NOTE: arriva una nuova serie di fic, 6 per la precisione, già tutte scritte. La serie la chiamo ‘bocca e capelli’. Presto capirete il motivo. Protagonisti Jannik Sinner e Carlos Alcaraz. Appena mi sono resa conto che erano una splendida coppia sono subito partita a scrivere, in una settimana ho fatto queste 6 fic i cui toni sono allegri, a tratti demenziali, e con una forte componente erotica che di volta in volta andrà in crescendo. Per il momento c’è il primo approccio soft che dà l’impronta a quel che sarà.
Per questa coppia sono andata molto ad istinto perché non li conosco e non so tante cose su di loro, magari alcuni particolari mi sfuggono, perciò considerate che è quasi scritta a caso. Per di più che non ho mai praticato tennis, lo seguo da appassionata ma non come seguo il calcio, perciò certe cose non le so benissimo. L’ho ambientata durante Wimbledon del 2022, ma le foto che ho messo non sono tratte da quel torneo. Una viene dalle finals di quest'anno e l'ho usata per rendere quel che sono i capelli di Jannik, l'altra è per esplicare meglio la bocca di Carlos e poi l'altra proviene da un altro torneo successivo a quello, però è stata in realtà la foto che mi ha spinto a scrivere.
Spero sia gradevole! Per sapere quando pubblico c’è la mia pagina su FB: https://www.facebook.com/akanethefirst/. Buona lettura. Baci Akane
CREDITS: I personaggi sono reali e non miei e non so quel che sto scrivendo, perciò è sicuramente tutto inventato.
INCIPT: ‘- E comunque i miei occhi sono qua! - fece Carlos indicandosi con due dita gli occhi.’
La bocca di Carlos non è una bocca normale e Jannik finisce per fissargliela tutte le volte che ci parla. Carlos, dal canto suo, ha un autentico debole per i suoi capelli rossi. A questo ci si aggiunge il fatto che non è in grado di filtrare mai quel che dice e fa.
Non era la prima volta che si incontravano, né che si scontravano sul campo. Era già successo e l’aveva notato.
Difficile il contrario, del resto, considerando i suoi capelli.
A parte che poi nei tornei finivi spesso per incrociare gli stessi giocatori se erano abbastanza promettenti ed avanzavano nel loro percorso.
Piuttosto poteva succedere che non li notavi, ma nel caso di Jannik non notarlo sarebbe stato proprio impossibile.
Di rossi di capelli ne aveva visti, ma i suoi si differenziavano perché erano ricci e selvaggi.
Decisamente adorabili. Il suo tratto distintivo.
Perciò sebbene Carlos fosse nel circuito ATP da poco, proprio come Jannik, aveva già notato sia lui che i suoi capelli.
Oltre che la sua apparente estrema costante encomiabile serietà.
Non che questo gli impedisse di parlarci come faceva con ogni essere umano che incontrava.
All’inizio non c’era stata molta presa da parte dell’italiano, probabilmente era timido e chiuso, tutto l’opposto suo, tuttavia sapeva che migliorare i rapporti interpersonali con gli altri colleghi era una buona spinta per essere più rilassati in campo contro chiunque.
Per la verità non lo faceva per un tornaconto, gli avevano solo detto che essere socievoli nello sport era una marcia in più, se gli avessero detto che era il male non gli sarebbe fregato nulla. Avrebbe continuato a socializzare con ogni essere umano incontrato, proprio come aveva sempre fatto da quando era nato.
Perciò incrociandolo per l’ennesima volta nella zona degli allenamenti di Wimbledon, Carlos lo affiancò dirigendosi con lui verso gli spogliatoi dove si sarebbero rinfrescati e cambiati per poi andare a mangiare qualcosa nell’area riservata ai giocatori.
Arbitrariamente affiancato, poiché c’era la probabilità che a Jannik non interessasse socializzare per forza, ma a Carlos non gli importava. Non gli era nemmeno passato per l’anticamera del cervello l’eventualità che preferisse stare per conto suo.
- Hai visto che figata Rafa? - chiese senza rifletterci. Non aveva bisogno di pensare a quello che doveva dire, lo diceva e basta poiché lui, in effetti, non pensava mai.
Jannik lo guardò brevemente da quel paio di centimetri che lo sovrastavano.
- Che cosa? - chiese senza capire a cosa si riferisse in particolare.
Carlos si voltò verso di lui sbracciando e saltellando come un bimbo al parco giochi.
- TUTTO! - esclamò senza filtrare, come suo solito. - Ogni cosa di lui è una figata! Adoro beccare il suo orario di allenamento e se posso mi metto sempre in un campo vicino al suo! Non sempre ci riesco, ma oggi ce l’ho fatta! È stato bellissimo! Ero distratto dal guardarlo, ma...
Jannik continuò a guardarlo nel camminare con lui verso la zona degli spogliatoi, ma Carlos, continuando a sproloquiare a ruota totalmente libera sul suo idolo, si rese conto che gli occhi del giovane italiano erano fissi sulla sua bocca e non in generale sul suo volto.
Lui gli camminava praticamente storto accanto per guardarlo, uno dei suoi vizi quando chiacchierava con qualcuno, e praticamente si muoveva come un gambero, di lato. Saltava pure.
Lui, tranquillo, dritto, camminata regolare, ma sguardo decisamente fisso sulla sua bocca.
Questo non lo fermò, proseguì come un mastino a decantare le lodi del suo idolo.
- Ti piace Rafa? - chiese retorico Jannik senza scomporsi.
- DA MATTI! - strillò Carlos alzando le braccia con fare infantile.
Jannik in quello fece finalmente mezzo sorrisino, continuando a guardargli fisso la bocca.
- Sai che lui sta tanto in palestra, sì? Se vuoi beccarlo devi andarci nei suoi orari...
Il torneo di Wimbledon era uno dei migliori anche dal punto di vista della preparazione atletica ed oltre ad avere molti campi a disposizione, l’area ristoro e quella relax esclusiva per i giocatori, c’era anche una palestra ben attrezzata.
- LO SO! - esclamò Carlos sempre urlando e saltellando come un grillo, costantemente rivolto verso di lui.
Jannik finì per ridere al suo entusiasmo a dir poco coinvolgente e per evitargli di finire contro il paletto che delimitava una delle recinzioni, gli prese il braccio e lo voltò per avanti spostandolo.
- Guarda dove vai o ti fai male!
Carlos continuò a parlare di Rafa e di come aveva notato quali fossero i suoi orari per la palestra, così disse che sarebbe andato anche lui.
A quel punto, arrivati negli spogliatoi dei giocatori maschili, andarono ai rispettivi armadietti dove c’erano le proprie cose, iniziando a cambiarsi e sistemarsi.
Con loro c’erano altri giocatori, alcuni avevano finito di allenarsi, altri stavano per iniziare. I due erano in postazioni abbastanza vicine, così Carlos continuò col suo entusiasmo a parlare di Rafa, tanto per cambiare, ebbro della felicità portata dall’averlo finalmente visto allenarsi.
- Ci hai già giocato contro? - gli chiese Jannik totalmente coinvolto da lui. All’ennesimo sguardo rivolto alla sua bocca, Carlos gli si fece avanti in mutande, quasi pronto per andare a farsi una doccia veloce.
Jannik, senza cappellino e coi suoi deliziosi capelli rossi tutti spettinati e selvaggi, lo guardò fermandosi dal togliersi la maglietta sudata con cui si era allenato.
- E comunque i miei occhi sono qua! - fece Carlos indicandosi con due dita gli occhi.
- Come? - fece Jannik spalancando i propri preso totalmente in contropiede.
- Mi guardi sempre la bocca, ma a meno che tu non sia sordo e leggi il labiale, penso che dovresti guardarmi negli occhi per essere educato! - e così, in un cambio repentino di modalità, passò dall’allegria più sfrenata alla polemica. Non che fosse offeso, né tanto meno infastidito. Stava per la verità scoppiando a ridere, quando Jannik avvampando lo fissò spaesato, rispondendo duramente e istintivamente a tono.
- Educato? Sono maleducato perché ti guardo la bocca invece degli occhi?
- Non lo so, dipende dal motivo per cui mi guardi la bocca invece che gli occhi. - proseguì sempre senza attivare il cervello, attività che non era minimamente abituato a fare.
Jannik divenne di un rosso acceso, totalmente imbarazzato, leggendo fra le righe il suo per nulla velato sottinteso.
Tuttavia, proprio mentre le cose parevano scivolare via in un burrone scosceso, Carlos scoppiò a ridere divertito.
- Ma guarda, adesso la tua faccia è dello stesso colore dei capelli! Allora c’è qualcosa che ti scalfisce! Pesavo che non esistesse, in campo sei sempre impassibile, nervi d’acciaio...
Continuò a sproloquiare e ridere dicendo cose per nulla da dire in faccia a nessuno che non fosse un amico, perciò mentre lui proseguiva per quella via senza filtri e totalmente sciolta, Jannik si tolse in fretta il resto dei vestiti per poi dirigersi verso il lato delle docce.
Carlos, ritrovandosi lì ignorato mentre ancora parlava, intuì vagamente che doveva essersela presa e togliendosi le mutande al volo, prese l’asciugamano e la busta per lavarsi e lo inseguì gracchiando a gran voce:
- Ehi dai, non offenderti, era solo per parlare! Scusa, te la sei presa? Adesso siamo pari!
Ma a quella sparata fuori da ogni logica apparente, Jannik si fermò di colpo facendolo finire addosso. Per altro entrambi nudi, solo uno dei due avvolto dall’asciugamano sebbene con ancora il volto dello stesso colore dei capelli, mentre l’altro perfettamente e gloriosamente nudo come mammina l’aveva ben fatto. E senza vergogna ovviamente.
- In che senso siamo pari, scusa? Quale torto ti avrei fatto io?
Proseguirono la conversazione fermi lì sulla soglia della zona delle docce degli spogliatoi, Jannik apparentemente non intenzionato a condividere con lui quel momento intimo.
- Tu mi guardi sempre la bocca ed io ho fatto una battuta sui tuoi capelli! Però era un dato di fatto, la tue pelle era dello stesso color...
A quel punto non gli fece finire la frase e senza dire assolutamente nulla, Jannik gli voltò le spalle infilandosi in uno dei box liberi delle docce, chiudendo col lucchetto la porta di legno che lasciava comunque aperto la parte superiore ed inferiore.
Carlos, rimanendoci a dir poco di sasso, fissò la porta chiusa realizzando che addirittura osava lavarsi. Sentì il rumore dell’acqua aperto e senza rifletterci oltre, shoccato dall’essere stato ignorato durante la conversazione, così come se gli avesse detto o fatto chissà quale torto, prese a battere impunemente ed incessantemente contro la porta, chiamandolo senza freni e soprattutto senza considerare che non erano lì soli.
- EHI, JANNIK! NON IGNORARMI! DAI, ESCI DA QUA CHE FINIAMO!
Avrebbe continuato ad oltranza richiamando l’attenzione di tutti i giocatori del circuito presenti, se Jannik non si fosse deciso a riaprire la porta e spuntare fuori già mezzo insaponato e l’aria più imbarazzata ed allucinata del mondo.
- La pianti di dare spettacolo? Che vuoi? - sibilò cercando di apparire gelido. Il suo tono lo era, così come il suo sguardo sottile e carico di rimprovero, ma il colore continuava ad essere proprio come quello dei capelli, ora tutti di schiuma.
Ma che carino che era, si ritrovò a pensare precipitosamente Carlos. Così come precipitosamente gli rispose rimanendo nudo davanti a lui, così come in effetti ora era Jannik, sebbene insaponato e bagnato.
- Che non te la prendi! Tu mi guardi sempre la bocca. - esclamò subito pronto. Era vero, l’aveva notato altre volte, ma lì non ci aveva pensato. Aveva solo parlato e basta.
Del resto, lui non pensava mai.
- Ma in che modo puoi paragonare le battute sui miei capelli rossi con la tua bocca? In tanti guardano la bocca degli altri quando parlano, non c’è niente di male! - rispose polemico, accendendosi con uno spirito battagliero che non gli aveva mai visto. Era sempre stato serio e composto e molto sulle sue, invece sapeva essere molto vivo. Eccome. Carlos fece un sorrisino istintivo e si appoggiò ai bordi dell’uscio, una mano sullo stipite e l’altro sulla porta. Intorno a loro altri colleghi probabilmente ascoltavano incuriositi, ma Carlos non ne aveva idea in realtà.
- Non la mia! E non nel modo in cui lo fai tu con me! - rispose abbassando finalmente il tono e sporgendosi verso di lui. Sempre bello nudo.
- In che diavolo di modo ti guardo la bocca, scusa? - rispose esasperato e sibilante Jannik, sempre più nel dramma. Si vedeva che ora si sforzava di non guardargli la bocca, ma probabilmente si sforzava anche di non guardare in basso. Carlos non ne era sicuro.
- Come se dovessi succhiarmela da un momento all’altro. - rispose ancora senza un briciolo di filtro. Ormai riconosceva quel genere di sguardo rivolto alla propria bocca, non era una novità.
Jannik divenne se possibile ancor più rosso dei capelli e tentando di chiudere la porta sulle dita di Carlos, questi glielo impedì usando forza per tenerla aperta.
- E poi la tua bocca non è come i miei capelli, sai quante battute ho subito per colpa del fatto che sono rossi? - provò Jannik a rispondere qualcosa di assolutamente logico, cosa che con Carlos non aveva mai presa. Logica contro impulso? L’ultima parola l’avrebbe sempre avuta colui che parlava senza riflettere.
- Anche io per la mia bocca! È troppo carnosa per un uomo! Non sai quante battute di merda ho subito! Mi chiamavano succhia cazzi, mi dicevano di succhiarlo perché sicuramente con la bocca che mi ritrovo mi vengono dei pompini fantastici!
E avrebbe continuato con altri esempi più espliciti e maniaci, se Jannik non gli avesse messo istintivamente la mano proprio sulla bocca per zittirlo ed evitare che andasse più nel dettaglio.
- Ma tu non ti fermi mai? Dici sempre tutto quello che ti passa per il cervello? - realizzando di avergli toccato la famosa bocca, tolse subito la mano scottato, sempre ormai costantemente e tragicamente rosso. Carlos sorrise vittorioso non per il dialogo chiaramente vinto, dal suo punto di vista, ma perché Jannik sicuramente ormai non era più arrabbiato. Si capiva bene!
- Sì, da quando sono nato. - rispose schietto.
- Beh, prova ad iniziare a riflettere prima di aprire bocca.
- Eccolo lì! - disse Carlos ridendo ed indicandolo, riferendosi alla battuta sulla bocca.
- Oh, piantala! E poi te la guardo e basta, non ho mai fatto battute di pessimo gusto! - tentò Jannik provando a spingerlo per ritrovare la sua privacy. Appena gli mise la mano sul petto nudo e muscoloso, però, si ritrasse subito sentendosi come scottato.
Carlos capì subito il senso con cui l’aveva toccato grazie a come si era ritirato immediatamente.
- A volte non serve parlare. - disse piano, senza alzare più la voce per non farsi sentire dagli altri. Jannik lo fissò con occhi sgranati non sapendo proprio più che fare per liberarsi di lui e Carlos lo vedeva quel suo pensiero fisso sulla sua bocca, ed ora anche sul suo corpo che aveva appena toccato ustionandosi. La scarica elettrica che aveva provato l’aveva percepita anche lui.
- Vuoi dire che non pensi mai che pompini verrebbero con questa bocca? - insistette consapevole che stava mettendo il dito nella piaga.
Era sicuro che Jannik avesse pensato alla sua bocca in quel senso, perché i suoi occhi per quanto apparentemente impassibili, avevano comunicato molto bene e lui era precipitoso ed impulsivo, ma non stupido.
Era abituato a sapere come la gente fissava la sua bocca e perché. In aggiunta il modo in cui l’aveva toccato sulla pelle nuda e poi si era ritirato, era stato schiacciante.
Ma non gli era dispiaciuto per niente, per questo voleva infilarsi nella sua testa e farsi ricordare, per questo insisteva e sottolineava il lato sessuale del loro scambio.
Non voleva che l’ammettesse, ma adesso ci avrebbe pensato di sicuro. Forse prima non se ne era accorto, ma adesso non avrebbe potuto non notarlo e ci avrebbe pensato fino allo sfinimento.
Jannik non potendo smentire o confermare, non riuscendo più a parlare né tanto meno osando toccarlo ancora, fece un passo indietro decidendo di lasciarlo guardare quanto voleva.
Infilandosi sotto il getto dell’acqua ancora aperta, si sciacquò guardandolo e facendosi guardare da lui.
Carlos lo fece scivolando con gli occhi sul suo corpo nudo.
Era magro e non particolarmente muscoloso, ma sicuramente era ben dotato.
E a lui, a quanto pareva, piacevano quelli ben dotati lì sotto.
Sebbene il suo genere fosse Rafa, per la prima volta si sentì attratto consapevolmente anche da qualcun altro che non fosse lui.
- Chiudiamo qua allora? - mormorò Carlos ipnotizzato dal suo corpo e dall’acqua che si portava via la schiuma dal suo corpo. La sua erezione iniziava a gonfiarsi sotto il suo sguardo ora davvero carico di intenzioni.
- E tu la smetterai con le pessime battute? - chiese piano Jannik chiudendo il rubinetto dell’acqua avendo finito la doccia. Carlos si allungò entrando per riaprirlo, nel farlo sfiorò il suo corpo, lasciando che le braccia toccassero il suo torace. Jannik saltò istintivamente spingendosi contro una delle parti laterali del box, come ustionato da lui. Lo guardò strabuzzando gli occhi, non capendo che diavolo stesse facendo.
Carlos però sorrise malizioso, gli prese l’asciugamano che aveva appeso sulla porta, e glielo premette contro mettendoci al suo posto il proprio.
- Su te che mi guardi la bocca come se volessi violentarla o sui tuoi capelli? - chiese malizioso mettendosi abilmente al suo posto per farsi lui la doccia. Jannik ormai bordeaux scivolò veloce via da lì, uscendo rigido e teso.
- Entrambe. - brontolò avvolgendosi il telo addosso nel disperato tentativo di coprire quel danno che ormai si notava fin troppo bene fra le gambe. Si era eccitato, ma anche a lui era successo. Se solo avesse abbassato lo sguardo, se solo avesse osato, l’avrebbe visto com’era duro e alto.
Carlos si infilò sotto la doccia sciacquandosi con lui che rimaneva al suo posto a fissarlo tenendo la porta aperta.
Voleva tenerlo lì e capendo che aspettava una risposta alla loro conversazione bizzarra, finse di pensarci. Voleva solo che stesse lì a fissarlo in quel modo e a divorarlo, ma Jannik che aveva l’aria di stare per entrare davvero nel box e saltargli addosso, lo richiamò rimproverandolo, riprendendosi i suoi famosi nervi d’acciaio invidiabili.
- Carlos!
A quel punto lo spagnolo decise di lasciarlo andare e dargli un po’ di tregua.
- Sì sì va bene! Niente battute su bocca e capelli! - ribadì riuscendo per miracolo a mantenere il filo del loro assurdo dialogo.
Jannik sospirò annuendo e decidendo di andare oltre, lasciò che la porta finalmente si chiudesse.
Tuttavia non potendo permettere che l’archiviasse facilmente, cosa che dubitava sarebbe successa, si sporse oltre il box di nuovo e gridò:
- Ma su tu che arrossisci posso fare le battute?
Al suo dito medio, Carlos rise orgoglioso e soddisfatto.
Era appena iniziato qualcosa di bello e molto, ma molto interessante.
Pensare, riflettere e capire non faceva per lui, ma non serviva per quel genere di cose.
Buttarsi alla fine premiava sempre, era questa la sua filosofia di vita.