NOTE: nuova fic nella serie sincaraz ‘Bocca e capelli’. Ambientata in Davis cup 2023, quando l’Italia ha vinto contro l’Australia a Malaga. Alla finale c’era anche Matteo Berrettini anche se non poteva giocare perché infortunato. È stato lì a supporto ed ha festeggiato con loro. Dopo la vittoria, c’è stato quel bell’abbraccio fra lui e Jannik di cui ho messo foto. La cosa mi aveva colpito e da lì in poi ho iniziato un pochino a shipparli notando una certa predilezione uno per l’altro nel corso del tempo, anche se resto una fan del sincaraz. In questa pagina ho raccolto tutto il materiale ‘sinnettini’ che ha attirato la mia attenzione.
Non pensavo di scrivere nulla, ma ad un certo punto mi è partita l’idea e così ho scritto questa fic che ho diviso in 2 parti. 
Per quanto io mi sia informata (tipo il posto in cui hanno giocato), ho usato la mia immaginazione per quel che non mi era dato sapere. Suppongo che dopo la premiazione abbiano continuato a festeggiare tantissimo negli spogliatoi. Onestamente mi sono un po’ rifatta ai festeggiamenti di Laver Cup sempre ben documentati. 
Comunque Carlos c’è. E la fic è sincaraz, anche se Matteo ha un ruolo. 
Tradurrò in inglese anche questa, ma con la mia solita calma. 
Qua c’è la mia pagina per sapere cosa scrivo e quando pubblico. 
Buona lettura. Baci Akane
CREDITS: I personaggi (in questo caso Sinner, Alcaraz e Berrettini) non sono miei ma di loro stessi poiché reali, tutto ciò che scrivo io è inventato tranne i fatti e dati più concreti. Non so niente delle tendenze sessuali né di Jannik, né di Carlos, né di Matteo, quel che scrivo è per puro divertimento personale e non è reale.

QUALCOS’ALTRO 

1. COM’ERA INIZIATA

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Prima di Carlos, c’era stato Matteo, per Jannik. 
La sua prima reale passione sessuale era stata Matteo che però non essendosi mai concretizzata, era rimasta una sorta di fantasia fine a sé stessa. 

Non era stato colui che gli aveva fatto capire di avere istinti omosessuali, ma era sicuramente stato il primo che gli era piaciuto realmente. 
Il dubbio di essere come minimo bisessuale l’aveva avuto in piena adolescenza. Dopo diversi tormenti, era riuscito a chiarire con sé stesso il proprio genere facendo delle innocenti prove nel modo più normale che ci fosse. 
Aveva iniziato ad eccitarsi guardando dei compagni fino a fantasticare di fare qualcosa con loro, in seguito guardandosi intorno aveva individuato qualcuno che fosse già dichiarato in quel senso e gli si era avvicinato per puri ‘scopi scientifici’. 
Il ragazzo ci era stato ed in quella prova Jannik aveva scoperto che faceva parte di quel mondo.
Poi per curiosità aveva fatto la stessa prova con una ragazza e vedendo che andava benissimo anche con lei e che per lui era assolutamente uguale, aveva realizzato con buona pace interiore di essere bisessuale. 
Forse era ‘qualcos’altro’, ma non essendosi mai interessato al mondo queer né alle varie definizioni, che ad un certo punto avevano iniziato ad essere decisamente troppe, a lui era bastato sapere che gli andavano bene tutti. 
In seguito si era comunque concentrato sul tennis, togliendosi qualche sfizio sessuale con uno o l’altro genere. Giusto perché non era un prete e come tutti i ragazzi giovani, avevano quel tipo di necessità puramente fisica. Gli ormoni si accendevano a lui come a chiunque altro, in determinati contesti.
Tuttavia ad averlo realmente attivato in quel senso era stato Matteo Berrettini. Indirettamente, naturalmente, però era successo. 
Il suo primo serio interesse. Una sorta di sogno proibito quasi irraggiungibile portato non tanto dal fatto che per molto le loro strade non si erano effettivamente incrociate e se era successo era passato quasi in sordina. Piuttosto perché quando avevano iniziato ad avere a che fare uno con l’altro in modo più frequente, capitando magari negli stessi tornei, Matteo era stato gentile, ma non aveva mai dimostrato alcun interesse in quel senso nei suoi confronti.
Era anche sempre fidanzato con donne bellissime e non avendo mai dato cenni omosessuali, Jannik non si era mai sbilanciato. 
Non si era mai considerato un ragazzo né carino, né interessante; non si era mai dato pena per il proprio aspetto o per migliorarsi il più possibile da quel punto di vista, la sola cosa a cui aveva sempre tenuto un sacco erano i suoi capelli. Essendo ricci e rossi, era stato parecchio bullizzato da piccolo, ma aveva imparato ad ignorare quel genere di stupidi idioti ed era andato avanti per la sua strada. 
Sapeva che non c’era niente di male nell’essere rossi e a lui piacevano i propri capelli. La sola cosa di sé che effettivamente gli piacesse.
Odiava che qualcuno li toccasse o ne parlasse, specie se per fare battute, ma al di là di questo non si guardava allo specchio per ore cercando di apparire più splendido che mai. 
Pensava di non poterlo essere, ma in ogni caso non gli importava proprio. 
Perciò Matteo era sempre stato questo: il suo sogno erotico proibito e basta. 
Solo quando era riuscito a decollare nel tennis e aveva avuto via via sempre più soddisfazioni, nella sua vita era prepotentemente entrato Carlos. Lui in qualche modo aveva fatto partire una sorta di reazione a catena, nella sua vita privata. 
Fra loro era iniziata per caso e poi si era sviluppata in modo totalmente naturale e spontanea, cominciando quella relazione da letto.
Amici con benefici.
Sesso senza impegno, divertimento, insomma.
Tuttavia anche se non era stato il primo ragazzo con cui era andato, era il primo con cui stava ancora e ci stava anche bene. 
Non erano fidanzati, se l’erano detto chiaramente, ma erano comunque ‘qualcosa’.
Se non altro un appuntamento fisso di tutte le volte che potevano; quando non potevano, Carlos trovava spesso un modo fantasioso ed alternativo per divertirsi con lui anche a distanza.
Da quando avevano iniziato quella relazione di mutuo beneficio, Jannik era come fiorito anche al di fuori del tennis.
Era divertente e allegro anche se non espansivo ed eccessivo, però si era sciolto notevolmente con gli altri e questo l’aveva fatto sbocciare. 
Era più luminoso e padrone di una bellezza personale. Come se fosse un centro di gravità.
Questo venne di molto accentuato col suo successo a tennis nella stagione del 2023 al termine della quale la nazionale italiana, quella di Jannik, aveva addirittura vinto la Coppa Davis. 
Una settimana prima di alzare quella coppa, aveva quasi alzato quella delle ATP Finals. Insomma, splendendo più che mai a tennis e ritrovandosi più sciolto anche senza una racchetta in mano, era diventato uno di quei pianeti pieni di satelliti che gli gravitavano intorno.
E gliene gravitavano davvero molti intorno, senza che se ne rendesse minimamente conto. 

Lui no, ma ben Carlos li notava.
Tutti. 
Tuttavia non stando insieme non poteva avanzare pretese su di lui.
O meglio, non avrebbe potuto a livello teorico, ma essendo lui Carlos Alcaraz le cose erano ben diverse.
Principalmente perché era spagnolo e quello bastava da solo a giustificarlo, poi ci si metteva il suo carattere che era più simile a quello di un uragano che ad un essere umano normale. 
In poche parole agiva sempre senza pensare, non ne era capace. Non lo faceva né prima, né durante, né dopo.
Perciò sì, non stavano insieme, ma lui era geloso lo stesso e tutte le volte che lo era, lo esprimeva saltando letteralmente addosso a Jannik. Con o senza il suo consenso, che dipendeva molto dal momento tennistico specifico in cui erano.
Se erano in prossimità di una partita, Jannik si chiudeva a chiave e si sigillava in modo da impedirgli di raggiungerlo, diversamente era abbastanza disponibile. 
Era stato Carlos, infatti, ad accorgersi di Matteo. 
Non che a Jannik piaceva. Di questo non si era minimamente preoccupato, sicuro com’era di sé e del fatto che si portasse a letto solo lui. Ergo, se si portava a letto solo lui, non gli piaceva nessun altro.
Non era una mancanza di attenzione nei confronti dell’altro, ma solo eccesso di sicurezza. 
Jannik comunque non gli aveva mai fatto mancare nulla, né gli aveva fatto pensare niente di particolare.
Era criptico, era sempre stata una delle sue caratteristiche principali. Se non voleva far capire come stava o cosa pensava, non c’era verso. 
Era il re dei nervi, così lo chiamava fra sé e sé. 
Carlos si era accorto infatti che Jannik piaceva a Matteo.
Gli era successo guardando le scene post vittoria in Coppa Davis alla quale aveva presenziato Matteo come speciale supporter, non potendo partecipare da giocatore per via dell’infortunio da cui non era guarito. 
Carlos aveva guardato ed aveva visto. E capito.
Gli ci era voluto poco, veramente poco, per realizzare che a Matteo, Jannik piaceva molto e non come amico o compagno di squadra. 
“Eh no, mio caro, sarò scemo in tante cose, ma su queste sono un asso!”  esclamò parlando a sé stesso come se fosse una conversazione di senso compiuto.
La stessa che riprodusse a Jannik senza filtri e tanto meno aspettare la fine dei festeggiamenti.
‘Vedi di non divertirti troppo stanotte e tenere qualcosa per me quando torni!’
Carlos aveva una sorpresa in serbo per Jannik, ma non sapendo se avrebbe vinto o perso, aveva cercato di tenergliela nascosta e per miracolo ci era riuscito. 
‘Figurati, sai che io non amo molto le feste... finirò come sempre ad essere l’unico sobrio in mezzo ad un mare di gente ubriaca persa!’
Fu la risposta di Jannik data appena la cerimonia di premiazione era finita. Probabilmente si stavano facendo la doccia con lo champagne come di consueto. 
Carlos si stava immaginando tutto quello che nessun media poteva mostrargli. 
‘Ma non mi dire!’ scrisse chiaramente ironico. La sua ironia era in realtà indirizzata al fatto che essendo l’unico sobrio sarebbe stato riempito di maniaci che ci avrebbero provato con lui e mentre gli scriveva, non pensava minimamente che non era il suo ragazzo e che non poteva dirgli cose simili.
Per sua fortuna Jannik non riuscì a leggere così tante cose dietro la sua ironia e fece solo degli smile che ridevano. 
Lo prendeva spesso in giro per il fatto che non fosse amante delle feste e del bere, specialmente durante i tornei, ma dopo una splendida ed importante vittoria si concedeva qualcosa persino lui.
‘Magari mi prenderò qualche caipiroska alla fragola!’ Scherzò Jannik.
Carlos per poco non gettò il telefono contro la parete. Per miracolo non lo fece. 
‘Senza di me non puoi!’ 
A questo ci aggiunse una faccetta con le guance gonfie ed offesa. Jannik ne fece altre che ridevano. 
‘Ma mi sa che fai bene a non bere, almeno potrai capire quando ti saltano addosso!’
Non era interessato a filtrare la sua gelosia, gliela voleva proprio rendere nota. 
La risposta di Jannik, che probabilmente avveniva mentre gli altri stavano ancora bevendo, saltando e gridando di gioia, non si fece attendere. 
‘E che dovrei fare una volta che lo capisco?’
Carlos gonfiò le guance proprio come lo smile che gli aveva inviato prima.
Lo sapeva bene cosa doveva fare, perché lo stuzzicava apposta? 
‘Lo sai bene!’
‘Beh, se è qualcuno di carino ci posso anche stare. All’alcool preferisco il sesso, lo sai!’
Carlos finì per mordersi la bocca che per poco non sanguinò, saltò con le gambe incrociate sul letto e fissò con sguardo indispettito il display del telefono. La sua chat con una foto loro abbracciati che ridevano solo sfondo. 
- Maledetto! - imprecò ad alta voce. 
‘Ci sono io per quello!’
‘Ma tu sei su qualche spiaggia o yacht in vacanza dall’altra parte del mondo!’
Carlos era contento che invece di farsi montare da qualche maniaco della sua squadra scrivesse con lui, ma si stava stizzendo profondamente. 
Come poteva fargli una sorpresa se quello faceva lo scemo? 
Sbuffò alzando gli occhi al cielo e si ritrovò con una stilettata al cervello dovuta al suo tentativo di usarlo. Non sapeva se rovinargli la sorpresa e dirgli subito che lo aspettava in un hotel di Malaga oppure resistere.
Originariamente il piano era stato lasciarlo festeggiare per poi farsi dire quando se ne stava per tornare in albergo. a quel punto gli avrebbe dato il proprio indirizzo con numero di camera. 
Ma così come poteva aspettare? 
‘Sono su un hotel sulla spiaggia, in effetti’ disse allora. Era vero, di fatto non mentiva.
‘Divertiti, adesso vado a farlo anche io!’
Carlos spalancò gli occhi e saltò in piedi direttamente sul materasso, col cuore in gola e la gelosia a livelli pro. 
‘Vedi che ti aspetto in camera, brutto idiota!’ 
Va bene, non sapeva fare le sorprese!
A questo punto, mentre stava diventando scemo col correttore automatico per scrivergli l’hotel e la camera che dovette riscrivere ben tre volte, Jannik gli rispose senza capire. 
‘Che diavolo dici, adesso vado a festeggiare coi ragazzi e poi andrò dai miei e finalmente scappo in vacanza!’
Carlos non sapeva cosa si fosse immaginato Jannik con quella risposta, ma alla fine riuscì a mandargli il nome dell’hotel giusto.
Per lui quello era sufficiente. Chiaro ed esplicito. 
Insomma, quell’hotel era a Malaga, perciò era ovvio cosa significava. 
Ma al ‘????’ di Jannik, Carlos si mise a saltellare per evitare di correre in strada e cercare il palazzetto dove avevano giocato quella dannata finale di Davis Cup. 
‘È un hotel a Malaga!’ Poi aggiunse: ‘Quasi sulla spiaggia!’ ed infine: ‘Ti aspetto quando finisci coi tuoi festeggiamenti, vedi di tenerti per me che ti devo dare il mio premio!’ 
A questo gli spedì la foto del suo sedere fatto dopo svariati scatti nell’attesa che la finale si concludesse. 
‘Caprone!’ chiuse con l’insulto perché riteneva ci stesse bene. Come faceva a fare il finto tonto? Era ovvio che lo aspettava a Malaga!
Jannik attese un po’ prima di rispondere, forse di capire se avesse finito di scrivere e aggiungere cose. Vedendo che non gli mandava più niente, gli rispose: ‘Sei matto!’ con le faccine che ridevano.
Tutto lì.
Carlos a quella reazione stitica crollò steso sul letto sentendosi come scaricato. Non lo era, ma quella mancanza di entusiasmo lo stava facendo a pezzi. Come osava? Lui aveva modificato le sue ferie in base a Jannik e quello osava dirgli solo un normalissimo ‘sei matto’?
“Sì, di te!” pensò guardandosi bene dal dirlo. 
Quello evitò di scriverlo capendo che forse stava già preferendo il bel Matteo. 
Alto, bello, fisico atletico, sorriso smagliante. 
Non sapeva se gli fosse mai piaciuto, non ne aveva idea, ma sapeva che a Matteo piaceva Jannik. Ne era certo come il giorno e la notte. 
‘Divertiti, io ti aspetto. Non mancare! Sono qua solo per te!’
“Forse troppo?” si chiese. Ormai era tardi. Glielo aveva scritto. 
‘Non dovevi, non serviva. Ci vedevamo a dicembre alla tua accademia per quell’evento.’
Carlos premette la faccia sul cuscino ed urlò sentendo i nervi tirare su tutto il corpo fino ad ucciderlo. 
Come poteva essere così poco entusiasta e felice della sua sorpresa? 
Perché non stava saltando di gioia? Non che potesse vederlo, magari saltava di gioia, ma non per lui. 
Era là con altra gente, altri compagni. Sapeva d’aver sbagliato, ma come sempre non ci aveva pensato. Adesso l’avrebbe obbligato a modificare i suoi piani per stare un po’ con lui. 
‘Non voglio importi i miei piani, fai come vuoi. Sappi che sono qua. Buona serata’. 
Dopo averglielo scritto si rese conto che era un’altra delle cose che non doveva dire e cercò di cancellare, ma vedendo che ormai Jannik stava già rispondendo, imprecò sentendosi uno stupido. 
“Siamo solo due... com’è che si dice in italiano? Me l’aveva detto, aspetta... ah sì, scopamici! Siamo solo due che scopano! Perché mi comporto da fidanzato? Magari voleva trombare con Matteo! Io ci tromberei con Matteo se non volessi già trombare con Jannik! Fanculo Carlitos! Sei un idiota!”
Fece tutto da solo fino a che Jannik finalmente gli rispose: ‘Ma certo che vengo, solo che devo riorganizzarmi. Ma non sono problemi! Perché ti arrabbi?’ 
‘Non sono arrabbiato!’
Carlos si rendeva conto di fare il bambino e di confermare così che era arrabbiato, ma per la verità non lo era.
Era deluso. Gli bruciava quella sua mancanza di entusiasmo. Perché non aveva dimostrato in qualche modo più gioia nel sapere che era lì?
Era una sorpresa, era ovvio che le sorprese facessero saltare i piani, che male c’era? In fondo adesso non aveva più impegni di tennis, finalmente.
‘Sì che lo sei! E non capisco perché! Non ti ho detto di andartene, solo che non serviva ritardare le tue ferie per me!’ 
Jannik era sempre politicamente corretto ed anche molto composto persino per telefono. Solo lui a volte riusciva a farlo uscire dalle righe, ma solo per fare sesso. Non avevano nemmeno mai realmente litigato. 
Carlos sospirò e scosse il capo sentendosi depresso all’idea di aver interpretato male il loro rapporto. O meglio. Di essersi già preso da lui quando lui evidentemente era fermo al ‘solo sesso’ di prima. 
Non sapeva nemmeno che fosse successo, se ne era appena reso conto nel peggiore dei modi, davanti a quella mancanza di entusiasmo bruciante e cocente. 
‘Senti, non voglio rovinarti la festa. Va da Matteo, sicuramente è lì che aspetta di saltarti addosso! Divertiti!’
Con questo mise il telefono a faccia in giù e lo mise sotto il cuscino. Avrebbe dovuto chiuderlo, ma non ci riusciva. 
Però si alzò, prese la giacca ed andò fuori sul terrazzo della camera, una volta lì si sedette sulla sdraia avvolgendosi nel piumino. 
Era inverno ed anche se erano in Spagna, faceva comunque freddo. Specie per i suoi canoni.
Aveva veramente modificato i propri piani di ferie per lui passando una settimana a Malaga e privandosi di uno splendido giro in yacht. E solo per lui. Perché sapeva che ce l’avrebbe fatta a vincere. 
Che idiota che era.
Come aveva fatto ad innamorarsi?
Come diavolo ci era riuscito?
Ed ora? Ora aveva appena rivelato tutto prima ancora di saperlo lui stesso e non solo, aveva anche rovinato tutto. 
“Un completo imbecille!”

Jannik guardò il suo messaggio strabuzzando gli occhi. Aveva bevuto un po’ di champagne nei festeggiamenti, era inevitabile. Oltretutto l’aria era letteralmente pregna di fumi alcolici per gli schizzi sparati ovunque e su chiunque. Era impossibile non essere un pochino brilli, ma non lo era al punto da non capire cosa leggeva. 
“Vai da Matteo in che senso? Aspetta di saltarmi addosso come?”
Ovviamente Jannik era intelligente e sapeva in che senso, ma era totalmente shoccato all’idea che Carlos avesse visto qualcosa a distanza che perfino a lui era sfuggita. 
Istintivamente prima di rispondergli sollevò la testa a guardarlo e non riuscì nemmeno a individuarlo che il soggetto dei suoi pensieri si palesò e si sedette accanto circondandogli la testa col braccio per infilargli la bottiglia in bocca. 
Prima di poter pensare o capire, liquido fresco e frizzantino stava scivolando in gola. 
- Che cos’è quella faccia seria? Dai Jan! Adesso ci si diverte! Metti via il telefono! 
Jannik non ebbe scelta che bere, poi guardò il telefono convinto d’aver letto male, magari dopo aver bevuto riusciva a vederci meglio. Ovviamente successe l’inverso e invece di leggere ‘sicuramente è lì che aspetta di saltarti addosso’, lesse solo ‘è lì che ti salta addosso!’
Avvampando si ricordò in un istante di quante fantasie erotiche aveva avuto proprio sul tizio che gli stava stringendo il collo col braccio e gli stava appiccicato.
“Ma che diavolo è successo? Sono finito nel Multiverso ed in questa realtà io e lui stiamo insieme?” poi però si ricordò di come era partita la questione e tornò a guardare di nuovo il telefono, ma non per leggere la chat, bensì per guardare il nome della persona con cui stava parlando. 
‘Carlitos’. 
Ok, era lui quello che si scopava, non Matteo. E allora perché gli stava vicino e sembrava che effettivamente cercasse di portarselo in qualche stanzino vuoto? 
“No no sono ubriaco. Non bevo molto e quando lo faccio non reggo! Dov’è che mi ha detto di andare Carlitos?”
Jannik era molto confuso. Stava per tornare a leggere per l’ennesima volta il telefono, quando Matteo glielo prese e se lo mise nella tasca posteriore dei pantaloni. Poi si alzò e ridendo gli prese la mano e lo trascinò in piedi buttandolo in mezzo ai cori che ancora irrompevano negli spogliatoi. 
“Matteo che vuole provarci con me. Da dove gli è uscita? Quello là è più ubriaco di me!”
Per fortuna saltando un po’ smaltì la botta improvvisa di alcool che gli aveva dato velocemente al cervello confondendolo e fu sufficientemente abile da evitare di bere ancora. 
Mano a mano che andava avanti, si sentiva più lucido, purtroppo agli altri compagni di nazionale succedeva esattamente l’opposto. Erano sempre più ubriachi. 
Così tanto che quando si decisero a vestirsi per andare via di lì, Jannik capì che per riprendersi il telefono avrebbe dovuto toccare il culo di Matteo, perché era lì che se lo era messo. 
Davanti a quel piccolo non trascurabile ostacolo, tornò a ricordare quante seghe si era sparato fantasticando su loro due insieme. 
Era stato la sua fissa fino a poco tempo fa, giusto prima dell’arrivo di Carlos nella sua vita.
Carlos che ora era arrabbiato per qualcosa che non capiva bene.
Forse era geloso, ma doveva rileggere bene la chat per capire cosa l’avesse fatto scattare. 
Gli dispiaceva, ovviamente, e non voleva che stesse chiuso in camera col broncio e l’aria depressa per colpa sua. Per un equivoco. 
Non stava con Matteo, non sarebbe mai successo. E comunque non è che dovesse proprio renderne conto a Carlos. 
Si erano detti a scanso di equivoci ‘amicizia con benefici’. Insomma, sesso senza impegno. Che ‘senza impegno’ era se doveva evitare di farlo ingelosire?
“Ma non sarà geloso. Forse pensava che non lo volessi qui!” pensò mentre inseguiva il culo di Matteo per riprendersi il telefono. Quello che continuava a bere e saltare cantando da bravo romano. 
“Se solo riuscissi a rileggere cosa ci siamo scritti...” 
Era addirittura indispettito, quando riuscì a raggiungere le natiche del suo compagno di nazionale, ma mise il dito nella tasca posteriore sbagliata e trovando solo la sua morbida curva, finì veramente per palpargli il sedere. 
- Mapporca... - imprecò a denti stretti.
A quello Matteo si voltò e con il gesto si portò dietro la sua mano che rimase incastrata nella tasca. Il suo viso improvvisamente si ritrovò a pochi centimetri da quello del suo ex sogno erotico proibito e lì, in mezzo ad un casino che sembrava destinato a durare per sempre, fu come se il tempo si fermasse.