*Si
inizia con la seconda parte dedicata al criska, il primo capitolo è
introduttivo su Cristiano, una descrizione generale dagli occhi di Riky
per poi cominciare con quello che è stato il loro inizio insieme in
quella lontana estate del 2009. Io amo i criska, se non avete mai letto
niente di mio su di loro, noterete la differenza in questa parte perchè
è la mia OTP, in realtà ci ho già scritto di tutto e tantissimo, se
siete interessati a leggere chiedetemi e vi darò i link. In ogni caso,
è stato un inizio che sapeva di destino, ma forse sono io che ce lo
vedo sapendo poi cosa è successo, ma davvero in quell'estate hanno
fatto tantissime cose insieme e per di più hanno pure preso casa vicini
ed io ho il sospetto (per alcune foto trovate) che avessero anche fatto
le vacanze insieme, ma è solo un'idea che non posso provare. In ogni
caso... buona lettura. Baci Akane*
PARTE 2:
CRISTIANO RONALDO
9. LA MACCHINA
Il mio dramma dopo
Andry fu rappresentato dal Milan che mi vendeva al Real Madrid, io non
volevo e la favola che raccontano sempre è che se il giocatore non
vuole non si fa l’affare. Ma è una grandissima cagata perché io non
volevo, ma mi rincretinirono con le frasi fatte ‘devi sacrificarti per
il bene della squadra, abbiamo bisogno di incassare, abbiamo speso
troppo e vinto niente e dobbiamo saldare un sacco di debiti’.
Tipici discorsi.
La verità è che non
volevo andarmene, fui moralmente obbligato ad accettare e alla fine
firmai un contratto di cui non volevo minimamente sapere.
Ce l’avevo col mondo anche se dopo aver vissuto il dramma di Andry vedevo le cose diversamente.
A volte dovevi fare
certe cose anche se non ti piacevano, mentre lo facevo realizzai come
Andry mi aveva cambiato. Te ne accorgi dopo, ma ti succede prima.
Quel passaggio mi cambiò in tanti modi ulteriormente, ma avrei visto gli effetti molto dopo.
In quel momento era
l’estate del 2009 ed io ero un Riky completamente diverso da quello
dell’inizio della mia avventura al Milan.
Ero maturo, con la testa piena di doveri ed obblighi, l’anima chiusa in una torre altissima d’avorio pieno di paure.
Paure di fallire come aveva fatto Andry, paure di soffrire come avevo sofferto con lui.
Così mi presentai a
Madrid alla tipica cerimonia del Bernabeu, davanti ad uno stadio pieno
di tifosi che cantavano il mio nome entusiasti.
Sorridere anche se vuoi
piangere è una lezione che ho imparato bene, fare quel che devi, andare
avanti nonostante tutto, accettare quello che non puoi cambiare e
cercare quel qualcosa che di buono ti può cambiare la tua vita e
migliorartela.
In quel momento non
pensavo l’avrei trovato davvero quel qualcosa, ma mi sbagliavo perché
quando arrivò Cristiano al Real in quello che in quel momento fu
l’acquisto più caro della storia del calcio, per 92 milioni, tutti
rimasero shoccati ed increduli nel vedere un’unione vista da tutti come
impossibile.
Io e lui eravamo due
grandi campioni ma per molti non potevamo andare d’accordo, perché
solitamente una squadra faceva tutto in funzione di un top player e
Cristiano aveva appena vinto il Pallone D’oro all’epoca, perché nel
2008 aveva vinto la Champions e si era distinto.
Quando ci sono due
giocatori forti insieme diventa tutto un mistero, un rischio. Pensavano
ci saremmo annullati, che non potessimo convivere e ancor di più tutti
lo criticavano perché si presentava come un giocatore borioso, pieno di
sé e problematico che andava per locali di dubbio gusto con gente di
dubbio gusto e non aveva la testa sulle spalle.
Io ovviamente sentivo le voci, ma non volevo darci molto peso.
L’impatto avuto con lui
risaliva agli scontri in campo e poi alle premiazioni, quando avevo
vinto io nel 2007 e lui l’anno successivo. Sempre incontri positivi. Si
era sempre presentato come una persona solare ed alla mano, mi sembrava
assurdo il modo in cui veniva dipinto, però alla fine contava il suo
valore sul campo.
A calcio si dice così.
Se uno è bravo come sembra, può fare quel che vuole fuori dal campo.
Io ero l’opposto, con
la testa sulle spalle, tranquillo, casa e chiesa, già sposato e
padre... insomma, eravamo come il diavolo e l’acqua santa. Diversi pure
nei ruoli, nel modo di giocare, di essere, nel carattere, nella fama.
In tutto.
Mettere insieme due
star, due top player, in un club che era alla deriva da diversi anni e
che cercava di tornare alla ribalta per la sua storia gloriosa passata,
non era facile e sicuramente un rischio.
Ovviamente nel Real
come in altri grandi club, avevano già giocato insieme grandissimi
giocatori, ma erano tutti curiosi di vedere se io e lui ce l’avremmo
fatta.
Il Real quell’estate
prese anche altri giocatori, alcuni affermati come Xabi Alonso, altri
promettenti e giovani come Karim Benzema.
Grandi cambiamenti nella mia vita, grandi rivoluzioni.
L’avevo capito
dall’addio definitivo di Andry, ma andando a Madrid ne avevo avuto
conferma. La certezza venne quando mi resi conto degli acquisti,
dell’arrivo di quei nomi, in particolare di Cristiano ovviamente.
La mia vita stava
cambiando ancora, ma io ero ancora scombussolato, triste, nostalgico e
spaventato dalle molte cose vissute fino a quel momento.
Mi serviva coraggio,
coraggio per rialzare la testa e abbracciare il cambiamento.
Abbracciare l’unica cosa bella che avrei avuto nel mio periodo al Real
Madrid.
I rapporti. In particolare uno, ovviamente.
Cristiano arrivò al Real molto diversamente da me. Con entusiasmo, gioia e voglia di spaccare il mondo e conquistarlo.
Beh devo dire che di
cose ne conquistò. Il mondo, i titoli col Real, quelli individuali,
ancora più fama, fans e, ovviamente, me.
Tanto io ero depresso,
tanto lui felice. Tanto io incerto, tanto lui sicuro. Tanto io
lamentoso, tanto lui sereno. Tanto io spaventato, tanto lui impavido.
Tanto io soffocato, tanto lui aperto.
Cristiano è un
esemplare estremamente diverso da chiunque altro, ma parlando di
persone, lui è ovviamente l’altra che mi ha cambiato la vita e che ha
cambiato me.
È totalmente diverso da
Andry. Ma anche io ero diverso da Andry, sebbene qualcosa penso
l’avessimo in comune. Quella convinzione di dover fare certe cose per
gli altri, per un credo o un dovere.
Ma Cristiano era sé
stesso al cento percento, con pregi e difetti, e non aveva la minima
paura di esserlo anche se questo significava andare contro tutto e
tutti, essere criticato, fischiato e frainteso al cento percento delle
volte.
Sai, quando hai a che fare con una persona diretta e schietta tutti iniziano a dire che è stronza, ma in realtà è solo diretta.
Il principio con lui è questo.
Io sono sempre stato
uno che non dice mai quello che pensa se questo non è politicamente
corretto e se proprio devo dirlo, cerco di usare mille mezzi termini in
modo che nessuno si offenda.
Lui dice quello che pensa e se ti dice qualcosa stai sicuro che è tutto vero.
Io sono quello che nasconde moltissimo di sé per mille paure e convinzioni che certe cose non vadano sbandierate.
Cristiano non solo è
sempre sé stesso e per questo considerato pieno di sé e antipatico, ma
lui è vero. Vero al cento percento. Non copre i propri gusti tanto da
dare di sé l’idea di uno che ama solo i divertimenti e che non è serio
nel suo lavoro, ma uno che raggiunge certi risultati non è certo per
fortuna. È ovvio che si impegna e che lavora tanto. Tutti lo
criticavano dicendo che era sopravvalutato, ma come puoi dire che uno
che segna cinquanta, sessanta goal a stagione è sopravvalutato?
Cristiano non voleva
nascondere e usare trucchi di facciata come molti vip per essere
lasciati in pace dai media, dai fan e dall’opinione pubblica che se ti
prende di mira, ti mette in croce. Ora lo fa, ma volendo essere padre a
volte non hai tanta scelta, decidi certe cose in base a certi desideri
che devi far convivere con la tua fama. Se sei nessuno puoi fare ciò
che vuoi, se sei qualcuno di importante ti servono i famosi
compromessi, i famosi trucchi. Ma quando è arrivato, Cristiano non ne
voleva sapere, era convinto di non dovere spiegazioni a nessuno su ciò
che era e faceva, di non dover fare dichiarazioni di sorta ma nemmeno
nascondersi e coprirsi. Lui era così, non faceva niente di male e,
soprattutto, non era un criminale.
Lui ha sempre lasciato intendere di essere gay, per me era un dramma se trapelava e non ero nemmeno certo di esserlo davvero.
Veniva fischiato per i
suoi gusti, in campo i cori contro di lui erano ‘frocio figlio di
puttana’ e lui li caricava ed in risposta segnava.
Per me una sola critica
è una cosa personale, ne faccio una questione di stato e ci penso e
ripenso e il più delle volte mi critico da solo perché non rispondo
alle mie stesse aspettative o a quelle che so sono quelle degli altri.
Alle critiche continue solo perché era sempre sé stesso, uno che amava la vita, aveva risposto con un motto:
‘Il vostro amore mi rende forte, il vostro odio inarrestabile’
Perché era vero. Più veniva fischiato, più diventava forte.
Io e molti altri alla
metà delle critiche dentro e fuori dal campo non reggono, la pressione
è carogna e spesso bastano dei cori mirati per mandarti totalmente in
palla.
Lui non l’ho mai visto sbagliare con la palla fra i piedi.
Ovviamente la cosa più
bella era vederlo giocare, visto che era davvero eccezionale come tutti
dicevano. L’avevo visto giocare, l’avevo avuto anche contro e sapevo
che lo era, ma vederlo ogni giorno era diverso.
E devo dire
sinceramente che sicuramente in parte è un dono essere così bravi, ma
nel suo caso molto era un durissimo lavoro di stacanovismo dietro.
Non immaginavo si
allenasse tanto, l’ho scoperto dopo il ritiro estivo quando ho
realizzato che veniva un’ora prima per fare palestra ed andava via
un’ora dopo per approfondire certi esercizi individuali come potevano
essere tiri dalla distanza e cose varie. E so che a casa aveva una
palestra personale e si allenava anche lì.
Lui era tutto lavoro, duro lavoro, ma, naturalmente, non solo quello.
È vero che andava per
locali di dubbio gusto con dubbia gente, ma quel ‘dubbio’ di cui tutti
parlavano era il gay. Locali gay con amici chiaramente gay, persino
qualche trans dicevano.
Ok, gli piacevano le
feste, gli piaceva divertirsi e chi lo sa, forse beveva -all’epoca non
ne avevo idea personalmente, ma questo è ciò che dicevano-, ma in campo
era impeccabile, non ha mai falsificato un test medico o fallito. E
comunque quando hai una resa del genere a quei livelli per tanto tempo,
è vero che non usi sostanze e non hai una vita dissoluta, perché poi
nel campo si vede subito quando fai quel genere di cose. Reggi un
periodo, non per tutta la carriera.
Nella mia lunga
esperienza di calciatore purtroppo ho visto giocatori così, che la
notte andavano per feste a bere e distruggersi dietro schifezze, ma poi
in campo erano finiti e la loro carriera è andata presto scemando così,
sprecata. Quelli bravi, quelli che si distinguono, sono quelli che non
fanno quelle cose.
Su Cristiano è un
discorso particolare perché è vero che all’inizio diciamo non era un
Santo, anzi, però godersi la vita non è sinonimo di anti sportività.
Uno può essere eccezionale lo stesso, lavora duro, si impegna e sa come
divertirsi.
Quando è arrivato al
Real, Cristiano non è il Cristiano di ora, è vero che anche lui è stato
cambiato e mi piace pensare di avere avuto un ruolo in questo suo
cambiamento. Penso di sì come lui lo ha avuto per me.
Con gli anni ha messo
la testa sulle spalle, è maturato molto, ha smesso con certe cose che
effettivamente non andavano proprio benissimo. È diventato padre e
prende molto seriamente questo ruolo a cui tiene e per rendere fiera la
sua famiglia è sceso a tanti compromessi, specie sulla questione
pubblica. Non lo critico perché lo faccio anche io, io in modo un poco
diverso da lui, ma il principio è lo stesso.
Cristiano Ronaldo,
detto La Macchina perché ha dei numeri pazzeschi sia per lo
stacanovismo di allenamento che per i risultati che ovviamente ottiene,
si presentò a tutto il mondo e a me in particolare come un sole
splendente, non credo sia mai stato tanto felice, forse quando ha vinto
la champions con lo United e poi il primo Pallone D’oro.
Io ero depresso, non
volevo lasciare Milano, ero lì di controvoglia e per di più
l’esperienza con Andry mi aveva massacrato ulteriormente.
Non volevo niente e
nessuno, non volevo di sicuro legarmi emotivamente a qualcuno, non
volevo più innamorarmi, non volevo stare ancora così male, due volte,
entrambe in modo diverso e devastante.
Mi stava bene
concentrarmi su Carol perché dovevo solo fare il buon marito e padre,
non la amavo e potevo fingere serenamente convincendomi che anche se
non c’era quel sentimento, era comunque affetto, la rendevo felice e
non la ingannavo. Ci credevo davvero che non la stavo ingannano e che
anche se non la amavo davvero andava bene lo stesso.
Pensavo che le relazioni andassero bene se erano serene, se la coppia funzionava insomma. Che era quello un matrimonio.
La rispettavo, me ne prendevo cura, non la tradivo nemmeno più.
Mi ero fatto molti
sensi di colpa postumi perché vedevo ciò che avevo fatto come di
massimo biasimo, ma la verità è che non ero in me quando l’avevo fatto.
Mi giustificavo così. Ero così preso e assorbito da Andry ed io così
piccolo ed immaturo che non sapevo davvero mai cosa avevo fatto.
La mia vita andava bene
così com’era. Non volevo più sperimentare quel genere di amore, l’avevo
archiviato, avevo qualcosa di buono con mia moglie. Non c’era altro da
dire.
Quindi facevo quello
che dovevo fare, le interviste, andavo ad eventi, era sempre tutto nel
mio copione, sorridevo, scherzavo, ma non ci volevo stare lì e vedevo
sempre Cristiano vicino a me, perché era l’altro nome stellare, che
invece splendeva davvero. Capivo che lui era davvero felice di essere
lì.
Quando ci siamo visti
per la prima volta dopo le firme fu per un’intervista insieme, non
avevamo ancora avuto l’occasione di vederci. Mi ha subito abbracciato
al settimo cielo, rabbrividii in quel primo contatto così spontaneo e
sonoro, brillava sinceramente e mi ha totalmente coinvolto in quella
gioia, tanto che quell’intervista a due me la ricordo eccome. Fu una
delle più belle e ricordo che io fui per la prima volta sinceramente
felice, non mi sforzavo di essere allegro, lo ero davvero.
Alla fine di tante
battute spontanee per nulla studiate con lui, capii quanto coinvolgente
poteva essere la gioia di qualcuno. Ma forse non era tanto la gioia di
qualcuno quanto la sua nell’essere lì con me.
O, forse, l’alchimia
naturale fra due persone significa tanto, a volte è essenziale, spesso
fa la differenza. Quell’alchimia io con lui l’avevo già sperimentata
nelle conferenze delle premiazioni della FIFA precedenti, perciò
eravamo recidivi in quel senso.
Se devo dire ora cosa
ho pensato di lui in quel momento, quando la nostra vita era cambiata e
continuava e sapevo sarebbe cambiata ancora, non so bene. Penso che non
pensai, in realtà. Perché venni totalmente trasportato da lui, dal suo
entusiasmo e dalla sua capacità di farmi scherzare con lui. Quando
rividi la nostra intervista così come fu trasmessa, notai gli sguardi
di Cristiano verso di me, seduto vicino, mentre li zoomavano perché mi
guardava con un’intensità che ora come ora mi fa rabbrividire e quella
volta mi sconvolse proprio. Non so perché, ma essere guardati in quel
modo, credetemi che sconvolge. Ti segna.