* Dopo la doccia sexy, c'è un momento di stasi dove i ragazzi devono realizzare quel che è successo e progettare attentamente la prossima mossa. Ovvio chi è che progetta e chi è che deve realizzare. Fra l'altro volevo dire che ho visto a posteriori delle foto delle docce del Real Madrid e hanno gli erogatori di sapone appesi al muro ogni due rubinetti, ma penso che potrebbe esserci qualcuno che si porta le proprie cose per lavarsi ed usa la manopola (io se fossi un calciatore col cavolo che userei il sapone di chissà chi con la pelle delicata che ho! E col cavolo che userei le mani per lavarmi, devo grattarmi la cragna!), tuttavia è probabile che alla fin fine la doccia sarebbe potuta essere ancora più sexy (senza manopola lo sarebbe stata). Basta, non sparo più cazzate. Vi lascio alla lettura che spero sia buona. Baci Akane*

6. SENZA PROGETTI

jede

Eccolo che tornava quello di sempre che sapeva gestire ogni situazione, anche la più imbarazzante e che sapeva cosa dire in ogni circostanza. 
Fede sospirò sollevato, lo preferiva così, ma lo mandò a cagare asciugandosi ed iniziando a vestirsi. 
- Hai bisogno per vestirti? 
Non aveva ancora molto chiaro quanto realmente avesse male, ma fino a quel momento ogni suo gesto era stato coerente con gli altri, appena fischiato la fine della partita, si era dimostrato dolorante e aveva totalmente evitato di muovere una certa parte o muoversi in un certo modo. Ma non avendo mai dislocato la spalla non sapeva come potesse sentirsi, né se stesse esagerando. 
Una piccola parte di sé si diceva che aveva comunque finito la partita senza patemi d’animo. 
“Se avesse esagerato me ne sarei accorto, no? E poi perché fare finta di non potersi muovere così tanto? Per sedurmi? Ma dai, poteva avere chi voleva... “
Non si riteneva niente di speciale, di fatto non aveva una grossa autostima. Il mister l’aveva aiutato moltissimo ad emergere a calcio dicendo che sapeva poteva segnare almeno 25 goal, ma prima di quel momento anche lì non era emerso molto. Non come gli ultimi anni. 
Sapere che un guru del calcio come Ancelotti era certo sulle sue doti, aveva scatenato una reazione a catena che l’aveva aiutato. 
Tuttavia, al di fuori del calcio faticava ad avere grandi considerazioni di sé. Non era narcisista né egocentrico, viveva tutto come capitava, ma la sua vita girava più intorno agli altri, che a sé e al proprio piacere. 
Non era un edonista come Jude, cosa che lui non sapeva. 
In risposta il compagno si sedette nella panchina con movimenti rigidi e attenti e prendendo dal proprio borsone i boxer, iniziò a metterseli usando la destra. 
Fede a quel punto iniziò a vestirsi facendo attenzione alle sue espressioni per capire ciò di cui poteva aver bisogno. Non voleva essere apprensivo, ma si rendeva conto di non poterne fare a meno. 

Jude per la verità poteva vestirsi da solo quasi del tutto, ma era vero che non riusciva a mettersi da solo calzetti e scarpe, forse effettivamente l’unica cosa su tutto ed invece la sola che avrebbe sentitamente voluto riuscire. 
Si morse il labbro sospirando insofferente, lanciò un’occhiata a Fede preso dalla propria vestizione e imprecò fra sé e sé, infine prese i pantaloni e se li mise facendo attenzione a muoversi piano. Se Fede vedeva che poteva vestirsi da solo mangiava la foglia.
Fece più smorfie del necessario, infine dopo essersi appoggiato la maglia sulle spalle senza indossarla, dovendo prima farsi trattare dal medico e fasciare, guardò scarpe e calzini. 
“Maledizione!” pensò snervato. Si sedette con l’intenzione di provare da solo, ma a quel punto Fede che era pronto, si accucciò davanti a lui e glieli prese di mano aprendoglieli. 
- Da’ qua. - esclamò deciso. 
Jude si ritrovò così a mani vuote e con la punta del piede sollevata mentre il compagno gli infilava il calzino. 
Senza accorgersene, si morse il labbro trattenendo il fiato, tornando a sentirsi inondato da quella stranissima sensazione di crisi esistenziale mista ad un piacere che di fisico non aveva nulla. 
Non era nemmeno mentale, non si trattava di quel tipo di piacere.
Era calore. Calore sconvolgente, ma non di quelli che portano ad un eccitamento fisico. 
Era quel calore che portava i suoi occhi a bruciargli.
Era emozione pura. 
Jude lo voleva baciare, voleva perdersi fra le sue braccia e tenerlo a sé. 
Totalmente contro i suoi tipici piani. 
Non poteva. Non doveva. 
Strinse il bordo della panca su cui sedeva e lo lasciò fare col secondo piede, solo a quel punto si accorse che tratteneva il respiro. Forse il problema era stato il suo silenzio repentino. 
Fede sollevò lo sguardo sorpreso nel non sentirlo parlare e quando incrociò i suoi occhi dal basso della sua posizione, come un principe in ginocchio che prova le scarpette alla sua principessa, realizzò che non respirava e che anzi, era nel dramma. 
Lì Jude si accorse di non essere in grado di gestirla. Per la prima volta, non poteva controllare la situazione. 

Quando Fede lo guardò non ebbe dubbi sul fatto che Jude avesse qualcosa e fosse strano. Ma c’era poco da fraintendere. 
Non era imbarazzo, ma emozione, stupore e shock. Shock per ciò che provava e che lo paralizzava tendendolo come una corda di violino.
La mano stringeva il bordo della panca, la bocca stretta in una linea sottile, gli occhi sbarrati, le sopracciglia aggrottate. 
Voleva chiedere se fosse tutto a posto, ma era ovvio non lo fosse, allora voleva aiutarlo in qualunque cosa lo turbasse, ma non aveva minimamente idea di che cosa fosse. 
- Che succede? - chiese infine non potendo sopportare l’idea che avesse qualcosa e che lui non potesse fare niente per aiutarlo. 
Jude scosse il capo sorridendo impacciato, così Fede si sbrigò a mettergli le scarpe e allacciargliele, infine appoggiò le mani alle sue ginocchia in un contatto che mandò a fuoco entrambi, si protese verso di lui allungandosi e col viso vicino al suo, chiese dolcemente: 
- Jude, non devi preoccuparti, ti aiuto volentieri... - non era sicuro fosse quello, ma non sapeva cosa pensare. Insomma, si era fatto lavare volentieri, forse anche troppo. Aveva avuto l’impressione che ci marciasse un po’ sulla sua disabilità momentanea, ma non poteva di certo accusarlo di nulla, specie perché era stato il primo ad approfittare di lui. 
Jude lo guardò confuso e per la prima volta fragile e Fede se ne sconvolse. Strinse la presa sulle sue ginocchia e piegando il capo di lato, si allungò ulteriormente fino ad arrivare alle sue labbra. Quando le intrecciò alle sue, lo sentì rilassarsi. 

Rimase con gli occhi chiusi per un po’ ad assaporarsi le sue labbra e poi la sua lingua che lo scaldava, riprese a respirare e quando riuscì a farlo normalmente, Fede lo percepì e si staccò guardandolo. Rimasero vicini, respirandosi, poi alla sua dolce carezza sulla guancia, Jude aprì gli occhi e sorrise cercando di tornare in sé, quello sicuro e tranquillo, padrone di ogni situazione. 
- Mi sconvolgi... - ammise sinceramente. Non aveva progettato di dirglielo, ma la propria bocca si era mossa da sola. 
Fede lo guardò meravigliato di quell’ammissione, ma forse ancor di più del suo significato. 
- Perché? - chiese infatti. Jude si strinse arrendevole nella spalla non muovendo la sinistra perché per lo meno quel movimento gli avrebbe fatto veramente male. 
- Per quello che fai, per come... 
- Ti sto solo aiutando, è il minimo... - rispose rimanendo accucciato davanti a lui, appoggiava sulle sue gambe con una mano, l’altra sulla sua guancia.
Appena aveva fatto quello che aveva sperato ardentemente facesse, ovvero baciarlo, si era sentito meglio ed emozionato al tempo stesso. Lo stava destrutturando. 
- Non lo so... - sorrise timidamente. Non era mai stato timido, come era possibile? 
- Ti imbarazza che ti tocco i piedi? - poi aggiunse sorridendo: - sei feticista?
Jude rise stemperando la tensione, poi sospirando gli baciò per primo le labbra seguendo quell’impulso impossibile da soffocare.
- No, ma è proprio perché non te ne rendi conto, che sei speciale. 
Fede alzò un sopracciglio guardandolo senza capire. 
- E che faccio? 
Jude accentuò il sorriso, baciandolo ancora, sentendosi di nuovo spaesato e strano nel farlo per primo. 
- Non esiti a fare cose che chiunque troverebbe difficili o imbarazzanti. Non è bello toccare i piedi degli altri e non credo che nemmeno tu sia feticista... - aggiunse scherzando. Fede ridacchiò e scosse il capo, poi alzò le spalle e alzandosi in piedi gli baciò la fronte con fare protettivo. Esattamente quello che l’aveva sconvolto fino a quel momento. 
- Faccio quello di cui hai bisogno. 
Jude sapeva che era qualcosa che andava ben oltre, ma preferì far scemare l’argomento, capendo che si sarebbero infilati in discorsi troppo emotivi e sentimentali. 
Quello doveva essere solo sesso, passatempo e divertimento, com’era sempre stato con chiunque altro. Lo sceglieva con cura e lo spingeva alla follia, ma di quello si era sempre trattato. 
La cosa con Fede gli stava sfuggendo di mano. 

Jude era turbato e Fede se ne era accorto, ma ugualmente non aveva capito perché.
Rimase ad aspettarlo sistemando i due borsoni mentre il compagno veniva finalmente trattato dal super paziente medico che l’aveva aspettato insieme ad uno dei responsabili della squadra. Quest’ultimo infatti era rimasto indietro per loro, assicurandosi un modo per tornare al centro a recuperare le rispettive auto ed andare a casa, 
Si era occupato anche delle cose di Jude senza la minima esitazione continuando a pensare a lui e non a quel che ci aveva fatto e cosa significava.
In altre parole, niente ripensamenti né realizzazioni.
Solo la preoccupazione costante per il suo compagno che era turbato, sì, ma non gli era chiaro da cosa. 
Aveva solo fatto ciò che aveva ritenuto giusto, sapeva di cosa aveva avuto bisogno ed aveva agito, non ci aveva visto niente di speciale, invece per lui era stato straordinario. Non lo capiva, però gli faceva piacere sapere che ne era rimasto colpito. Non l’aveva fatto con alcuna intenzione o secondo fine dietro, non le cose che l’avevano turbato. Il lavaggio e l’asciugatura sì, che avevano avuto secondi fini. Sessuali. Tutti sessuali. Ma il ‘prendersi cura’ dei suoi piedi, non aveva avuto nulla dietro se non il puro e semplice scopo di aiutarlo. 
Eppure era stato proprio quello che l’aveva colpito. 
Quando Jude tornò negli spogliatoi, Fede era seduto sprofondato nel proprio posto, le gambe allungate incrociate davanti a sé e le mani nelle tasche, non aveva nemmeno guardato il telefono, consapevole che avrebbe dovuto scrivere a Mina. Se l’avesse fatto avrebbe dovuto pensarci e non l’aveva ancora fatto. Non voleva rovinare l’estasi di quel momento magico dove era successo l’impensabile, era stato così bello, così unico. Voleva coccolarsi quell’istante, quella sensazione di euforia e perfezione e coraggio. 
Jude tornò rivestito e pronto, camminava in modo meno rigido e pareva stare meglio, Fede l’accolse con un sorriso dolcissimo spontaneo, constatando che il trattamento doveva avergli fatto bene. Gli sembrava avesse anche un’espressione più serena e capì che qualunque cosa l’avesse gettato in crisi, doveva averla archiviata. 
Si alzò e si issò entrambi i borsoni in spalla, uno per parte. 
- Meglio? - chiese andandogli davanti. Jude annuì sorridendo tranquillo, bloccandogli l’uscita col suo corpo. 
Fede si fermò non potendo passargli sopra. 
- C’è una macchina che ci aspetta per tornare a Valdebebas insieme... - disse poi rimanendo comunque lì. Fede annuì aspettando di poter uscire, intuendo che volesse qualcosa che non era difficile identificare e senza esitare si allungò verso di lui e lo baciò.
Era intossicante, più lo faceva, più gli piaceva ed era sempre più naturale e spontaneo. Quasi che non avessero fatto altro che quello.
Lui era morbido, tutte le volte che le loro labbra si incontravano, le sue così carnose inglobavano le proprie e poi arrivavano le lingue che si trovavano subito. 
Era semplicemente la cosa più bella che avesse mai fatto.
Il resto era nebuloso, sapeva che avrebbe dovuto rifletterci, ma finché erano insieme non l’avrebbe fatto.
Ormai era in ballo e non poteva ritirarsi, avrebbe dovuto rifletterci prima ed eventualmente fermarsi, ma a quel punto le cose erano fatte e non c’era di sicuro un modo per cancellarle o renderle meno gravi.
Sapeva che lo erano, una piccola parte di sé ne era consapevole, ma non intendeva approfondire 
Non intendeva farlo ora che era con lui. 
Ora che stava così bene. 

Uscirono insieme uno accanto all’altro e Jude si chiese quanto sarebbe durato questo stato d’animo sereno e spensierato di Fede. Sapeva che era sposato, ma per il resto non aveva proprio idea di come vivesse la sua vita privata e la sua relazione.
C’era chi era dedito e si creava mille paranoie sui tradimenti, tanto che nonostante cedessero, perché tutti prima o poi cedevano, poi se ne pentivano subito e scappavano a gambe levate negando l’evidenza. C’era invece chi lo faceva senza problemi ponendo come condizione che fosse tutto solo fisico e divertimento. In quel caso non era un vero tradimento, ma un passatempo al pari di farsi delle seghe guardando dei porno. 
Oltre a questi c’erano quelli che tradivano con corpo, anima, cuore e mente e lo facevano senza grossi problemi perché erano consapevoli che la monogamia in natura non esisteva, compartimentavano la loro vita dividendo nettamente la loro vita familiare, assolutamente sacra, da quella passionale. Non avrebbero mai lasciato la moglie, ma non avrebbero mai rinunciato ai divertimenti e ai tradimenti, in quanto permettevano di trovare ciò che non c’era nel matrimonio, perché in nessun rapporto si poteva trovare tutto quel che ad una persona serviva o voleva. C’era sempre qualcosa in qualcun altro che finiva per attirare. 
Quelli corretti che lasciavano la moglie per la nuova partner erano rari, molto rari, ma esistevano. 
Non sapeva che tipo fosse Fede, sapeva però che finalmente era crollato con lui, il resto l’avrebbe presto scoperto. 

Una volta arrivati alla Ciudad Real Madrid, o solamente Ciudad come la chiamavano fra di loro, Jude fu istruito su come fare con la spalla, volendo per lui una risonanza per sicurezza il giorno dopo. 
Il medico era sicuro di cosa si trattava e del decorso che avrebbe avuto, ma trattandosi del nuovo gioiello del calcio mondiale, oltre che del Real, avevano voluto più scrupolosità. 
Jude salutò i due accompagnatori, imitato da Fede che ancora si caricava i due borsoni, e insieme andarono alle macchine. Arrivati a quella di Jude, si fermò vedendo come Fede invece andava dritto verso la sua senza calcolarlo. 
- Ehi! - lo chiamò senza capire perché lo ignorasse improvvisamente portandosi via il proprio borsone. Fede si fermò e notando che si era fermato davanti alla sua macchina, lo guardò con aria meravigliata. 
- Che diavolo fai? - gli chiese al buio del parcheggio della Ciudad che ormai era deserta. I due uomini che li avevano accompagnati, di cui uno era il medico, se ne erano già andati. 
- Che vuoi che faccia? Questa è la mia macchina... mi lasci il borsone e mi saluti come si deve? 
Fede strabuzzò gli occhi molto spontaneamente. E altrettanto spontaneamente gli chiese: 
- Ma ti sei bevuto il cervello? Il dottore ti ha drogato? - Jude scoppiò a ridere vedendo che gli veniva incontro a passo di carica e sguardo corrucciato. 
- No, perché? 
- Come perché? Jude, ti scordi che guidi! Non mi importa che ti ha fatto prima, non riuscivi nemmeno a spogliarti e lavarti da solo! 
Jude voleva replicare che in realtà aveva un po’ esagerato il proprio stato, ma siccome era stato così bravo e coerente da non mangiarsi la foglia da solo, decise di proseguire per quella strada senza sputtanarsi. 
Approfittò del funzionamento eccellente del proprio cervello anche a quell’ora e sospirando annuì come se gli facesse un favore a lui e non a sé stesso. 
- E vabbè, potevo farcela, mi ha rimesso lo spray e... 
- Quello spray non ti cura il problema ma ti toglie il dolore, lavora sul sintomo, non sulla causa, perciò smettila di abusarne! Vedi che ti ha drogato? Dai vieni che ti porto a casa! 
Così dicendo, stile caterpillar che non lasciava scelta al prossimo, fece un cenno del capo tornando verso la propria macchina, l’unica altra rimasta nel parcheggio. 
- Manderai qualcuno domani a recuperare la tua. - disse aprendo il bagagliaio dell’auto e mettendo i due borsoni dentro. 
Jude era contento. 
Era contento come non ricordava di essere stato per un altro ragazzo. 
Di partner soddisfacenti che l’avevano reso felice ne aveva avuti, ma con Fede c’era qualcosa in più che non riusciva ad identificare. 
Con un gran sorriso beato e soddisfatto, salì in macchina nel posto del passeggero e felice come un bambino, pensò ad un piano per farlo dormire da lui. 
Sapeva che a casa lo aspettavano, ma se gli stava ancora dietro come un baby sitter supponeva avesse parlato con lei spiegandole la situazione. Dubitava che avrebbe fatto tutto quello per lui senza avvertirla. 


Mentre la sua mente architettava un sistema, quella di Fede continuava a cancellare la questione Mina. Il suo telefono era ancora nel borsone e non l’aveva preso, come se non esistesse proprio. 
Quando mise in moto la macchina e il bluetooth si attivò da solo connettendo il telefono automaticamente, a quel punto non poté ignorare la non trascurabile situazione personale. 
La voce impersonale del computer di bordo l’avvisò della ricezione di svariate chiamate e messaggi da parte di Mina e sentendolo, impallidì in modo alquanto spontaneo sboccando con un ‘merda’ così eloquente che anche Jude non riuscì a fingere indifferenza come avrebbe forse voluto e scoppiò a ridere impunemente ed in modo anche un po’ insensibile.
- Non le hai detto che facevi tardi? 
Fede tese i muscoli facciali in una smorfia di chi sapeva di averla fatta grossa, ma sembrava essersene ricordato solo ora. 
Mentre usciva dal parcheggio partendo a razzo, sussurrò un onesto: - no! - che fece ridere più forte Jude il quale addirittura gettò la testa all’indietro appoggiando la nuca contro il sedile con smorfia annessa per il coinvolgimento non intenzionale della spalla sinistra. 
Fede per guardare la sua bellissima risata terminata in una piccola smorfia di dolore, per poco non fece un incidente e Jude rise ancora di più raddrizzando la testa. Se stava dritta non gli faceva niente. Questo finì per rincoglionire del tutto Fede che scuotendo il capo sospirò sconfitto. 
Non c’era niente da pensare.
Ormai il danno era fatto e tanto valeva andare fino in fondo senza voltarsi indietro, frenarsi e avere ripensamenti.
A cosa sarebbero serviti? A farlo ricadere di nuovo appena l’avrebbe rivisto. 
Non che pensasse a togliersi lo sfizio con Jude e farci sesso, non stava programmando nulla, come sempre del resto. Ma sapeva che non sarebbe finita al suo accompagnarlo a casa. Ne era matematicamente certo.
Specie perché non gli sarebbe bastato un freddo saluto amichevole sbrigativo. 
Perciò non le scrisse ‘arrivo in 5 minuti’. Perché col cavolo che gli sarebbero bastati 5 minuti per salutare quel dio dell’eros! 
Fede diede l’ordine al computer di bordo di rispondere con un messaggio whatsapp e al momento di farle un audio vocale che le avrebbe spedito, Jude gli mise la mano sulla sua, sempre avendo cura di muoversi piano ed in modo affettato in quanto aveva mosso la sinistra. La posò delicatamente su quella di Fede nel volante dove c’erano i comandi per comunicare col telefono tramite il bluetooth. 
- Ehi aspetta! Che le stai per dire? - chiese allarmato.
Fede per poco non andò contro un palo e riprendendo il controllo della macchina, lo guardò come se fosse impazzito. 
- Non toccarmi mentre guido che faccio un incidente! 
Jude lo fissò stralunato, credendo scherzasse. 
- Ti ho appena sfiorato, mica ti ho strattonato! 
- Tu non toccarmi che sono sensibile ai tuoi tocchi! - ammise sempre senza pensare. Jude ancora lo guardava come se fosse un paziente psichiatrico scappato dal centro di salute mentale, così fu più esplicito e, come sempre, sincero: - Non sai come sono messo qua sotto! Sta buono che devo pensare, parlare e guidare! 
Jude tornò a ridere ed alzò le mani con fare di resa, sempre muovendo piano la sinistra. 
- Ok, ma dimmi che le dirai! - insistette calmo.
Fede non ce la faceva a pensare se lui rideva, era il suo punto debole. Sospirò nel dolore interiore più intenso e si rassegnò scuotendo il capo ed alzando le spalle. 
- Non so, che faccio tardi perché c’ho un disabile a carico! 
Jude ormai aveva le lacrime agli occhi, si teneva gli occhi con le dita perché piangeva dal ridere e Fede schivava all’ultimo pedoni e macchine per miracolo, troppo distratto da lui e dalla sua bellezza. 
- Ti fermi da me che finiamo il film? 
A quel punto Fede frenò di colpo senza semaforo né incroci o precedenze. 
La strada vuota e libera, dritta e bella più che mai.
E lui piantato con tutte le gomme che erano rimaste nell’asfalto. 
Jude per poco non finì con la faccia sul cruscotto e lo guardò di nuovo come se fosse impazzito sul serio tenendosi la spalla che per il colpo gli aveva dato una stilettata. 
- Sei scemo? - si sentì pure dire. 
- Perché? Non è l’occasione perfetta per finirlo? 
- Non lo finirò mai o so io come va a finire la serata! 
Fede ripartì, ma non vide il sorrisino vittorioso e pieno di vitalità. Era esattamente quello che aveva cercato e voluto. 
- E che ci sarebbe di male? 


Note Finali: Non so come andrebbero le cose in un contesto simile, ovvero se dei giocatori rimangono indietro per ragioni mediche, verrebbero portati a casa da qualcun altro e gli altri andrebbero avanti? Non lo so, non ne ho idea, ma nella mia fantasia sì. Grazie dell'attenzione.