo stomaco.
- Mi amavi troppo e sei scappato? - Chiesi tremante con un filo di voce, gli occhi pieni li lacrime.
- Mi ero perso in te, non mi importava più di quello che dovevo fare, volevo solo te, esistevi solo tu. Non potevo continuare. Kristen aveva capito che non l’amavo, pensava che avessi un’altra, mi faceva pressione e così iniziò a dire che se volevo salvare il matrimonio e continuare a vedere nostro figlio dovevo rimettere le cose a posto, cambiare vita, cambiare città e tutto. Lei voleva ricominciare da capo a Londra, sapeva che avevo molte proposte per giocare là, lei ha sempre adorato Londra e voleva che Jordan andasse a scuola là. Sono motivi familiari, come ho detto ai media. Ma non quelli che pensano. Stava venendo fuori tutto di noi e non sapevo più contenere la cosa e... ed ho capito che ero disposto a perdere tutto per te, volevo farlo, ma non potevo, capisci? Ho dei doveri in quanto uomo. Ho sposato una donna nel bene e nel male, è la madre dei miei figli e... - Andry continuò coi suoi discorsi sul dovere e tutte le cazzate con cui era stato cresciuto e forse non erano tanto diversi dai miei, perché anche io sapevo che per non disonorare la famiglia che amavo tanto dovevo seguire la loro cultura, ma c’era un limite a tutto. Infatti io ero disposto a rimanere con Andry a vita, prima che mi lasciasse in quel modo.
- Mi amavi... -
Ripetei di nuovo con voce rotta, sconvolto da quel concetto. Non me lo aveva mai detto e me lo diceva ora in quel modo. Andry si fermò ed annuì anche lui spezzato davanti a me, gli occhi lucidi.
- Ti amo ancora. Ti amerò per sempre. - Scossi la testa mettendomi la mano sulla bocca.
- Io ti ho amato così tanto che quando te ne sei andato sono stato così male che non... - Le lacrime uscirono, singhiozzai, cercai di ritrovare il fiato perso. Si avvicinò cercando di consolarmi ma io glielo impedii alzando le mani. Respirai a fondo e ripresi: - Una parte di me è stata seppellita per sempre Andry. Dentro di me. Quel ragazzino innocente, ingenuo ed incosciente pronto a tutto per amore guidato dai sentimenti. -
- Io vedo ancora quel ragazzino. - Scossi la testa.
- Non hai idea del male che mi hai fatto, Andry. Non ce l’hai. So che sei stato male, lo sto vedendo, ma te lo sei inflitto, l’hai voluto e cercato. Io no. Io non lo volevo. - Non sapevo se potevo perdonarlo, ovviamente la mia fede mi imponeva di farlo e la parte di me che ancora lo amava lo voleva perdonare ed aiutare, ma non sapevo come muovermi.
Andry mi venne davanti e non mi toccò più, ma lasciò che le lacrime rigassero il suo viso.
- Lo so e mi dispiace da morire, Riky. -
Scossi la testa tirando su col naso, piangevo a dirotto.
- Perché sei tornato Andry? Dopo le tue decisioni solenni di vivere la vita che un uomo deve vivere, la famiglia, l’onore, i figli e non lo so... - Chiesi basso e tremante.
- Perché tutto ha perso interesse, ogni cosa Riky. Io non amo più nessuno, non provo niente nemmeno per i miei figli. Li stringo e non sono la mia unica ragione di vita com’era all’inizio. Senza di te lentamente tutto si è spento ed ho paura, sono terrificato dal non provare nulla per Jordan e Christian. - Quello fu il secondo pugno.
Il mondo cadde per un momento e me lo ritrovai sulle spalle. Capii che se non avessi fatto io qualcosa, avrei avuto sulla coscienza la sola persona che avevo amato e a prescindere da quanto male mi avesse fatto e da cosa volessi fare con lui ora, dovevo aiutarlo. Dovevo afferrarlo e rialzarlo e restituirgli quell’anima che mi aveva dato.
Forse non potevo ridargliela e ritrasformarlo nell’uomo che era, forse Andry non era nato con una vera anima. Forse il suo destino era quello, ma la responsabilità che avevo era davvero molto pesante e la sentii tutta.
Così presi un respiro, mi asciugai le lacrime e mi schiarii la voce. Poi, titubante, gli carezzai la guancia. Le mie mani tremavano, e tremarono mentre gli asciugai le sue di lacrime. Lui si calmò guardandomi speranzoso.
- Facciamo qualche passo indietro e vediamo cosa possiamo riconquistare. - Andry mi guardò come se avessi appena detto di tornare insieme, la speranza si aprì nei suoi occhi carichi di tormento ed io sorrisi dolcemente.
L’amore era ancora lì, ero solo spaventato all’idea di soffrire di nuovo.
- Dici sul serio? - Chiese piano. Annuii e appoggiai la fronte alla sua, lui non staccava gli occhi dai miei ed io ricambiai lo sguardo.
- Ora è tutto diverso per cui vediamo cosa succede. Chiudiamo tutto e lasciamoci andare senza forzare o aspettarci nulla. Proviamo solo a vedere cosa succede senza impegni e promesse. - Essere io quello cauto che frena era strano, ricordavo come era iniziata fra noi. A volte la vita è proprio ironica.
- È molto più di quello che osavo sperare. -
Sorrisi dolcemente, mi chiesi se dovevo baciarlo ma volevo andarci più piano, così spostai il viso e lo baciai sulla guancia tenendogli il viso fra le mani. Lui chiuse gli occhi e si abbandonò a questa sensazione che era bella e nostalgica insieme.
Mancava qualcosa. Qualcosa era cambiato. Qualcosa non sarebbe più tornato come prima.
La vita muta, le persone mutano e certe cose non possono più essere come prima.
Puoi rifiutarlo e affondare o accettarlo e andare oltre.
A volte però ti serve solo un po’ di tempo per la seconda opzione.
In quel momento davvero non sapevo cosa fare e dove andare e cosa volere, ero spaventato e confuso, avevo solo deciso di viverla come mi sentivo di fare, consapevole che poteva essere ben diversa dalle aspettative.

Ogni volta che si avvicinava e mi toccava sentivo il suo intento, come studiava le mie reazioni ed io avevo netta la voglia che partiva come una scintilla e poi subito la sentivo spegnersi, come se non potessi vivere niente di tutto quello serenamente.
Ero consapevole che lui se lo aspettava e ci sperava, ma io mi sentivo sempre più diverso da prima.
Quel ragazzino innocente e ingenuo non c’era più.
Da un lato la mia fede mi imponeva di rifletterci di più, prima mi ero buttato a capofitto completamente preso da quel che provavo, incapace di capire e pensare, ma lì ero diverso. La sofferenza mi aveva fatto crescere ed ero uscito da quel dolore grazie a Dio. Essere padre mi aveva aiutato, Luca è la cosa migliore che mi sia mai capitata ed anche se non ho mai amato Carol come avrei dovuto, amare Luca mi faceva sentire giusto.
Non so se titubavo per i ruoli che vivevo con più serietà, perché mi sentivo più vicino a Dio dopo il brutto momento superato e mi vedevo come in dovere verso il matrimonio seppure fondato su ragioni non altrettanto solenni o cosa.
Era un malessere generale che però non volevo trasmettergli, perché parte di me lo voleva. Voleva essere di nuovo felice con lui ed anzi.
Capii un giorno mentre lo vedevo sorridere con me che io volevo che LUI fosse di nuovo felice.
Guardavo i suoi occhi quando non sapeva che ero lì ed erano così lontani, tristi e vuoti e poi mi vedeva e si illuminava.
Si aggrappava totalmente a me ed io mi sentivo di nuovo il suo faro nelle sue notti e vedevo quanto intense erano quelle notti e non volevo che diventasse tenebre.
Passammo moltissimo tempo insieme, lui rispettò i miei freni, le mie paure, non mi violò mai, non andò mai oltre sebbene probabilmente lo desiderava con tutto sé stesso e sperasse che io cedessi.
Era lì per me, non per il calcio che sembrava aver perso per lui di interesse. Sì, si allenava e giocava quando poteva, ce la metteva tutta ma non era più quello di prima. Non credo avesse perso brillantezza o tecnica, aveva più che altro perso quel sacro fuoco che lo spingeva a correre e a non fermarsi mai.
Mi dava il cuore vederlo così e sapere che era in quello stato per il modo in cui era stato cresciuto mi riempiva di tristezza.
Lui era stato cresciuto per il dovere, il piacere doveva essere secondario e segreto. Non poteva essere così davvero la vita di una persona.

Quando la stagione finì noi eravamo due grandi amici. Parlavamo tanto e di tutto, stava quasi esclusivamente con me, come se io fossi la sua unica forza. Ma non riuscii più a sbloccarmi e lui non insistette mai. Forse se l’avesse fatto avrei ceduto, ma non voleva insistere, voleva che lo volessi anche io, perché Andry era fatto così.
Vedendo che io non ce la facevo, che avevo sempre un freno all’ultimo momento, si fece andare bene quell’amicizia speciale e prese da me tutta la luce ed il bene che poté.
A fine stagione non fu riscattato e decise di tornare alla Dinamo Kiev, dove tutto era iniziato.
Ma alla fine di quella stagione, non fu solo lui ad andarsene.
A Giugno del 2009, Andry salutò per sempre me ed il Milan in un tristissimo addio pieno di rimpianti e rammarichi mentre io vivevo un altro dramma, uno così profondo da segnare un altro di quei momenti che ti cambiano indelebilmente.
A gennaio il Manchester City aveva provato ad acquistarmi. Io avevo fermamente negato di volermene andare, firmai l’allungamento del mio contratto con l’assoluta volontà di restare al Milan per sempre.
Poi, a Giugno dello stesso anno, dopo che avevo detto a tutti, media, mio padre, il presidente stesso, che volevo restare al Milan, fui venduto al Real Madrid per 65 milioni.
Quei giorni sono confusi, mentre ci ripenso.
Il difficile saluto ad Andry pieno di rimpianti da parte di entrambi, con la consapevolezza che se solo avessimo avuto il coraggio e la forza di agire diversamente, ora saremmo ancora insieme felici.
Dall’altro qualcosa che non volevo con tutto me stesso nemmeno per tutto l’oro del mondo, ma che come la storia con Andry, non potevo cambiare e fermare.
- Ti avevo detto che tu puoi fare tutto, Riky. Te l’ho sempre detto. Riuscirai in ogni cosa. Tu puoi fare qualsiasi cosa. Guardati ora, hai vinto trofei di squadra ed individuali, un Pallone D’oro, Riky... - Così mi salutò Andry, con un sorriso triste sulle labbra, le mani sul mio viso e quell’espressione che non cancellerò mai.
L’espressione di un uomo sconfitto ma che era contento di averci provato comunque.
- Anche tu ne hai vinto uno. - Gli feci notare. Ma non dissi ‘anche tu avresti potuto tutto se avessi davvero voluto’. Forse dentro di me non gli avevo mai perdonato questo, in realtà. Aver scelto dei doveri a me. So che non era facile, ma erano così le cose e non serviva a niente rendere più impossibile quell’addio.
- Cosa farai? - Chiesi io tristemente. Lui alzò le spalle.
- Spero di poter tornare a Kiev. -
- Giocherai ancora? - Andry alzò le sopracciglia pensandoci come se non fosse così essenziale.
- Credo di sì, finchè non perderò del tutto l’interesse nel calcio. - Ma io penso che quell’interesse in realtà l’avesse perso quando aveva lasciato il Milan nel 2006.
Sapendo ora che poi dopo che smise per un po’ non pensò minimamente al calcio ma provò ad entrare in politica com’era un altro dei suoi sogni, ovvero risollevare il Paese che assurdamente amava, so che era vera quell’impressione. Aveva perso il suo amore per il calcio quando se ne era andato dal Milan, quando aveva perso quel posto tanto speciale per lui.
- Starai bene? Mi prometti che farai di tutto per essere di nuovo felice, cercare qualcosa che ti faccia sentire vivo? - Chiesi preoccupato e dispiaciuto per tutto.
Annuì sorridendo ma lo faceva solo per me, non perché voleva davvero sorridere.
- Lo prometto. -
- Ti farai sentire? - Annuì ancora. - Ti chiamerò. Posso farlo? - Ormai eravamo amici, l’avrei fatto.
Mi baciò leggerissimo ed io lo lasciai fare, chiusi gli occhi e ricordai quel primo bacio pieno di ansia, istinti, voglie e caos.
Sfilò via senza dire più nulla e so che piangemmo entrambi, perché gli addii, quelli veri e definitivi, fanno sempre male. Molto male. Specie se sono al primo amore.