NOTE: Nuova fic per la serie ‘Bocca e capelli’. Siamo subito dopo Indian Wells 2024, precisamente a Miami, dove il tempo all’inizio era pessimo. All’interno della fic ho inserito una scena suggerita da Camilla. Normalmente non prendo richieste ma se mi piacciono particolarmente capita che le accetto, come in questo caso. Spero che le piaccia come ho sistemato il suo incipit. 
Il resto delle note sono alla fine. Buona lettura. Baci Akane

CALAMITÀ NATURALI 

sincaraz

Jannik e Carlos erano scesi a patti coi loro coach. Potevano allenarsi insieme durante i tornei dell’ATP solo se non c’erano partite fra di loro in vista. E con ‘in vista’, sia Juan Carlos che Simone avevano specificato che non ci doveva nemmeno essere la possibilità di scontrarsi. 
In altre parole, se dovevano giocarsi un quarto di finale ma il loro scontro sarebbe eventualmente sopraggiunto solo in semifinale o in finale, non potevano più allenarsi insieme. 
Perciò di fatto rimanevano solo le prime fasi del torneo e i giorni subito antecedenti all’effettivo inizio dei loro primi turni; essendo sempre teste di serie saltavano qualche partita rispetto agli altri che dovevano giocarsi la qualificazione. In quel lasso di tempo erano sempre lì per allenarsi e abituarsi all’atmosfera, specie nel caso in cui fosse particolare come nel caso di Miami.
Di conseguenza Carlos non vedeva l’ora di arrivare dalla California alla Florida per buttarsi fra le braccia di Jannik. L’aveva fatto già abbondantemente in semifinale ad Indian Wells, però aveva dovuto separarsi da lui per fin troppi giorni. Il tempo di giocare e vincere la finale, espletare i soliti doveri di vincitore del torneo, magari riposare un po’ e poi volare dall’altra parte degli States e raggiungere la East Coast. 
Miami Open era il torneo che seguiva immediatamente quello di Indian Wells e Jannik avendo perso la semifinale, era arrivato qualche giorno prima di lui approfittando per far visita alla nazionale italiana di calcio, anche loro in città per le due amichevoli di quel periodo. 
Carlos ovviamente aveva giocato ben volentieri la finale contro Medvedev, ben carico al punto da vincere senza grossi problemi, ma una volta conclusi i festeggiamenti, non aveva visto l’ora di poter planare fra le braccia del suo ragazzo che gli aveva restituito la gioia di giocare a tennis che fino a quel momento aveva perso. 
Non era per la verità un fanatico dello sport, non avrebbe fatto quello 24/7 per 365 giorni l’anno, però quando sapeva che ad aspettarlo in un posto c’era il suo essere umano preferito, come poteva non voler correre da lui impaziente? 

- Dovresti riposare, non vorrei ti allenassi di già... puoi riprendere domani... 
Juan Carlos ci aveva provato, ma lui aveva risposto sbrigativo come se non avesse detto nulla. 
- Non farò un allenamento vero e proprio, giusto per calpestare il terreno, farò qualche scambio, niente di serio... 
L’allenatore non aveva dovuto chiedergli se avesse tartassato Jannik per allenarsi insieme. Era ovvio che fosse così. 
- Allora suppongo non abbia senso che venga anche io... - lo disse ironico, ma Carlos gli rispose seriamente.
- Certo che devi venire anche tu, sei il mio coach, come la spiego la mia presenza nei campi d’allenamento da solo? 
- Come solo? E Jannik? - Juan Carlos lo stava prendendo in giro come faceva spesso e l’altro ci cascava sempre. 
- Non è mica lui il mio allenatore! 
L’uomo rise rassegnandosi ad accompagnarlo per apparenza, sapeva che non sarebbe stato un vero allenamento, ma qualcosa di defaticante. Il giorno prima aveva festeggiato un torneo ed ora voleva correre con la racchetta in mano in un altro campo. Non era mai stato fanatico come da quando stava con il suo adorato Jannik. 
Non intendeva frenare la loro relazione, perché gli aveva fatto benissimo, anzi, poteva dire che gli aveva salvato la carriera, perciò lo lasciava fare limitandosi a tenerlo d’occhio. 
“Vorrà dire che ad un certo punto io e Simone andremo a berci un caffè...” 
Non aveva idea se anche il team molto consistente di Jannik sapeva di loro, ne dubitava, ma quanto meno sapeva che erano molto amici e supponeva che nemmeno loro ci provassero a tenerli lontani e frenarli. 
Aveva capito che il bene che Jannik aveva fatto alla carriera di Carlos era vicendevole. 
Ridendo si rassegnò ad accompagnarlo per fare più da palo che altro. 
“Sarà mica normale che l’allenatore vorrebbe far riposare il suo giocatore che invece vuole allenarsi comunque? Io non so che fare con lui, ogni tanto!”
Tuttavia era più divertito che disperato.

Per poco non gli saltò al collo quando lo vide arrivare al centro sportivo del torneo e per poco Jannik non si nascose di riflesso vedendo una scheggia dirigersi ad una velocità considerevole verso di lui. 
- Oh sei tu! - fece con un tono terribilmente normale. Carlos lo squadrò male per la mancanza di entusiasmo, poi si ricordò che la sua dolce metà aveva perso la semifinale mentre lui aveva vinto il torneo, alla fine. Era forse normale quella differenza di entusiasmo. 
Oltretutto c’era un bel po’ di gente intorno, fra giocatori e staff. 
- Bravo che mi hai aspettato! Pensavo avresti fatto lo stronzo e ti fossi già allenato! 
Effettivamente era un po’ tardi rispetto ai normali orari d’allenamento più gettonati, ma se avesse veramente osato allenarsi prima da solo gli avrebbe fatto il muso per il resto della notte.
Jannik alzò un sopracciglio scettico. 
- Onestamente pensavo che saresti stato tu a darmi buca! Davvero vuoi allenarti? Ieri hai giocato una finale, che ti serve allenarti oggi? - rispose calmo proseguendo il suo cammino verso gli spogliatoi maschili. Entrambi avevano i borsoni con le cose per allenarsi e i vari team di entrambi si erano ridotti ad uno per parte. Juan Carlos e Simone. Gli altri erano stati congedati. 
Carlos lanciò una breve occhiata ai due uomini che si salutavano amichevolmente rimanendo indietro, come non avessero intenzione di allenare realmente i loro due protetti. 
Non collegò subito, rispose a Jannik camminandogli accanto, braccio contro braccio. 
- Oh, sarà più un allenamento defaticante. È giusto per respirare l’aria umida e afosa di Miami e iniziare ad abituarmi... - rispose logico. Era vero, in realtà. Parlando i due arrivarono in un corridoio che collegava l'atrio principale dei giocatori agli spogliatoi. Successivamente per raggiungere i vari campi per gli allenamenti avrebbero dovuto fare un percorso esterno. 
Il complesso sportivo si chiamava Hard Rock Stadium ed era tanto grande quanto bello, come molti dei centri dove si giocavano i Master 1000 o gli Slam. 
Passando per il corridoio che collegava una parte all’altra, Jannik lanciò un’occhiata perplessa all’esterno dove un cielo plumbeo faceva inquietante sfoggio di sé, accompagnato da sonore raffiche di vento che piegava le famose belle palme di Miami che circondavano lo stadio. 
- Più che altro la pioggia ed il vento, vorrai dire... non so cosa riusciremo a fare, sta per venire giù il finimondo... - commentò logico Jannik che non sembrava preoccuparsi per la mancanza di tempo adatto, come se non fosse un grosso problema non allenarsi come si doveva. Solo a quel punto Carlos, col suo consueto secondo treno, realizzò cosa significava sia quel suo atteggiamento sospetto che la mancanza del resto del suo numeroso staff. 
- Ti sei già allenato oggi! - lo disse come a cercare conferma, non per chiederglielo.
Jannik lo guardò fingendo stupore. 
- Cosa?! No, come avrei potuto? Non hai fatto altro che dirmi di aspettarti che volevi allenarti con me perché poi rischiavamo di non riuscire più a farlo! 
Carlos gli fece una smorfia ed il dito medio gonfiando le guance in uno dei suoi tipici modi infantili di reagire che fecero come sempre ridere Jannik. 
- Dai, sapevo che sarebbe venuto brutto in serata e che rischiavamo di non riuscire ad allenarci bene. Oltretutto ieri hai giocato, ero sicuro che mi avresti dato buca rendendoti conto di esserti sopravvalutato! 
Volle spiegargli meglio il motivo del suo allenamento serio già eseguito e con un angolino del suo cervello Carlos lo capiva, ma si fermò indispettito battendo il piede come un moccioso capriccioso. Ci si sentiva pure, ma non ne poteva fare a meno. 
- Come hai potuto? Sai che ci tengo ad allenarmi con te e quei due ce lo vietano quando il torneo arriva alle fasi decisive... 
Jannik si fermò con lui continuando a ridacchiare. 
- Non dire sciocchezze, ci alleniamo lo stesso, ma l’hai detto anche tu, sarà un allenamento defaticante. Io però dovevo farne uno normale o Simone non mi avrebbe mai permesso di praticare un po’ con te. 
Era dovuto scendere a compromessi, Carlos lo capiva, così come capì il sottinteso.
- Vuoi dire che per me ti allenerai due volte davvero? - si rendeva conto che era un gesto molto carino da parte sua, specie perché sapeva lo faceva solo per accontentarlo. 
Jannik fece un sorrisino tenero e divertito insieme annuendo mentre continuava a stargli fermo vicino a lui toccandogli il braccio col suo in un atteggiamento intimo ma solo per chi li conosceva bene. 
Dall’esterno sembravano solo amici e basta ed era quello che dovevano sembrare. 
- Certo che lo farò! Adoro i nostri scambi, lo sai! 
A quel punto Carlos parve convincersene e tornò a sorridere spontaneo e radioso alla sua solita maniera, tanto che Jannik non si trattenne dal ricambiarlo e circondargli il collo col braccio per riprendere a camminare insieme e condurlo negli spogliatoi dove si sarebbero cambiati. 
Prima di entrare, le voci dei due uomini con loro, di cui si ricordarono solo in quel momento, li richiamarono. 
- Ehi, allora fate soli, no? 
Carlos li guardò spaesato a quella strana domanda imbarazzante. 
- Certo, non ho mica bisogno di una dimostrazione, so bene come fare con lui! 
Jannik divenne dello stesso colore dei capelli mentre Simone si batteva la mano sulla faccia a ciò che aveva chiaramente inteso quel tipo assurdo lì davanti a loro. Juan Carlos scosse invece la testa senza nemmeno stupirsene: era scettico ed ironico, ma non a disagio e nemmeno shoccato. Ormai era abituato al suo folle ragazzo. 
- Ne siamo contenti, non vi avremmo comunque fatto un manuale per quello! Intendeva l’allenamento defaticante. Non serve lo fate sotto la nostra supervisione, no? Sappiamo tutti e quattro di cosa si tratta. 
Del resto se l’era cercata, così Juan Carlos aveva dovuto ricambiarlo con lo stesso servizio con cui l’aveva attaccato il suo piccolo esemplare di essere umano che di tanto in tanto doveva provare a gestire. Carlos rise alla sua risposta dicendo che ci pensava lui, appendendosi al suo braccio come niente fosse, mentre Simone voleva evaporare dalla faccia della terra e Jannik mettere ad entrambi una racchetta giù in gola per farli smettere!
- Ma così non è troppo sfacciata la cosa? - tentò di lamentarsi Jannik preoccupato che qualcuno notasse l’assenza dei coach al loro allenamento. 
- No, tanto se ne stanno andando tutti per questo tempo di merda, dai muoviamoci o non faremo nemmeno mezzo scambio! 
Così dicendo Carlos lo tirò via entrando negli spogliatoi. Jannik ancora perplesso ed imbarazzato, lui invece al settimo cielo come sempre. 

Non era stata una previsione tanto difficile da fare vedendo il cielo ed il vento sempre più forte, ma mentre i due ragazzi facevano un allenamento blando scambiando qualche tiro più per il gusto di stare insieme che per allenarsi realmente, Carlos rifletteva che se avessero continuato a lungo avrebbero rischiato di ammalarsi sul serio. Il vento era sempre più forte e raffreddava parecchio la temperatura che normalmente era piuttosto elevata. 
- Sarà difficile tirare bene con questo vento, potremmo approfittarne per provare qualche colpo di precisione. Credo che avremo questo splendido vento per tutta la settimana almeno. 
Carlos non si stupì che Jannik sapesse precisamente il tempo di quei sette giorni a venire, il tempo della settimana successiva probabilmente non lo conosceva, ma solo perché cambiava sempre da una all’altra ed era inutile guardare con tanto anticipo. 
- Ha messo brutto tempo? - fece Carlos continuando a scambiare. Per sentirsi dovevano alzare la voce, ma avevano notato che effettivamente nei campi vicino c’era il deserto, così come nelle stradine esterne che collegavano il settore degli allenamenti alla struttura principale dove c’erano anche gli spogliatoi. 
Avrebbero dovuto percorrere un po’ per arrivarci, ma non essendo eccessivamente lontani, non c’erano i golf car come per esempio ad Indian Wells e in altre Location. 
- Ha messo tempesta... - Carlos alzò lo sguardo sentendo alcune gocciolone grosse picchiargli sulla testa. 
- La vedo... mi sa che è già arrivata...
Jannik invece di rispondere al colpo di Carlos, fermò la pallina con un movimento agile del polso e della racchetta. Non ebbero però nemmeno il tempo di realizzare che iniziava a piovere, che vennero subito investiti da un’autentica bomba d’acqua. 
In un istante velocissimo il cielo si aprì e lasciò cadere la stessa quantità d’acqua che probabilmente era contenuta nell’Oceano Atlantico e prima di poter anche solo tentare di ripararsi, erano totalmente zuppi. 
Carlos scoppiò a ridere incoscientemente mentre correva alla panchina a mettere dentro la racchetta imitato da un brontolante Jannik. 
- Sapevo che non era una buona idea allenarsi! 
Carlos però issandosi il borsone in spalla, rise più forte. 
- Ma cosa ti ridi incosciente! - gridava perché pur vicini lo scroscio della pioggia era così forte da non permettere loro di sentirsi. 
Carlos sapeva che Jannik aveva ragione, ma non poteva fare a meno di ridere perché gli ricordava la loro partita giocata pochi giorni prima, interrotta per ore proprio dalla pioggia.
- La pioggia ci vuole benedire! - disse infatti scherzando mentre Jannik lo precedeva fuori dal campo cercando di correre. 
- Alla faccia della benedizione! - in quello un tuono irruppe facendo vibrare persino l’aria. Carlos gli andò a sbattere addosso non vedendo che si piantava improvvisamente appena superata la recinzione.
- Che hai? - chiese affiancandolo senza nemmeno provare a coprirsi. 
- Andiamo a ripararci là finché non diminuisce... - Jannik aveva cercato un riparo più vicino considerando la struttura troppo lontano per tutta la pioggia che scendeva. Carlos non aveva nemmeno idea di che cosa fosse quel ‘là’ che indicava, ma annuì e gli indicò di fare strada. Ormai nemmeno le grida erano sufficienti per sentirsi, erano passati ai gesti. 
Correndo senza cadere per qualche miracolo, riuscirono ad arrivare alla struttura piccola ma sufficientemente solida dei bagni riservati ai giocatori durante gli allenamenti. Al momento il posto più vicino al campo in cui erano. 
Quando furono dentro, lasciarono cadere i borsoni, due per Carlos ed uno per Jannik. Non ci fece subito caso, come lui controllò che il telefono fosse in salvo, cosa che per miracolo sembrava essere. 
- Avverto Juan Carlos che non stiamo annegando e che aspettiamo diminuisca la bomba d’acqua... - disse lo spagnolo ridendo ancora. Trovava veramente divertente la situazione, ancora pensava che fosse comico il destino che li metteva sempre sotto la pioggia quando erano insieme,
- Spero non sia così ogni volta che ci incontriamo in campo, perché altrimenti inizio a sperare di evitarti! - disse Jannik ironico realizzando la stessa cosa a cui stava insistentemente pensando lui. 
Dopo averglielo mandato, mise giù il telefono e aprì il secondo borsone dove c’erano le maglie pulite e asciutte, si portava sempre il cambio di tutto anche negli allenamenti, così aveva fatto anche in quel caso nonostante fossero andati per fare un allenamento leggero e defaticante. Proprio per quel motivo però Jannik aveva preso con sé poca roba. 
Carlos senza farci caso, si tolse la maglietta fradicia iniziando ad asciugarsi, guardò ancora ridendo il suo compagno accanto che faceva altrettanto mentre il cuore gli batteva impazzito, ma non per l’eccitazione, bensì per l’adrenalina della situazione. 
- Siamo come una catastrofe naturale, insieme! l’Universo si prende gioco di noi, ci sfida a stare insieme anche nelle avversità, ma non ci fermerà! 
- Io al tuo posto eviterei di sfidarlo visto che ci sta rovesciando tutto il cielo in testa... 
Lo spagnolo dopo aver strizzato l’indumento che aveva prima, l’appese in una delle porte dei bagni, naturalmente tutti completamente vuoti e per fortuna non particolarmente sporchi, dopo di che si mise quella asciutta aggiungendo una felpa.
- Per fortuna che ti sei già allenato oggi... 
Il sorriso si spense guardando Jannik avvolgersi nell’asciugamano che aveva appena usato per togliersi il grosso dell’acqua di dosso, dimenticò anche di focalizzarsi sui suoi splendidi ricci rossi tutti bagnati e scompigliati come se avessero fatto la lotta greco romana. 
Spalancò direttamente gli occhi impallidendo shoccato. 
- Jan, vestiti che prendi freddo! Non fa caldo, le temperature saranno scese di dieci gradi in un attimo! 
Lo disse con un tono perentorio, come se fosse suo padre e non il suo ragazzo. Jannik a quel punto si decise a scoprire le sue carte. 
- In realtà pensando che non avrei nemmeno sudato e che saremmo stati poco, non mi sono portato niente... 
Dicendolo strizzò maglietta e felpa inzuppate e le appese come aveva fatto Carlos il quale alzò gli occhi al cielo imprecando. 
- Oh ma dai! - non poteva rimproverarlo per aver pensato con logica come sempre, tuttavia per una volta essere sconclusionati come lui l’avrebbe aiutato. 
Jannik fece una risatina cercando di alleggerire la situazione con un’altra battuta che gli morì in gola mentre lui si infilava nel proprio borsone alla ricerca di qualche maglia. Ne tirò fuori solo di quelle leggere a maniche corte e realizzando con orrore che aveva portato unicamente una felpa pulita di ricambio ed una serie di magliette, imprecò in spagnolo. 
- Che c’è? - chiese Jannik chinandosi su di lui per vedere cosa lo indispettisse tanto. 
Carlos si alzò in piedi con due magliette in mano, le uniche pulite rimaste, e senza farlo replicare iniziò a mettergli la prima delle due. 
- Ma non serve... - tentò l’Italiano ponendo una debole resistenza mentre lui gli infilava la maglietta per la testa con gesti seccati. 
- Ho solo una felpa, dannazione. - proseguì aprendo la manica per fargli infilare il braccio, come se l’altro non stesse dicendo nulla.
- Ma va bene, basta l’asciugamano, cosa sarà... 
- Hai un sacco di capelli, ti prenderai qualcosa! - continuò infatti. 
- Anche tu ne hai tanti, che c’entra? - Jannik voleva sdrammatizzare vedendolo forse troppo preoccupato, ma non sapeva a che livello poteva arrivare l’ansia di Carlos per il suo amato se questo non avesse collaborato. 
- Ma i tuoi sono lunghi. Stare coi capelli bagnati e col freddo... sai che fanno peggio gli sbalzi di temperatura improvvisi? - così dicendo, come se il discorso dei capelli bagnati fosse direttamente connesso con il non avere una felpa asciutta, Carlos gli mise anche la seconda maglietta sperando che potesse aiutarlo a non ammalarsi. 
Jannik tentava di lamentarsi ma l’altro non lo sentiva nemmeno e quando l’ebbe vestito con quel che aveva, gli toccò i capelli ancora fradici. Poi toccò i loro due asciugamano, troppo piombi d’acqua per essere utili, ed imprecò ancora in spagnolo. 
- Non va bene, ti verrà qualcosa. - ormai Carlos era versione treno in corsa e non si sarebbe fermato, si aprì infatti la zip della propria felpa con la chiara intenzione di mettergliela, ma a questo Jannik si oppose con fermezza. 
- No, no Carlitos! Questo no! Se mi dai la tua felpa poi hai freddo tu! Io sono altoatesino, sono nato e cresciuto in montagna, non soffro il freddo, tu sei spagnolo, lo soffri molto di più! 
- Non ha importanza! - Carlos si sfilò la maglia, ma Jannik glielo impedì con forza e decisione prendendogliela e rimettendogliela addosso. Una volta rimessa su, gliela tenne ferma perché cercava di togliersela di nuovo. I due continuarono a discutere accesi e contrariati, gli occhi fiammeggianti di entrambi che si penetravano in perfetta sincronia con la tempesta che scuoteva la baracca in cui erano. 
- Piantala! - disse uno sovrastando il rumore della pioggia battente. 
- No piantala tu! Non sono una principessa! Tieniti la felpa, io sto bene! - la voce di Jannik per un momento parve tuonare come il fulmine che si abbatté lì vicino e che fece tremare i vetri.
- Ma coi capelli bagnati ti ammalerai! - brontolò Carlos iniziando quasi a miagolare per implorarlo e convincerlo. Jannik smise con l’aria dura e severa e si mise a sorridere intenerito dalla sua modalità. 
- Smettila con questi capelli bagnati, non morirò! Non sono delicato come pensi! 
- Ma sei così magro! - altra cosa che per lui aveva estremamente senso, detta fra l’atro con estrema convinzione. Ora le loro mani erano allacciate le une alle altre per cercare di prevalere a vicenda, ma sembrava che avesse la meglio Jannik che ridendo finì per abbracciarlo con impeto. 
- Ma cosa c’entra! Mi fai morire Carlitos, mi basta stare con te per essere bollente! Vedrai che non mi ammalerò! 
Carlos si arrese all’abbraccio e rimase buono a stringerlo a sé per qualche istante, sperando in realtà di scaldarlo. 
- C’entra perché i muscoli scaldano! 
Jannik scoppiò a ridere gettando la testa all’indietro, totalmente divertito dalle cavolate che sparava preda dell’ansia, e solo quando rise così tanto Carlos si rese conto che forse stava dicendo qualche stronzata. 
Doveva dargli atto del fatto che Jannk fosse più abituato di lui al freddo, tuttavia non poteva arrendersi e testando la sua temperatura con le mani, le spostò sulle braccia nude e quando lo fece sentì che era particolarmente gelido e tremante. 
Appena realizzò che doveva per forza avere freddo e che era solo bravo a mascherarlo, scattò indietro sfuggendo dal suo abbraccio per ricominciare di nuovo con la maglia. 
- Oh piantala Carlitos! - riprese smettendo di ridere e tornando al proprio compito di proteggere Carlos dal proteggere lui. 
I due rimasero di nuovo a contrastarsi per qualche istante, quando la mente dello Spagnolo realizzò che così non sarebbero arrivati da nessuna parte e Jannik si sarebbe comunque ammalato. 
- Ma hai freddo! 
- Non voglio che ce l’abbia tu per colpa mia, dopo! - rispose logico. Maledetto lui e la sua logica! 
- Ma lo ammetti che hai freddo! - puntualizzò. Jannik alzò gli occhi al cielo sospirando. 
- Sì, ho freddo, contento? 
Carlos annuì per poi scuotere il capo. 
- No per niente. 
Jannik sbuffò esasperato ed in quello il compagno lo lasciò guardandosi intorno mentre un lampo di genio attraversava la sua testolina totalmente concentrata sullo scaldare il suo ragazzo. 
Non era un posto così sporco per essere un bagno, ma era comunque un bagno alla fine di una lunga giornata di allenamenti di tennisti. Non si sarebbero messi per terra né tanto meno avrebbero fatto sesso per scaldarsi, c’era un limite a certe cose.
Così svelto come un lampo prese e si diresse ad uno dei lavandini e lì vi si sedette come fossero sgabelli alti. Trovando la posizione giusta in modo da non finire col sedere all’interno dell’infossamento del sanitario, aprì gambe e braccia verso Jannik il quale era rimasto fermo a guardarlo perplesso senza capire che stesse combinando. 
- Dai vieni che ti scaldo così! 
Jannik sembrava dubbioso sulla riuscita del suo piano, ma decise di assecondarlo e una volta che l’ebbe raggiunto, Carlos lo prese e se lo rigirò di spalle mettendoselo davanti. Si aprì la felpa e tenendola con le mani, l’avvolse intorno al suo busto e alle sue braccia che gli fece incrociare sul petto. Le gambe fecero la stessa cosa avvolgendosi come un koala intorno al suo bacino ed una volta che l’ebbe praticamente abbracciato da dietro fungendo da coperta vivente, gli posò un bacio sul collo tutto soddisfatto e gongolante. 
- Meglio? - fece consapevole che quella fosse una soluzione che doveva per forza mettere contenti tutti. 
Jannik appena si ritrovò in quella posizione, avvolto dal suo corpo e dalle sue braccia, oltre che dalla felpa e dalle gambe, dopo un primo momento di tensione si rilassò subito e come per magia smise effettivamente di tremare dal freddo. 
- Sì, grazie... anche se mi sento un involtino!
Carlos si aprì in un sorriso smagliante e contento, stringendolo ancora più forte da dietro. 
- Ti aliterei suoi capelli per asciugarteli ma penso non ti piacerebbe... - disse scherzando, Jannik senza scomporsi rispose calmo. 
- Non provarci. - non era severo perché in realtà era chiaro che stava veramente bene in quella soluzione. 
- Vedi che quando ti applichi trovi delle ottime soluzioni? - aggiunse invece. Carlos rise continuando a baciargli il collo, risalendo sulla guancia come se fosse il suo orsacchiotto prezioso. 
- Mi ci vuole un po’ di tempo ma ci arrivo! 
Un tuono irruppe più forte degli altri facendo vibrare le pareti e i bagni in cui erano, Carlos istintivamente strinse più forte Jannik che gli sorrise appoggiandosi all’indietro contro il suo petto. 
- Dai, ti proteggo io dai fulmini... 
Carlos accentuò il broncio per la paura che gli era scaturita da quel fragore improvviso. La pioggia era sempre più forte dando l’idea che un autentico tifone si stesse abbattendo su di loro e forse era così. 
- Mi fanno un po’ paura queste cose... - ammise senza filtri né timore di sembrare debole. Jannik non poteva ricambiare il suo abbraccio in quella posizione, ma strofinò il capo contro il suo lasciando che la sua guancia premesse sulla sua bocca ancora piegata in un tenero broncio impaurito.
- A me piacciono, invece. - disse senza più provare a scherzare per sdrammatizzare. Carlos colto impreparato da quell’ammissione che veniva senza voler approfondire il tema ‘paure’ che aveva messo in campo senza volerlo, lo seguì colpito. 
- Davvero ti piacciono? - Jannik annuì mentre lo sguardo vagava sulle finestre che lasciavano vedere un po’ il mondo là fuori che sembrava stesse venendo cancellato dalla tempesta del secolo. 
- Sono potenti, non trovi? 
Carlos annuì mentre il suo tono coinvolgente, di chi adorava veramente ciò di cui parlava, lo calmò. Al tempo stesso sentiva la pelle di Jannik calda sotto le braccia, era morbido e non tremava più, merito della soluzione trovata. Nemmeno lui aveva più tanta paura del tifone sotto cui stavano. 
Un altro tuono fece vibrare tutto, ma non si tese e non saltò come prima. 
- Senti che forte che è la natura? - disse ancora ammaliato il suo ragazzo fra le proprie braccia, come se immaginasse di essere fuori sotto quel vento impetuoso. 
- Sento che ad essere forte è quello che provo per te. - sfuggì a Carlos. Jannik però invece di tendersi e cercare di guardarlo carico di sorpresa e shock e magri contrarietà, si rilassò e strofinò di nuovo la guancia contro la sua bocca morbida. Lo sentì sorridere dolcemente, consapevole, con una maturità nuova. 
- Anche per me è così. - rispose lui candidamente come se non avessero appena parlato ufficialmente di sentimenti.
In un attimo il cuore di Carlos cominciò a pressare nel petto e nella gola proprio come quella pioggia potente e rendendosi conto di essere ancora troppo emozionato all’idea di dirgli che l’amava, decise che per il momento andava bene così. Perché Jannik non solo sapeva già, ma provava sicuramente la stessa cosa. 
Perciò non serviva forzarsi a dirlo se non veniva spontaneo, sapeva che ben presto gli sarebbe uscito da solo. 
- Di cos’altro hai paura? - disse poi Jannik sempre calmo, cullandosi fra le sue braccia forti e calde. 
Carlos ci pensò mentre lentamente la pioggia ed il vento iniziavano a calare. 
- Delle api! - a quella sparata spontanea ma sincera, Jannik tornò a ridere ed il suono della sua risata coinvolse Carlos che lo imitò realizzando tardi d’aver detto qualcosa di divertente senza volerlo realmente. 
I due rimasero lì anche quando la tempesta calò, parlando di paure, di insetti e di calamità naturali. Cullandosi, scaldandosi e proteggendosi a vicenda. 
Stando bene come non mai ed immaginandosi a dirsi quella cosa che ancora non era uscita bene dalle loro bocche. 
“Ti amo.” 
Ancora per poco solo un pensiero, una consapevolezza, una verità. 

FINE


NOTE FINALI: 
Non ho idea se i loro allenatori possano davvero avergli imposto una cosa simile, ma nella mia fantasia sfrenata ho voluto far così. Non so inoltre quanto si allenino effettivamente insieme, so che capita ogni tanto ma non so la reale frequenza. 
Jannik è andato veramente al ritiro della Nazionale di Calcio Italiana che in quei giorni erano proprio a Miami per delle partite.
Ho cercato di informarmi il più possibile sul complesso sportivo dove si tiene il Miami Open, spero di non aver scritto cavolate. Quel che non sapevo l’ho inventato. 
In quella settimana so che c’è stato un bruttissimo tempo, ma non so se quei giorni nello specifico fosse buono o se era già tempesta. Però per ovvie ragioni mi serviva così. 
Non ho idea di che cosa abbiano paura o cosa gli piacciano, solitamente almeno uno su due ha paura dei tifoni mentre l’altro ne è affascinato e mi pareva che Jannik fosse il candidato ideale per essere l’impavido di turno. 
Ed infine... riusciranno a dirsi che si amano? Quando e come succederà? Ai posteri l’ardua sentenza! 
Grazie per avermi seguito, appena possibile tradurrò la fic in inglese. Per sapere quando scrivo ancora su di loro, c’è la mia pagina su FB. Buona giornata. Baci Akane