4. SENTIMENTI

sincaraz

Il mattino successivo Carlos vedeva i sorci verdi quando muoveva il braccio e la fantasia che usava nell’imprecare in spagnolo ad ogni manipolazione di Juanjo era sempre più fervida. 
- Sicuro che vuoi provare lo stesso? Faresti meglio a ritirarti... - disse il fisioterapista dopo un’altra manipolazione mattutina del braccio che ormai lo stava facendo impazzire. Carlos era seduto sul letto ed una volta che Juanjo ebbe finito, annuì deciso. 
- Sì, non forzerò troppo. Giocherò come ho fatto per tutto il torneo, risparmiando certi colpi e certi movimenti. Se sarà sufficiente e vincerò lo stesso, bene, altrimenti pazienza! Ma non mi ritiro. Tanto oggi gioco contro Andrej e dubito che in queste condizioni lo batterò, perciò alla fine il mio torneo finirà oggi comunque.
Era un discorso abbastanza sensato ed accettabile, il livello di dolore sembrava ancora sopportabile anche se c’era innegabilmente. Oltretutto lui aveva una buona soglia ma non era un suicida fanatico che giocava a tutti i costi, ci teneva al tennis però ancor di più alla sua salute. Carlos aveva per la verità il terrore di infortunarsi seriamente e stare fermo mesi come aveva fatto Rafa nell’arco di tutta la sua carriera tribolando non poco con il suo fisico. Perciò Juanjo sapeva che non ci sarebbero stati rischi in quel senso e che se Carlos pensava di poter giocare senza correre rischi, sicuramente era vero. 
Il fisioterapista annuì dopo averlo aiutato a rimettersi il tutore bianco al braccio destro. 
- Prometti che non ti sforzerai? - si raccomandò ancora. Carlos annuì recuperando la maglietta che si era tolto per il massaggio post colazione e fu lì che qualcuno bussò alla porta della sua camera. Juanjo andò ad aprire al suo posto e quando si ritrovò il viso di Giacomo Naldi, il fisioterapista di Jannik, rimase per un attimo fermo in una sorta di deja-vu di qualche giorno prima quando si era incontrato con lui nella sala massaggi del centro sportivo. 
Carlos alzò la testa per vedere chi era mentre si infilava la maglietta e appena vide che era lui, impallidì immediatamente come se un radar gli si attivasse. 
- Che è successo a Jannik? - chiese subito con ansia. 
Il suo viso era come sempre molto espressivo e Juanjo si stupì in quella reazione così poco da semplice amico. Era quasi una reazione da fidanzato ma per quel pensiero assurdo si diede dell’idiota e ci rise su fra sé e sé.
- Vuole giocare lo stesso, oggi, ma sono fermamente convinto che se lo fa si farà seriamente del male. 
Giacomo aveva lanciato una breve occhiata incerta a Juanjo prima di decidere se parlare ugualmente liberamente, poi l’aveva fatto lo stesso fissando direttamente Carlos come se fossero da soli e sapessero solo loro perché dare un’informazione simile proprio a lui. La preoccupazione era palpabile ma non solo nel professionista appena entrato, bensì anche nel ragazzo scattato in piedi come una molla, ora rivestito del tutto. 
Juanjo non fece in tempo a focalizzarsi bene su Carlos che venne spinto in parte come se una folata di vento violenta fosse appena entrata da una finestra aperta. 
Prima di capire che cosa era successo, si ritrovò da solo in camera con un perplesso Giacomo a fissare l’uscio da cui lo Spagnolo era appena sparito alla velocità della luce.

Juanjo non sapeva di loro, cosa gli veniva in mente di reagire così? Era questo che si diceva fra sé e sé Carlos mentre realizzava che stava correndo a rotta di collo per il corridoi dell’hotel. 
“Un momento, che diavolo sto facendo?” si chiese sconcertato sia del proprio stato ma più ancora di aver agito senza nemmeno rendersene conto.
Solo una volta davanti alla porta di Jannik comprese che si era forse appena sputtanato con Juanjo. Prima di bussare, la domanda razionale affiorò nel proprio cervello preda del caos: “E adesso che faccio? Glielo dovrò spiegare o farò finta di nulla?”
Ma non andò oltre quell’istante poiché appena bussò alla porta come per buttarla giù, la sua mente fu di nuovo totalmente concentrata sul suo ragazzo col quale sì aveva litigato, ma non si erano di certo lasciati né aveva realmente intenzione di farlo. 
Quando Jannik gli aprì era seccato dal casino che faceva e appena vide che era lui si impietrì facendo istintivamente mezzo passo indietro. Prima che chiunque potesse vederli, Carlos era dentro sbattendosi la porta alle spalle. 
- Tu adesso annunci che ti ritiri dal torneo! - esclamò puntandolo col dito nella sua tipica mossa da arrabbiato dopo essere entrato ed essersi piazzato in mezzo alla camera a fissarlo battagliero. 
Jannik rimase fermo in disparte a guardarlo spaesato, probabilmente non capiva come facesse a sapere le sue condizioni e soprattutto le intenzioni di giocare ugualmente, anche se ci mise comunque poco a trovare da solo la logica soluzione e cioè Giacomo. Carlos glielo lesse negli occhi, ma rabbia ed ansia tornarono a prevalere insieme alla preoccupazione dirompente stile fiume in piena. 
- Solo io posso dire se posso giocare! - osò rispondere distaccato, rimanendo in piedi ma appoggiato alla gamba sana. Gli occhi gelidamente puntati suoi suoi, il volto indurito come se fosse arrabbiato lui, ora. Come osava esserlo? Era lui quello che aveva subito un torto e nonostante quello ora era lì a preoccuparsi per lui e dimostrargli stupidamente quanto ci teneva ed anche se sapeva che era patetico da parte sua, non poteva farne a meno.
Mosse un passo verso di lui e lo fissò furente, gli occhi fiammeggianti, il volto estremamente espressivo come sempre, tutto il suo opposto. 
- Ed il tuo fisioterapista che guarda caso sostiene che finirai per farti più male se giochi! - lasciò un istante per fargli capire che era inutile sparare stronzate con lui e vedendo che non ci provava più a rifilargliene, Carlos riprese deciso puntando ora il famoso dito per terra. 
- Adesso ti ritiri e poi vai a curarti come si deve! Non si diventa numeri uno così, solo meteore! 
Non sapeva come gli era uscita, ma doveva ammettere che era semplicemente geniale. Si complimentò da solo con sé stesso e quando lo guardò negli occhi per capire la sua reazione, vide Jannik finalmente colpito e meno gelido di prima. 
- Perché ti interessa tanto improvvisamente? Pensavo ce l’avessi con me, che dovessi penare per farmi perdonare. - Jannik poi decise per un altro approccio e incrociando le braccia al petto gli rimase davanti, ma questa volta con aria provocatoria. 
Carlos piegò le labbra all’ingiù incredulo che gli facesse quella domanda sciocca, infatti con aria ovvia rispose: - Perché ci tengo a te, idiota! A prescindere da quanto mi hai fatto incazzare. - per fortuna non gli era uscito che l’amava. Per un momento aveva temuto che la propria bocca lo tradisse, ma alla fine era andata bene. 
Contento di sé stesso strinse le braccia al petto e sollevò il mento.
- Mi fai il favore di ritirarti? - chiese perentorio. 
Jannik per un momento valutò attentamente la risposta e Carlos capì che stava pensando se ricattarlo per ottenere il suo perdono, ma alla fine decise di non giocarsela così. Non sarebbe comunque stato da lui. 
- Vuoi che ti spiani la strada per la vittoria? - non stava scherzando per sdrammatizzare, era più un tentativo di non litigare ancora. Probabilmente non ne poteva più e voleva solo fare pace, ma aveva capito che non sarebbe stato tanto facile anche se ora era lì a preoccuparsi per lui. 
- Ah, non credere che andrò tanto lontano con questo braccio. Non intendo forzare il mio gioco ed oggi sarò contro Andrej. 
A quel nome Jannik ebbe un brevissimo guizzo dei suoi e Carlos un’intuizione veloce. 
Andrej c’entrava qualcosa, ma non afferrò di cosa si trattava. Tuttavia capendo che stava considerando l’idea di ritirarsi e che lo stava in qualche modo facendo ragionare, Carlos abbassò il tono e le braccia diventando meno sostenuto e aggressivo.
- Allora? Lascerai perdere? - disse con più dolcezza di quel che avrebbe voluto. 
A quel tono Jannik sospirò ed annuì arrendendosi, guardando in alto esasperato. Volevano chiaramente entrambi abbracciasi e fare pace, ma Carlos non era ancora pronto e anche se in realtà lo voleva con tutto sé stesso, rimase lì fermo infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni della tuta. 
Non poteva dimenticare le proprie lacrime di due notti prima e non poteva dimenticare come si era sentito nel sapere che lui era solo uno dei tanti programmi di Jannik e niente di più. 
Gli piaceva fare sesso con lui e stavano bene ed era addirittura riuscito a pensare che l’amasse anche lui, ma era ovvio non era così. Non gli aveva parlato prima di una cosa così importante come quella finta relazione che voleva mettere in piedi. Come poteva dimenticare che in fin dei conti non era nulla di speciale per lui, non come lo era per Carlos? 
- Charly, non è come pensi tu. - a quel nome a tradimento Carlos rimase di sasso e la sua mente si svuotò. Spalancò spontaneo gli occhi totalmente perso ed in blackout. 
Non l’aveva mai chiamato così ed ora il suo tono era così implorante. Così dolce. Così umano. 
- Cosa? - chiese smarrito. Jannik fece un altro passo verso di lui, zoppicando, ma non lo toccò per non farlo scappare. 
- Non volevo ferirti con questa cosa di Anna, ma lo faccio per noi due. Per poter vivere più serenamente la nostra relazione. 
Carlos si morse il labbro sentendosi di nuovo con lo stesso pugno allo stomaco di due sere fa, gli occhi bruciare e di nuovo la furia ed il dolore ad invaderlo. 
Scosse lievemente il capo.
- Non è la relazione con lei in sé, Jan. - fece poi piano e roco cercando di non piangergli davanti in modo pietoso. - È che mi hai escluso. Hai deciso tutto da solo come se io fossi solo uno dei tuoi tanti programmi e niente di più. Niente di speciale. Sono lì fra una partita di tennis ed una ragazza finta. 
Sperando di essersi spiegato meglio, questa volta, lo guardò negli occhi un’ultima volta, poi scosse il capo e si voltò prima di scoppiare a piangere. 
- Riguardati e curati, non fare l’eroe che sei destinato alla grandezza, non all’autodistruzione. 
Con questa frase ad effetto se ne andò stringendo gli occhi nella speranza di ricacciare le lacrime che stavano di nuovo minacciando di uscire.
Probabilmente avrebbero ripreso a fare sesso, perché piaceva ad entrambi ed era la loro dimensione. La dimensione della loro relazione che però non poteva progredire anche se lui in realtà era innamorato alla follia perché non era ricambiato. 
Però prima di riprendere come niente fosse gli ci voleva un po’. 
- Allora? - la voce tesa ed ansiosa di Giacomo lo richiamò da dietro, Carlos saltò di colpo fissandolo come un gatto spaventato. Lo vide lì appoggiato accanto alla porta da cui era appena uscito e per un momento pensò avesse sentito tutto, poi si ricordò che sapeva comunque ogni cosa e se c’era qualcuno che poteva anche sapere i fatti loro, era proprio lui. Si sentì meglio all’idea che al mondo almeno qualcuno di cui fidarsi ci fosse. 
- Si ritirerà. - rispose semplicemente con mezzo sorriso fiacco. 
- Grazie! - Giacomo fece un’aria felice e sollevata per poi farsi apprensivo nel guardarlo meglio. - Tutto bene? - aggiunse stranito. 
Carlos sorrise male, davvero male. Se ne rese conto mentre faceva nemmeno una pallida imitazione del suo solito sorriso che piaceva sempre a tutti, ma dalla domanda capì che non aveva realmente sentito nulla ed un po’ gli dispiacque. Non avrebbe potuto chiedergli un confortevole parere. Ma poi quale sarebbe mai potuto essere? 
‘Pensi che Jannik mi ami?’
Era così evidente che non era così. 
- Sì. Spero ci rivediamo a Roma. - lo salutò infine voltandogli le spalle ed andandosene mentre i sentimenti presero per l’ennesima volta il sopravvento. Doveva fare qualcosa o sarebbe annegato, altro che giocare, si disse mentre realizzava che dopo avrebbe giocato contro Andrej, ma mentre lo faceva un’altra consapevolezza si affacciò quasi con sollievo. 
Lui era un altro dei pochi al mondo che sapeva di lui e Jannik e magari un piccolo sfogo con lui l’avrebbe potuto tirare fuori, a fine partita. 

In parte fu il pensiero fisso di Jannik e di quella sofferenza di nuovo acuita come fosse fresca di giornata e non ‘vecchia’ di due giorni. 
In parte fu il fatto che giocava con il freno a mano e senza spingere e questo, come da lui previsto, non fu sufficiente per battere Andrej. 
Tuttavia a fine partita, una volta che ebbe perso, Carlos se ne andò prima dal campo come di consueto e invece di sbrigarsi a lavarsi, cambiarsi e andarsene, tentennò rallentando il processo di proposito per aspettare Andrej e parlare con lui.
Aveva bisogno, aveva un disperato bisogno di parlare con qualcuno o sarebbe esploso.
A Juanjo aveva detto un laconico ‘ne parliamo dopo?’ Ma poi dopo non ne avevano più parlato e sperava di poterlo evitare del tutto. Era consapevole che prima o poi sarebbe uscito tutto, un po’ perché si conosceva e non era uno in grado di avere certi segreti ed il fatto che l’avesse tenuto così a lungo era ammirevole, ma si sentiva al capolinea in quel senso. Un po’ stava comunque così male che pensava non sarebbe riuscito a non rispondere sinceramente se Juanjo gli avesse chiesto cosa aveva realmente. Ma forse aveva capito da solo, Carlos voleva sperare che fosse così e che capisse anche come comportarsi per aiutarlo. 
Tuttavia non aveva testa per pensare a quello e supponeva che Juanjo fosse rimasto più impressionato dalla sua mancanza di sorriso e dal suo silenzio cupo piuttosto che dalla notizia in sé che lui e Jannik erano una coppia. Forse a sorprenderlo di più, in effetti, era il suo atteggiamento e non i suoi gusti sessuali o le sue relazioni non convenzionali. Ormai lo conoscevano bene, quelli del suo team. Sicuramente anche Juan Carlos aveva capito tutto ma finché il suo privato non intaccava le prestazioni non si intrometteva ed era una cosa così da lui che era felice fosse il suo allenatore. 
Appena Andrej entrò nello spogliatoio, Carlos scattò in piedi come una molla senza più resistere e aspettare, era in mutande ma non si era ancora lavato e Andrej lo guardò stupito. 
- Ancora così? - chiese dirigendosi al proprio angolo e posando i borsoni fra quello che era rimasto lì da prima. 
Carlos si guardò e realizzò di essere ancora sudato e puzzolente ed alzò le spalle andando subito al punto. 
- Sì beh avevo bisogno di parlarti e non c’era un momento migliore di questo! 
- Eh certo, perché poi te ne vai visto che hai perso! - Andrej rise di gusto facendogli la linguaccia scanzonata e mettendosi la L di ‘loser’ sulla fronte, avendo vinto era un raggio di sole ed il suo umore era alle stelle. Sarebbe stato l’opposto se avesse perso. Sarebbe stato uno straccio per pulire i pavimenti, oltre che rabbioso e furente. 
Ma in quello stato d’animo era sicuramente ben disposto alla chiacchierata costruttiva. Carlos non aveva di certo perso apposta, ma per una volta non se ne dispiacque. Oltretutto la consapevolezza che non avrebbe affrontato Jannik nel torneo lo aveva demotivato un po’. Da quando l’anno era iniziato il suo motore di sostentamento agonistico era stata la consapevolezza di potersi scontrare con Jannik, non sempre era successo, ma i tornei in cui quell’eventualità era stata per lo meno sfiorata se non realizzata addirittura, Carlos aveva giocato alla grande. 
Battere Jannik era una delle motivazioni migliori per riprendersi dal suo momento negativo a tennis dall’anno precedente, anche se ora stava per prevedere un altro brusco calo di rendimento. 
Carlos ridacchiò nervoso senza prendersela. Di norma era più lanciato verso le conversazioni demenziali con Andrej perché lo faceva ridere un sacco e stava bene con lui, ma adesso si stava sforzando perché aveva decisamente altro per la testa e ad un’occhiata attenta Andrej se ne accorse senza trattenerlo. 
- Wow amico, sei proprio nero! Sei giù per la sconfitta? Non è da te, di solito la prendi ridendo! Aspetta, hai così male al braccio? Mi dispiace, spero non precluda Roma... - Andrej avrebbe proseguito con la sua parlantina sciolta se Carlos non avesse scosso la testa seguendolo sotto la doccia, potendo finalmente parlare con lui.
Ritrovandosi lì nudo con un altro rosso di capelli ricevette una sensazione di deja-vu che lo destabilizzò per un momento. Di sicuro non sarebbe successo la stessa cosa del giorno precedente. 
- Allora? - lo incalzò Andrej guardandolo mentre l’acqua lo ricopriva. Carlos si riscosse e lavandosi a sua volta, andò dritto al sodo. 
- Pensi che Jannik mi ami? - la domanda più brutale e diretta che mai avesse potuto fargli uscì dalla bocca senza mezzo filtro e se non fosse stato Andrej, uno notoriamente pazzo da legare, chiunque al suo posto sarebbe caduto lungo disteso a terra. Ma Andrej rise di gusto iniziando a lavarsi imitato da Carlos che faceva la doccia come un automa. 
- Cosa vuoi che ne sappia io? Chiedilo a lui! - risposta schietta e logica. Carlos fece una smorfia depresso guardando in basso mentre si rimetteva sotto il getto della doccia per sciacquarsi sperando di venire cancellato dal mondo. 
- No, abbiamo litigato. - brontolò come un bambino. 
Andrej lo guardò sorpreso sciacquandosi anche lui. 
- Davvero? Come mai? Pensavo che dopo la soluzione che gli ho suggerito le cose andassero meglio! 
A quella frase il mondo si fermò e Carlos realizzò un dettaglio non trascurabile che però fino a quel momento aveva captato senza afferrarlo bene. 
Anna Kalinskaya, la ragazza finta di Jannik, era russa. 
- Tu cosa? - chiese con un filo di voce teso che mai aveva avuto in vita sua nemmeno nei litigi con Jannik nei quali tendeva piuttosto ad esplodere con fuoco e fiamme. 
Andrej chiuse il rubinetto dopo la doccia veloce e prendendo l’asciugamano se lo avvolse alla vita guardandolo con attenzione e stupore. Carlos era fermo immobile, aveva chiuso anche lui il rubinetto ma solo per sentire meglio, non faceva cenno di coprisi e lo fissava attento ed in attesa. 
- Gli ho detto di farsi una ragazza di facciata che attiri l’attenzione e la tolga da voi, così da poter vivere serenamente e a piacimento la vostra. Sai, è incredibile come funziona la gente. Puoi anche limonare un altro del tuo sesso, ma se sei ufficialmente fidanzato con una va tutto bene e nessuno crederà sia vero! È un trucco banale ma che ho scoperto con me e Dani funziona alla grande. Se volete pace nel vostro privato, il solo modo è pensare alle stupide apparenze. Sembra una stronzata, ma una donna accanto salva la vita! 
Andrej non aveva finito di sproloquiare che Carlos gli era addosso con una mano sulla spalla a stringere, per poco non scivolò e per evitare gli si aggrappò addosso. Nonostante questo rimase con aria seria e shoccata insieme e l’incalzò: 
- Perciò sei stato tu a mettere a Jannik in testa questa idea di merda? Non viene da lui? E quando gliel’hai data? 
Andrej non aveva di certo paura di Carlos e non fece per scrollarselo, ma rimase sorpreso della sua reazione improvvisa e sicuramente non allegra.
- Non so, qualche sera fa... gli ho detto che se voleva Anna gli faceva il filo ed era perfetta, per le russe è una questione di cultura avere un compagno e non un piacere o cose simili come per le donne occidentali... 
Carlos alzò gli occhi al cielo e come se si aprisse il nuvolone nero che era stato sulla testa per tutta la settimana impedendogli di vedere, finalmente scoprì il sole e vide ogni cosa con chiarezza. 
Sollievo. Stupido, assurdo sollievo lo invase. Non era una cosa che veniva da Jannik, gliel’aveva pensata e progettata lo schizzato del circuito numero uno.
Poi realizzò col suo tipico secondo treno un altro dettaglio non trascurabile. 
- Aspetta, perché lui ha accettato sta stronzata? Come diavolo siete finiti a parlare di questo? 
Andrej sbuffò e alzando gli occhi al cielo esasperato si scrollò l’amico di dosso scivolando via dal locale docce per andare dall’altro lato ad asciugarsi e vestirsi.
Carlos recuperò l’asciugamano e lo inseguì rischiando di nuovo di scivolare. 
- Ehi, rispondi! Come è andata? Non è normale che lui se ne esca con questa cosa o che l’accetti! Come siete finiti a parlarne? 
Carlos avrebbe continuato a tartassarlo finché non gli avrebbe risposto e Andrej, capendolo, non si fece pregare oltre.
- Era preoccupato per la vostra storia, di non riuscire a gestirti! Così mi ha chiesto come fare visto che noi due siamo simili! Io gli ho detto che è impossibile gestire quelli come noi e che l’unica era controllare l’opinione degli altri! Davanti a me e Dani ci sono sempre sua moglie e la mia ragazza...
Stava per infilarsi in una spiegazione su di loro e su chi fossero, quando il cervello di Carlos si disconnesse facendogli realizzare una serie di cose che ora avevano perfettamente senso. Qualche tassello gli mancava, come per esempio da cosa Jannik fosse preoccupato e perché cercava un modo per gestirlo. Gestirlo in che senso? Ma alla fine era tutto chiaro.
“Così tutto torna. Non gli sarebbe mai venuto su di fare un teatro simile, non è da lui, anche se è da lui programmarsi la vita nel dettaglio in questo modo. Ma addirittura fare i provini alle ragazze per trovare quella adatta? Quando mi ha detto che era russa avevo subito capito che era stata una scelta mirata, perché loro hanno uno stile di vita privato diverso da quello delle altre. Era una scelta molto precisa e non semplicemente perché era carina e gli faceva il filo. Quante gli fanno il filo e sono anche più belle? Ha scelto una russa! Una parte di me lo sapeva solo che corro sempre troppo e non registro con precisione tutto!”
Carlos continuò a pensare mentre Andrej continuava a parlare delle proprie esperienze private e delle sue teorie quando, rendendosi conto che non l’ascoltava, gli sventolò la mano davanti agli occhi che fissavano un punto vuoto. 
- Ti ho perso? 
- Completamente! - rispose spontaneo Carlos ancora serio e pensieroso. Andrej rise radioso. 
- Beh, ma siete anche simili in qualcosa, allora! Avevo perso anche lui quella sera quando gli ho illustrato la mia teoria intelligente su come avere un amante scomodo ed essere un tennista famoso e di successo! 
Carlos voleva chiedergli come pensava che le due cose fossero connesse ed in che senso era un amante scomodo, ma l’altra cosa detta per prima aveva già attirato tutta la sua scarsa attenzione. 
- Davvero ha reagito così anche lui? 
Andrej annuì e Carlos si aprì finalmente in un sorriso bellissimo dei suoi, a questo Andrej scosse il capo in una via di mezzo fra l’incredulo e l’impressionato. 
- Siete proprio innamorati! Era per questo che hai giocato di merda oggi? Eri preoccupato per lui? 
A questo Carlos tentò di non esaltarsi troppo all’idea che sembrassero innamorati sul serio. 
- No, il braccio mi fa impazzire e non so se ce la farò a Roma... al momento il massimo che posso fare è questo ma come vedi per giocatori forti è inutile, non serve a nulla. Credo che salterò Roma per tornare a Parigi guarito al 100 %.
Da lì proseguirono a parlare di tennis, di salute e di infortuni, spaziando con la loro tipica parlantina su un sacco di argomenti fino a venire richiamati da dei disperati team che li aspettavano ancora fuori. 
Era di nuovo tutto a posto. Mancava ancora una piccola questione da chiarire, ma l’avrebbe fatto appena avrebbero fatto pace e sicuramente tutto sarebbe andato a posto. 
“Insomma, mi deve spiegare perché diavolo pensa di dovermi gestire, ma per il resto va tutto bene! Non sono sicuro sia una soluzione che mi piaccia questa Anna, ma alla fine è per stare meglio con me. Cosa che Jan mi aveva detto, ma mi aveva ferito l’idea che avesse progettato tutto questo addirittura facendo provini alle ragazze da solo senza dirmi nulla, come se non fossi nessuno di speciale. In realtà aveva fatto tutto Andrej! Ma me lo poteva dire, dannazione!”
Per lui cambiava molto. Solo per lui, forse, ma poco importava. Adesso si poteva finalmente risolvere tutto.


Note: ci tengo a dire che quel che scrivo sulla povera Anna sono solo stronzate, non penso niente di simile sulle donne russe o dell'est o meglio non so niente di loro e delle loro usanze, avevo solo necessità di scrivere qualche scemata. Non voglio che nessuno se la prenda per questo. (Beh, non ho una grande passione per la fanciulla ma è una sensazione che ho a pelle sulla base del niente). Per il resto, Carlos è un pazzo e si sa, coi pazzi non ci ragioni. Per lui ha tutto più senso nel sapere che dietro l'idea su Anna c'era Andrej e se per lui ha senso, ha senso anche per noi. Penso che in una qualche maniera però ce l'abbia davvero (parlo come se non fossi io a scrivere. Forse la pazza sono io). Alla prossima. Baci Akane