NOTE: quarta fic della serie ‘Bocca e capelli’ (e lingua). Siamo sempre a Umag 2022, la fic prosegue dal pov in terza persona di Jannik e riprende più o meno dal punto interrotto in ‘Quella cosa con la lingua’. Vediamo come Jannik passa la notte dopo quell’invito inequivocabile di Carlos e poi come va il resto della giornata, con la finale di sera vinta come ben si sa da Jannik. Ho trovato il video, scorrendo fino in fondo si vede che naturalmente non si sono esenti dall’abbracciarsi per benino. La parte migliore, però, sarà il dopo premiazione, quando saranno insieme da soli negli spogliatoi. Ho cercato qualche informazione sui circuiti di tennis che ospitano i tornei dell’ATP e non sono tutti standard, ognuno ha i suoi spogliatoi e le sue docce che variano, ci sono alcuni che hanno i box, altri che hanno le docce tutti insieme stile calcio. Che Carlos mangi tanto e adori Rafa è risaputo, altre cose sono invenzioni mie. Seguono ancora altre due fic per concludere la serie. Buona lettura. Baci Akane 

FUORI CONTROLLO

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Video: 

Aveva ancora l’immagine delle sue braccia nude ben in evidenzia per quella maglia senza maniche alla Rafa Nadal. Anche su di lui quello stile faceva un gran figurone. 
A quella visione che l’aveva tormentato per tutta la notte, si era aggiunta la sua bocca, che già di per sé era sufficiente a togliergli il sonno, ma in quel caso il fattaccio si riferiva al momento in cui se l’era sfacciatamente ed impunemente leccata davanti a lui, pochi centimetri a separarli, ma comunque troppi. 
E poi la mano sui suoi capelli.
Di solito ODIAVA che qualcuno glieli toccasse o ne parlasse, lui però pareva poterlo fare. Fare battute, riderci su e soprattutto toccarli.
Del resto a quanto pareva la propria prerogativ era guardare la sua bocca, perciò erano pari.
Jannik non era minimamente consapevole di quanto pensasse a lui Carlos e come lo desiderava, ma aveva diverse volte avuto delle intuizioni che però aveva messo a tacere convinto di non poter piacere ad uno come lui.
Aveva sempre saputo d’vere tendenze, non ne aveva fatto un problema perché gli erano sempre piaciute abbastanza anche le ragazze e adesso che acquistava popolarità grazie al tennis non gliene mancavano. 
Però quel che gli aveva fatto Carlos, nessuna ragazza c’era ancora riuscita e dubitava che qualcuno potesse. 
Guardando nella sua stanza, dopo che l’aveva sensualmente invitato ad entrare, aveva notato quel fazzoletto a terra, così uguale al proprio di un mese prima, ma si era costretto a non pensarci. A non credere che fosse quel che aveva ovviamente intuito. 
Eppure... e se fosse stato così?
Ma era l’ultima delle sue preoccupazioni.
Le altre che venivano prima volevano tassativamente capire cosa volesse realmente Carlos da lui, perché era ovvio si fosse fissato su di lui, ma non capiva perché e soprattutto in che modo. 
Inizialmente aveva pensato in amicizia, che volesse solo quello da lui. Era una persona esuberante, aperta e socievole e per ragioni a lui ignote si era fissato con lui per essergli amico. 
Poi però aveva iniziato a sospettare che potesse avere altre mire su di lui.
Ripensò a quella sera nella sua camera, a Wimbledon. Aveva avuto l’impressione di essere sul punto di baciarlo, ma non l’aveva fatto e considerando che era molto istintivo, se non l’aveva fatto significava che invece non aveva voluto baciarlo.
Però c’erano stati quei momenti, nel guardarsi così intensamente. 
Palpabili, innegabili. Ma forse solo da parte propria.
Carlos, sempre così aperto, non aveva mai fatto alcuna mossa decisiva, alla fine. 
Però lo cercava ogni volta, si era addirittura assicurato di essere nel suo stesso albergo. 
Non aveva di certo ragioni per andare in alloggi diversi da quelli offerti dall’organizzazione dei tornei, però pareva molto ansioso all’idea che riuscisse a scappargli.
Dubitava che uno come lui non avesse amici e che quindi nel trovare un bel rapporto naturale con lui volesse a tutti i costi tenerselo. Sicuramente era pieno di amici, ma sopra ogni cosa aveva fidanzate a bizzeffe. 
Perché era etero, sicuro che lo era. 
Tuttavia, poteva anche essere gay o bi, ma comunque aveva di certo dei partner.
Jannik aveva pensato a quelle cose tutta la notte, dormendo poco e male. 
Alla fine si era addormentato sfinito, arrivando straordinariamente tardi sulla tabella di marcia del giorno successivo.
Abituato a dormire poco ma bene, se l’era fatto bastare. 
Era sempre mattutino, al contrario di Carlos che oltre a mangiare come un bue, adorava dormire e faceva sempre tutto tardi all’ultimo minuto. 
Colazione, pranzo e cena. Salvo quando doveva incrociarlo ed allora si adeguava ai suoi orari, sforzandosi. Anche se era più Carlos che obbligava lui ad adattarsi ai suoi. 
Quel mattino arrivarono a colazione insieme, con i loro entourage che avevano tutti già consumato ed erano pronti in attesa di cominciare il programma delle loro giornate. 
Quel giorno era la finale e incrociandosi appena svegli, vide gli occhi pesti di Carlos svegliarsi improvvisamente da addormentati che erano. 
Vispo come non mai, lo salutò appiccicandosi a lui tutto allegro. Jannik quasi rassegnato si sentì contento come di consueto, anche con l’imbarazzo di quello strano saluto serale le cose fra loro non cambiavano, ma era per merito dello spagnolo. 
Non mollava mai la presa e non importava cosa succedeva.
Sapeva che Carlos non era addormentato come persona, anzi, sebbene desse un po’ quell’idea. Però era sveglio, molto sveglio, e sicuramente si era accorto che gli piaceva, però il fatto che continuasse ad insistere con lui senza sbilanciarsi, gli faceva capire che non ci poteva proprio essere altro. 
- Stasera allora. Ricordati. 
Questo fu il suo buongiorno, come per rendergli noto che era stato assolutamente serio e che contava su quell’appuntamento che gli aveva dato solo per toglierselo di torno. 
A volte si sentiva soffocare, soffocare non in senso negativo. Carlos gli piaceva da matti e sempre più e sapeva che per quanto controllo avesse, prima o poi sarebbe esploso e non sapeva come avrebbe reagito. Si sentiva imprevedibile. 
- Intanto arriviamoci, a stasera. - brontolò Jannik distogliendo lo sguardo per non scavarsi la tomba da solo nel guardargli la bocca.
Il fatto che gli avesse dato il permesso, non significava che potesse farlo sempre. 
Carlos sogghignò e dopo essersi riempito il piatto con qualunque cosa il buffet della colazione desse a disposizione, l’aspettò per sedersi al suo stesso tavolo. 
- Siamo avversari, Carlos. Non credi che dovremmo comportarci da tali almeno nel giorno della finale? - gli fece notare Jannik messo a dir poco male già di primo mattino.
Aveva pensato a lui tutta la notte ed ora era di nuovo lì. Non voleva proprio scrostarsi dalla sua vita. 
Carlos alzò le spalle piegando le labbra. Fra queste e le braccia muscolose ben in mostra per quel suo famoso abbigliamento più scoperto che mai, lo mandava letteralmente ai matti.
Doveva trovare il modo di sfogarsi, la propria gestione encomiabile dei nervi non l’avrebbe sempre aiutato. 
- Perché? - chiese infatti. - Siamo amici, coincidenza siamo anche avversari, oggi. 
Jannik alzò gli occhi e scosse il capo andando ad un tavolo libero da due, seguito a ruota da Carlos e dai suoi piatti pieni di tutto il buffet intero. Lui aveva preso solo brioche e cappuccino. 
- E poi, dopo essere avversari, usciremo insieme, perciò non c’è proprio niente che ci impedisca di fare colazione accoppiati!
Jannik dovette sputare il boccone per non soffocare. Lo fece in tempo mentre l’altro scoppiava a ridere ingozzandosi senza ritegno della sua colazione salata. 
- Sei proprio un toro! - brontolò. A quello Carlos sospirò con occhi sognanti.
- No, c’è solo un toro nell’universo ed è quello di Manacor! 
Rafa Nadal. Jannik alzò scettico un sopracciglio tornando a mangiare. 
- Sei proprio innamorato. - commentò per vedere come si comportava a quella allusione. 
Carlos sorrise ed annuì senza ritegno, con ancora gli occhi a cuore. 
- Lo amo alla follia! - Jannik finì per ridere e rilassarsi, dimenticandosi di ogni problema, programma personale e considerazione. Tanto era inutile essere geloso degli dei. E comunque con uno così se qualcosa doveva succedere, sarebbe successo comunque. 
Non era ancora sicuro se fosse gay, bi o etero, ma aveva il sospetto che a breve l’avrebbe scoperto. 

Sebbene Carlos avrebbe anche passato tutto il giorno insieme, Jannik riuscì ad evitarlo arrivando alla sera con la convinzione di non potercela fare a concentrarsi sulla partita se lui non l’avesse piantata di parlargli a macchinetta mentre era nudo. 
Carlos aveva pensato bene di arrivare per una volta puntuale per prepararsi insieme a lui e chiacchierare un po’ prima della partita. 
Lui ovviamente aveva contato sul suo solito ritardo, ma non era stato accontentato. 
La terza partita della loro vita, quarta se si contava la challenge del 2019, stava per iniziare e lui aveva appena recuperato un po’ di sanità mentale con fatica. 
Cosa che andò nel cesso quando una volta entrato negli spogliatoi, lo vide saltellare come un grillo felice e contento, sorridendo come un raggio di sole. 
- Finalmente! Di solito sono io quello ritardatario! Come stai? Sei pronto? Io sono pronto! Non vedo l’ora di giocare, sono così eccitato all’idea di farlo contro di te! 
Mentre parlava Carlos si spogliò iniziando a togliersi la maglietta senza maniche. 
Jannik non sapeva nemmeno cosa rispondere. 
Per la verità si era sentito pronto fino a qualche secondo prima, adesso che lo vedeva a torso nudo no che non lo era. 
- Carlos, adesso mi metto la musica alle orecchie per concentrarmi perché se continuo a sentirti parlare la mia concentrazione va a cagare. Perciò fa quel che vuoi. Ci vediamo dopo! 
Così dicendo si mise veramente gli auricolari alle orecchie attivando una playlist da Spotify che usava per caricarsi prima delle partite. Non sempre la usava, ma in quel caso ritenne necessario usarla. 
Non ce l’avrebbe mai fatta. 
Lanciò un’occhiata a Carlos per vedere come l’avesse presa, ma notando che aveva il broncio gli scappò una risatina. 
Diavolo, non funzionava un cazzo la musica. 
Vedeva la sua bocca in quella posa ancor più in evidenza. In aggiunta il signorino si tolse i pantaloncini per mettersi gli altri e lui non riuscì proprio ad evitare di guardargli il culo, cosa che fino a quel momento era riuscito ad evitare per miracolo.
“Merda, pure il suo culo è bello! Ma come giocherò stasera?”
In totale allarme e crisi, Jannik si girò di scatto mentre una parte del suo cervello pensava che il suo didietro fosse terribilmente bello, invitante e tondo. 
Come quello dei passivi. 
“Sì perché tu hai tanta esperienza coi passivi, no?”
Iniziò  pensare ai ruoli sessuali a letto dei gay quando, una volta pronto, venne richiamato da una manata di Carlos sulla schiena che gli fece notare con un gesto del dito l’addetto ai lavori venuto a chiamarli. 
Jannik lo fissò strabuzzando gli occhi, sperando di non essere arrossito. Aveva pensato a Carlos passivo sotto di lui, non ci poteva giocare contro e cosa ancor peggiore, non poteva uscirci dopo da solo. Doveva trovare un sistema per sopravvivere.
Si tolse gli auricolari e li ripose nella confezione per poi chiudere tutto nel borsone che sarebbe rimasto negli spogliatoi. Si prese l’altro da portare in campo e lanciandogli un’occhiata attenta, cercò di capire come diavolo se la stesse passando lui e se per caso fosse nel suo stesso dramma. 
Carlos lo fissava in attesa per farlo uscire per primo come un cavaliere, ma a parte questo sembrava quello di sempre. Non pareva minimamente nel dramma. 
“Che invidia! Non so come diavolo fa!”
- Dai, nervi d’acciaio, so che faremo una bella partita! Smettila di pensare che non sei pronto. Lo sei eccome! 
Jannik lo guardò meravigliato non aspettandosi quella lettura così accurata e precisa. Fu a quel punto che come d’incanto si sentì subito meglio e facendo un respiro profondo, annuì. 
Non disse nulla, ma si sentì di nuovo concentrato ed uscendo per primo a testa alta, capì che quella volta ce l’avrebbe fatta. Che sarebbe stata la sua partita. Che era tornato in sé e non importava il prima ed il dopo e le promesse agli sciroccati fatte solo per chiudere quelle bocche favolose. 
Adesso si entrava in campo.
Adesso era solo ora di tennis. 

Uscire dalla trance agonistica fu strano, come rimettere i piedi sulla terra dopo mesi di spazio aperto. 
Carlos aveva preso il primo, set ma lui si era ripreso il secondo ed il terzo.
Alla fine aveva ragione, era pronto eccome. 
- Visto? Nervi d’acciaio! 
Quando si ritrovò Carlos davanti a rete, lo guardò sorridendo e stava giusto pensando di stringergli velocemente la mano per scappare prima di perdere di nuovo il controllo, quando lui lo tirò arbitrariamente a sé abbracciandolo con la sua solita prepotenza. 
A quel punto la concentrazione ed i nervi di cui parlava Carlos, andarono di nuovo a quel paese. 
Avrebbe dovuto giocare perennemente a tennis per avere il controllo, ma non potendo il risultato era pessimo. O meglio, lo era se aveva a che fare con lui.
Era il solo a ridurlo in quelle condizioni.
E così, senza poterci fare proprio niente, ricambiò l’abbraccio di buon grado e sorrise ebete.
Sì, aveva vinto un titolo, ma non era per quello che sorrideva. 
Sorrideva perché quell’abbraccio era fantastico. 
- Guarda che me l’hai promesso, eh? - disse quindi mentre si muovevano insieme lungo la rete, verso l’arbitro. 
Jannik sapendo perfettamente di cosa parlava, capì che era veramente, ma veramente fottuto.
Suo malgrado, proprio come se i nervi ed il controllo fossero estremamente delimitati ad un contesto tennistico, Jannik si sentì annuire e rispondere: - Sì, sì... me lo ricordo...
Ma alla fine non era forse vero che lo voleva anche lui con tutto sé stesso come non aveva mai voluto nulla in vita sua? 
Perché se fosse dipeso da lui, non sarebbe mai successo nulla né avrebbe creato alcuna occasione, ma dovendo semplicemente assecondare Carlos che le occasioni se le creava prepotentemente, non doveva far altro che cavalcare l’onda. Perché alla fin fine lui quell’onda la voleva da matti e se anche le intenzioni di Carlos erano le stesse, appena ne avrebbe avuto conferma, niente l’avrebbe più tenuto e fermato. 

Dopo la partita ci fu la cerimonia e come da consuetudine i due giocatori dovettero rimanere insieme fino alla fine. Alcune cerimonie erano infinite, ma quella fu abbastanza nella media e piuttosto divertente. 
O forse non era stata la cerimonia ad esserlo, ma loro a saper ridere insieme come se fossero chissà dove a fare chissà cosa. 
Ma più probabilmente il punto centrale, il fulcro di ogni suo divertimento e risata e allegria, era quel ragazzo che gli stava accanto, che rideva e sapeva farlo ridere. 
Qualunque cosa dicesse o facesse era motivo di allegria ed era bello stargli vicino.
Era bello stare con lui. 

Non aveva idea di aver gettato anche lui Carlos nel dramma, appena strappato il punto decisivo del match Point. 
Perché aveva fatto quella famosa cosa con la lingua, che per lui era un tic del tutto incontrollato. 
Non sapeva che gli era rimasto in testa, quel gesto, e che non vedeva l’ora di fargliela pagare. A modo suo, ovviamente. 
Ma lo scoprì quando fu negli spogliatoi con lui, finalmente soli, a potersi lavare per andare poi via. 
- A festeggiare sarai tu, perciò sei costretto ad invitarmi ed io mi imbucherò alla tua festa! 
Jannik lo guardò spaesato appena dentro da soli, non si erano nemmeno ancora lavati che già pensava al dopo. Per un momento si pentì d’aver detto al suo gruppo di aspettarlo fuori che si sarebbe sbrigato di più da solo poiché con loro avrebbe magari finito per chiacchierare e distrarsi. Ovviamente Carlos aveva fatto altrettanto col suo staff, quasi come se quel loro famoso appuntamento iniziasse da lì e si fossero messi d’accordo. 
Stava venendo tutto incredibilmente e meravigliosamente spontaneo.
- Ma non hai pensato ad altro? Per questo ti sei fatto battere 6 a 1 per due set alla fine? 
Carlos rise senza prendersela, prendendosi il colletto della maglietta e tirandoselo via dal capo. 
Jannik spalancò gli occhi girandosi di scatto sperando di non essere già diventato rosso. 
- Allora dove si va? Mi faccio trovare al vostro locale, se non vuoi far sapere che mi hai invitato o che c’era questa promessa. 
Perché qualunque cosa dicesse la faceva sembrare una cosa speciale da fidanzati?
Non era un appuntamento e non era una promessa e tanto meno non doveva essere una cosa speciale da corteggiamento, ma ogni volta che parlava era equivoco e non era sicuro lo facesse apposta. Forse non se ne rendeva conto, sebbene c’era la possibilità che invece sapesse perfettamente ciò che faceva. 
- Non andrò in un locale, andremo a mangiare da qualche parte e non so, forse a bere qualcosa, ma non è detto... 
Carlos scoppiò a ridere piegandosi in due per togliersi tutto in una volta la parte inferiore dei vestiti e Jannik che aveva osato guardarlo di sfuggita, distolse di nuovo di corsa lo sguardo. Questa volta sapeva di essere bordeaux. 
“Merda!”
Gli aveva visto il culo mentre si piegava. Tutto il suo bel profilo curvo ed accentuato. 
Quel culo da passivo!
- Va bene, stasera andrete in un locale dopo cena. E se non ci andate, ci vai lo stesso e ci vediamo là. Giuro Jannik che ti seguo se... - così dicendo si avvicinò a lui, nudo e crudo, ma guardandolo ancora in piedi con i pantaloni addosso ed in crisi esistenziale, totalmente bloccato ed in blackout che non sapeva cosa dire perché se l’era appena immaginato a prenderlo da dietro, Carlos si fermò per miracolo. 
- Cos’è, sei stanco? Hai bisogno di una mano a spogliarti? - disse prendendogli l’elastico dei pantaloni e degli slip sportivi tutti insieme e strattonando verso il basso per toglierglieli.
In quello la sua erezione rimbalzò. Dura, ovviamente. E poi ancora più dura. 
Jannik trattenne il fiato non facendocela più e temendo di venire così subito, si divincolò da lui come un invasato e facendosi cadere quel che gli aveva poco gentilmente abbassato, prese l’asciugamano, la busta per lavarsi e schizzò verso la parte delle docce. 
Si infilò dentro il primo dei box a disposizione che purtroppo era aperto senza porte, ma aprì subito l’acqua fredda. 
Aveva bisogno di calmarsi, l’aveva quasi preso e sbattuto contro il muro. 
- EHI! - tuonò ovviamente Carlos. Mica poteva starsene buono mentre veniva respinto e piantato in asso.
Come diavolo faceva ad agire senza riflettere? 
Sicuramente non sapeva cosa faceva, era impossibile.
L’acqua fredda l’aiutò a calmare i bollenti spiriti, ma quando il compagno spuntò nel suo box delimitato da muretti piastrellati senza alcuna porta poiché nel tour ATP ogni spogliatoio di ogni torneo era fatto in modo diverso, Jannik lo guardò girandosi terrorizzato verso di lui. Gli occhi fuori dalle orbite e di nuovo l’erezione alle stelle nonostante l’acqua fredda che nemmeno sentiva più.
Quel che sentiva era lui. E lo vedeva, anche.
Che entrava dentro nel suo ristretto spazio vitale e con la sua tipica prepotenza, lo schiacciava contro un lato per farsi largo e stare lì, proprio lì con lui per forza.
Lo fece mettendogli le mani sul petto che bruciarono immediatamente, ma quando sentì l’acqua fredda che scendeva dal soffione fissato al muro, urlò shoccato. 
- Sei matto? È fredda! - così dicendo aprì quella calda, riequilibrando arbitrariamente il getto.
A quel punto Jannik non avendo modo di controbilanciarsi, tornò ad eccitarsi anche di più, spalmato contro le piastrelle e sempre ovviamente in crisi esistenziale. 
L’erezione sempre più alta, la voglia di saltargli addosso e il mantra nella testa. 
“Stai fermo, se non vuole la stessa cosa rovini una bella amicizia. Stai fermo. Stai fermo, Jannik.”
- Che diavolo vuoi? - mormorò a fatica, dimenticandosi di doversi lavare. 
L’acqua scendeva su di loro in quello spazio ristretto. Carlos non pareva preoccuparsene e ignorando totalmente il sapone, dimostrò di non essere lì per lavarsi, ma per lui.
- Perché sei scappato? 
Jannik spalancò gli occhi incredulo a quella domanda sciocca.
- Davvero me lo chiedi? - chiese senza voce e forze. Se non ci fosse stata la parete, sarebbe caduto. I loro corpi si sfioravano, ma era come se si strofinassero già uno sull’altro. Cercava a tutti i costi di guardargli gli occhi e basta. Non la bocca. Guai, ora, a guardargli la bocca. 
- Certo! Stavamo mettendoci d’accordo per dopo. 
- E mi hai spogliato! - precisò perché non voleva passare per lo sciroccato di turno. 
Carlos stava per rispondere, ma abbassò lo sguardo sulla sua bocca e Jannik si chiese se non si fosse rincoglionito. 
“Non sono io quello che gli guardo la bcca di solito?”
Ma Carlos pareva avere un disturbo dell’attenzione e come se non stessero parlando di altro, si zittì strofinandosi le labbra che Jannik non poté più esimersi dal guardare. 
- Me lo rifai? - chiese poi basso in un cambio di tono repentino ed incredibile. 
Jannik rabbrividì e lo guardò senza capire, totalmente nel dramma, ancora appiattito alle piastrelle, l’acqua a scendere su di loro, bagnarli un po’ per uno. 
Carlos però si avvicinò a lui ed i corpi smisero di sfiorarsi ed iniziarono a toccarsi davvero.
“Eh no mio caro Jannik. Questo non lo stai immaginando. Ci sta provando davvero.”
- Quella cosa che fai quando vinci. 
Jannik si distrasse guardandolo ora di nuovo negli occhi senza capire. 
- Che faccio? 
Allora Carlos lo fece. Si leccò le labbra con la punta della lingua. Lo fece in un modo così sensuale che Jannik finì per eccitarsi ulteriormente e con l’erezione pulsante contro il fianco di Carlos, gli parve anche di sentire la sua nelle sue stesse condizioni, contro la coscia. 
Ma lui, ormai, era perso nella sua bocca che gli stava fissando, così come Carlos. 
- Me lo rifai? Mi fa impazzire quando lo fai... - disse piano scoprendo totalmente ed inequivocabilmente le sue carte. 
E Jannik le raccolse ben volentieri, quelle carte scoperte. 
“Gli piaccio anche io...”
Infine fece quella cosa con la lingua. 
Si leccò le labbra lentamente, sensualmente, lasciandosi trasportare da quello che gli stava trasmettendo Carlos. 
Sentì così le sue mani scivolare sui propri fianchi e gli si appoggiò del tutto addosso, quando il suo corpo possente, muscoloso e nudo gli fu totalmente addosso, si ritrovò le sue labbra sulle proprie. 
A quel punto il mondo sparì, ci furono solo quelle. Le sue labbra carnose, calde, schiuse che si fondevano con le proprie e la lingua che subito gli veniva incontro senza perdere tempo.
Jannik sentì le proprie stesse mani scivolare sulle sue spalle e stringere per sentire meglio quel che aveva a lungo desiderato provare.
La consistenza tonica dei suoi muscoli.
Era meravigliosa.
La sua pelle, il suo corpo, i suoi muscoli. Tutto di lui era meraviglioso. 
Baciarlo era la cosa più bella che avesse mai fatto in tutta la sua vita, quello che aveva desiderato di più in assoluto. 
Non voleva più smettere. 

La sua bocca era intossicante, gli sembrava di esserne divorato, ma non era uno di quei baci a piovra che invadevano ogni centimetro del partner. 
Era semplicemente il modo in cui lo sentiva Jannik, dopo aver desiderato fino alla follia quelle labbra, averle su di sé, intrecciate alle proprie, era come un sogno
Riuscì a dimenticarsi di essere negli spogliatoi di un torneo appena vinto, di avere un team che l’aspettava fuori per andare a festeggiare e di essere sotto la doccia, nudo, abbracciato a lui.
Non c’era altro che la sua bocca. 
I corpi bollenti, appoggiati uno all’altro, le mani agganciate a tenersi a vicenda. Era tutto ustionante e oltre ogni immaginazione, ma quel bacio fu tutto, per lui.
La sua bocca morbida e calda lo ubriacò totalmente e quando dall’altra parte degli spogliatoi entrò qualcuno delle loro squadre a richiamarli a gran voce, per poco Jannik non morse Carlos. 
Lo spinse istintivamente lontano da sé ed il tonfo che fece la sua schiena contro la parete opposta, lo fece imprecare forte in spagnolo e per evitare che venisse sentito, Jannik si premette su di lui per bloccarlo, premendogli la mano proprio sulla bocca. 
Fece pure peggio, perché sentì l’erezione di Carlos eccitarsi contro la propria visto che doveva essergli piaciuto essere spinto via e schiacciato di forza. 
Ma il colpo di grazia glielo diedero le sue labbra contro il palmo che si incurvarono maliziosamente in un sorrisino che percepì nettamente. 
- Sì, tutto a posto, mi sono perso a chiacchierare con Carlos. Arrivo! - esclamò sperando e pregando che non venissero a vedere dove fossero. In quel caso sarebbe stato difficile spiegare perché si facevano la doccia insieme. 
- Ok, sbrigati che abbiamo fame! - rispose il suo coach. 
Jannik sentendo la porta richiudersi, sospirò di sollievo accasciandosi contro di lui; smise di premere notando così che Carlos aveva iniziato a leccargli la mano. Fece per togliergliela, ma lui gli prese il polso per impedirglielo.
Lo guardò stralunato, con l’altra mano lo teneva contro di sé e quasi venne quando iniziò a succhiargli le dita. 
- Tu... è possibile che tu corra sempre così tanto? Non c’è mai una volta nella tua vita che non rallenti e vai per gradi? - disse allucinato, non ce la faceva più, voleva esplodere. 
Carlos sorrise, ma lui era ipnotizzato dalla sua bocca, ormai. Carnosa. Bellissima. Avvolta sulle sue dita. 
Non ce la faceva più. 
- Se non te ne vai non ce la farò mai! 
Carlos accentuò il sorriso sfilando le dita per tornare al viso. 
Si baciarono ancora, totalmente risucchiati in loro e per nulla intenzionati a smettere. Fino a quando, questa volta, non venne uno del team di Carlos a chiamarlo impaziente.
A quel punto Jannik lo spinse brutalmente fuori dal box per poter finire la doccia, realizzando che continuando così avrebbe rischiato seriamente di essere beccato. 
Una volta solo tornò ad aprire l’acqua fredda nel disperato tentativo di ritrovare il controllo. 
“Allucinante. Assolutamente allucinante.” fu tutto quel che riuscì a pensare mentre finiva di lavarsi. 
Totalmente sconvolto. Consapevole che ormai il suo bel famoso controllo, per lo meno con lui, se lo poteva scordare. 
Quanto meno fuori dal campo.