5. PICCOLO BASTARDO

sincaraz


‘Siete andati già?’ Era una domanda retorica, Carlos sapeva che se ne erano già andati in mattinata. Jannik capì al volo che era un messaggio preliminare per spianarsi la strada al dialogo che voleva intavolare, ma al momento con l’umore sotto i tacchi per il ritiro da Madrid, non era certo di poter sostenere quella conversazione. 
“Ti ho inseguito abbastanza in sti giorni, adesso puoi rimanere tu sulle spine, dannazione!”
Pensandolo stizzito, evitò anche di rispondergli usando il metodo di Carlos del giorno prima, che poi era anche il proprio.
Non sapeva se avrebbe recuperato in tempo per Roma, c’era un’altissima possibilità che dovesse ritirarsi anche da là ma era un’opzione che lo buttava talmente tanto a terra che nemmeno la prospettiva di far pace con Carlos, lo poteva aiutare. 
Sapeva che sarebbero tornati insieme, quel messaggio era chiaro e lo conosceva bene, ma nello stato d’animo in cui era, era meglio stesse da solo per un po’. 
Avrebbe provato il tutto per tutto per essere a Roma, il torneo di casa, ma era perfettamente consapevole che probabilmente si sarebbe dovuto ritirare. 
Ad ogni modo nonostante la mancata risposta, Carlos non si arrese.
‘Pensavo di aspettare Roma, ma mi sa che non ci vedremo lì!’
Jannik si morse il labbro mentre la macchina lo portava verso casa dei suoi in una pausa che si voleva concedere prima di tentare un recupero lampo su cui era molto negativo. 
Il paesaggio montano familiare a lui caro scorreva davanti ai suoi occhi, solitamente lo rilassava e gli piaceva ma in quel caso non funzionava per nulla. Si trattenne a stento dal rispondergli male.
Carlos ovviamente non mollò.
‘Aspettare Roma per parlare’, precisò poi come se gli stesse facendo stupide domande ovvie. 
“Col cazzo che parliamo quando pare a te!” pensò stizzito Jannik indurendo ulteriormente il volto rivolto al finestrino. 
‘Non perché penso che tu non ci sarai ed io sì. Ma perché non credo ci saremo nessuno dei due. Non voglio rischiare che il braccio peggiori, voglio essere al 100 per Parigi.’
Carlos continuava a parlargli come se lui gli stesse rispondendo e se non avessero litigato. Jannik alzò stupito il sopracciglio, davvero la voleva risolvere così? Riprendendo a parlargli come niente fosse successo? Dopo che lui l’aveva implorato e Carlos in tutta risposta gli aveva detto che doveva penare?
“È bastato il mio ritiro per infortunio per fargli capire che era arrabbiato per una stronzata? Beh, indovina un po’! Adesso non sono io dell’umore per sentirti!”
Jannik pensò che si trattasse di quello, era la cosa più logica da pensare specie dopo l’esplosione di quel mattino, quando l’aveva convinto a ritirarsi dicendo che ci teneva a lui. 
Si era sentito sollevato e felice nel saperlo, anche se vederlo andare via gli aveva fatto molto male, specie nel momento in cui era, così vulnerabile e abbattuto. Ritirarsi era doloroso e forse doveva farlo anche da Roma. 
Fortunatamente la macchina che lo trasportava dall’aeroporto a casa dei suoi genitori, arrivò a destinazione e così smise di leggere i messaggi monologo di Carlos, riuscendosi infine anche a distrarsi con loro nel tentativo di non preoccuparli troppo nel farsi vedere più a pezzi di quanto un infortunio ed un ritiro non giustificasse nel suo caso. 
Lo conoscevano e sapeva che non era una persona così attaccata ai tornei ed al tennis da fare un dramma per un ritiro od un infortunio. Erano cose brutte e seccanti, ma non tragedie, non dal suo punto di vista. Perciò doveva ricordarsi di essere il Jannik coerente che i suoi conoscevano sin dalla nascita invece di fare quello depresso per il litigio col suo ragazzo.
“Oltretutto devo pensare a come rendere ufficiale Anna. Che gli piaccia o no è una buona idea mettermi con lei.” non si sarebbe di certo lasciato con Carlos, avrebbe comunque fatto pace perciò era meglio proseguire anche con quel ‘progetto’, per citare quell’idiota del suo reale fidanzato. 

Jannik rimase indeciso sul da farsi per tutti i giorni successivi, fino alle porte del suo arrivo a Roma. Il giorno dopo sarebbero scesi nella capitale per cominciare la tipica trafila pre torneo ed al momento erano lì per capire come procedere. O meglio, se procedere o fermarsi prima di cominciare. 
Tutto il suo team aveva ampiamente espresso il proprio ovvio e scontato parere, così come i suoi familiari. Tutti pareri contrastanti col proprio che voleva comunque almeno provare a giocare ed eventualmente ritirarsi dopo almeno aver tentato. 
Al momento si sentiva abbastanza bene ed era sicuro di potercela fare, ma quando Giacomo, che era rimasto sempre con lui in quei giorni per trattargli giornalmente l’anca, gli disse chiaramente che si sentiva meglio solo perché era stato completamente fermo ma che si sarebbe tutto riacutizzato nello sforzarsi, Jannik alzò indispettito gli occhi al cielo, molto più frustrato ed insofferente del suo solito. 
Non ce la faceva. Dannazione, non ce la faceva ad essere il ‘solito Jannik’, quello logico, razionale e ragionevole. quello che non faceva colpi di testa e che faceva solo quel che era meglio e sicuro per sé stesso. Non riusciva a non mostrare sentimenti così spiccati o capricci verso qualcosa. 
Sentendosi soffocare, si alzò seccato uscendo in giardino all’aria aperta, fresca e familiare. La vista delle montagne a lui tanto care continuava a non aiutarlo molto. 
- Questo intestardirti non è da te, Jannik. Perché sei tanto in fissa con questo torneo? Capisco che è il torneo di casa, ma precede il Roland che è molto più importante... pensavo che nel tuo caso fosse una scelta scontata...
Giacomo l’aveva seguito fuori sedendosi con lui in una delle sedie da giardino rivolte al paesaggio circostante. 
Quei giorni di stacco non gli erano serviti a molto, Jannik si sentiva esattamente come quando era arrivato. In quei giorni Carlos non gli aveva più scritto stupendolo e facendo peggio. Si era immaginato di sentirlo parlare a macchinetta come niente fosse, invece era arrivato il silenzio stampa come accettasse la sua volontà di non chiarire per messaggio o fare come non avessero mai litigato. 
“Poteva violare la mia privacy e la mia volontà, invece! Poteva fare alla sua tipica invadente maniera calpestandomi come suo solito! Non gli ho risposto perché mi aspettavo questo, che mi avrebbe chiamato! Invece è diventato improvvidamente rispettoso? Beh diceva di volerne parlare di persona a Roma, forse si aspetta che io ci vada comunque e quindi parleremo lì. So che vuole fare pace, lo conosco troppo bene ormai e non ne posso più anche io di questa lontananza. Voglio solo riabbracciarlo e rivedere il suo sorriso.”
Forse era assurdo, si disse. Anzi, sicuramente lo era. Assurdo e rischioso. Ma lui intendeva solo arrivare a Roma, provare a giocare almeno qualche partita, le prime e più facili senza sforzo, e poi eventualmente ritirarsi. Almeno sarebbe stato lì con Carlos ed avrebbero parlato e fatto pace. 
L’alternativa era scrivergli o chiamarlo lui e piantarla con quel ridicolo tira e molla. 
Chiedergli scusa e dire che era ora di fare pace e di darci un taglio! 
- Ma non mi voglio forzare, voglio solo provare... 
Non voleva andare nel dettaglio. Non voleva dirgli che aveva bisogno di scendere a Roma e stare fisicamente davanti a Carlos e che non era davvero così idiota da mettere a serio rischio la propria salute. 
Un’occhiata indagatoria a Giacomo gli fece capire che aveva già capito da solo che c’era altro e che il tennis non centrava.
- C’entra Carlos? Mi pare abbiate litigato... 
Giacomo decise di andare subito al sodo e per questo per poco Jannik si sentì mancare. Fortunatamente era seduto e la propria espressione rimase abbastanza sotto controllo. Si limitò ad indurire leggermente le labbra, una cosa lieve che però Giacomo colse con un sorrisino divertito.
- Carlos ti ha influenzato proprio per bene, eh? - Jannik a quella frase sparata alla leggera e quasi scherzando, trattenne il fiato e lo guardò apertamente stupito venendo facilmente allo scoperto contro la propria stessa volontà. Giacomo rise e rispose senza bisogno di sentire la sua domanda: - eri bravissimo a mascherare i tuoi stati d’animo, adesso non ci riesci più del tutto! Se uno ti conosce bene, riesce a leggerti! 
Jannik a questo si abbandonò ad una risatina che era un misto fra il nervoso ed il sollevato. 
Dopotutto era lui, l’unico a cui si era fidato a dirgli tutto. Forse poteva aiutarlo, in qualche modo. Forse poteva essere sincero. 
- Abbiamo litigato e mi pare di capire che vuole fare pace a Roma a tu per tu. Questo finché non mi avrà davanti continuerà a farmi il muso, ma per me è più terapeutico stargli davanti e fare pace con lui piuttosto che andare a curarmi in qualche centro e rimanere in lite. 
Jannik si morse subito il labbro trattenendo il fiato stupito di sé stesso e di quanto sincero fosse stato. Decisamente troppo a dir poco. 
Giacomo lo guardò meravigliato per un po’ dovendosi riprendere da quell’ammissione a cui non era preparato. 
- Perciò tu pensi di arrivare, fare finta di giocare e poi ritirarti dopo che fai pace con lui? Sei così sicuro che andrà così? 
La domanda fu legittima e spontanea e tagliò le gambe a Jannik nell’unica sicurezza che in quei complicati quattro giorni l’aveva fatto andare avanti. 
- Beh, lo spero... comunque non ho in programma di lesionarmi seriamente la gamba, se è questa la vostra preoccupazione! - esclamò schietto l’Altoatesino sentendosi indispettito dall’insinuazione che invece Carlos potesse non voler fare pace con lui e che magari avesse capito male. 
Giacomo rimase fermo vicino a lui, gambe accavallate e braccia incrociate. Sguardo inquisitore e aria pensierosa, come se gli stesse leggendo dentro. 
- Perché semplicemente non glielo dici e basta? Sono sicuro che se lo farai tutto andrà a posto ed anche la tua anca migliorerà come per magia! 
Jannik comprese immediatamente il sottinteso e saltò su in punta sulla sedia pentendosi per il movimento teso e brusco che gli trasmise una fitta all’anca che dovette allungare per stare meglio. 
- Non è psicosomatico per colpa sua! Se la nostra relazione precludesse tanto la mia carriera lo lascerei subito! 
Giacomo fece un sorrisino soddisfatto annuendo, come avesse cercato una conferma appena arrivata. Sciolse le braccia e si mise più rilassato sulla sedia. 
- Questo non toglie che tu glielo debba dire perché secondo me così finirete di discutere e starete finalmente entrambi bene! È da quando siete arrivati a Madrid che lo fate, mi pare... 
Ricordavano entrambi molto bene come Jannik aveva finito per confidarsi con Giacomo circa la sua relazione con Carlos. Gelosia, in pratica. Le cose stavano correndo molto fra loro, troppo forse. Jannik non aveva parlato troppo con Giacomo, ma doveva aver capito alla perfezione ogni cosa. 
- Dirgli cosa? 
Realizzò poi il resto della frase e il fisioterapista aprendo le braccia con aria semplice, rispose: - Quello che provi per lui! È evidente che state insieme senza aver mai parlato di sentimenti, ma da come avete litigato tutta la settimana mi sembra che è chiaro che entrambi provate qualcosa e che state male nel non riuscire a dirvelo. Fatelo e basta, tutto andrà subito meglio! 
Per lui era ovvio e facile. Jannik smise di respirare e rimase shoccato a fissare il suo viso tranquillo e sorridente, come sempre gradevole ma non di sicuro quello di Carlos che amava e che lo faceva impazzire in ogni senso. 
Non era una questione di genere ma di persona. Lui amava Carlos, non provava niente per nessun altro, nemmeno attrazione. 
Per questo poteva stare con Anna ed essere anche molto convincente. Non avevano parlato delle sue reali intenzioni, ma era stato tutto il tempo della frequentazione come se fosse stato chiaro, in qualche modo. Dubitava che Andrej gliene avesse parlato, ma Anna era come se sapesse cosa lui volesse realmente da lei e le andasse perfettamente bene. 
Una  relazione da esibizione, non impegnativa, non seria, ma credibile. Tutto lì. 
Entrambi fingevano di corteggiarsi e di voler mettersi insieme, entrambi lo facevano piuttosto bene poiché non realmente coinvolti e molto pragmatici e con ottimi nervi tutti e due e tutto stava andando esattamente come da lui programmato. 
- Che male c’è nel programmare la propria vita in ogni singolo dettaglio? - chiese poi spontaneo, distogliendo lo sguardo con dolore nel pensare a tutti i problemi con Carlos che l’avevano ferito tanto quella settimana. Per lui mettersi con Anna solo per finta non era un dramma, ma Carlos l’aveva trasformato in qualcosa di tragico. 
- Nulla se lasci spazio per gli imprevisti. 
Jannik capendo che ‘l’imprevisto’ si chiamava Carlos Alcaraz, lo guardò di nuovo con un sopracciglio alzato. Giacomo ridacchiando aggiunse: - Pensi davvero di poter gestire uno come lui come gestisci ogni aspetto della tua vita? 
A quella domanda Jannik si rese conto di essersi appena messo davanti ad uno specchio. Non si era guardato per tutto il tempo convinto di sapere che aspetto aveva, invece ora che lo faceva a forza ecco che la propria immagine era diversa. 
- Credevo di non starci provando, ma evidentemente in realtà era quel che stavo cercando di fare...
Rispose più a sé stesso che a Giacomo il quale, sorridendo dolcemente, capì che in un modo o nell’altro non si doveva preoccupare per la sua salute fisica. 
- Va bene, fammi solo sapere come vuoi procedere che in caso domani si parte per Roma. Diversamente andiamo direttamente al centro medico di Torino. 
Jannik annuì rimanendo fuori da solo, seduto appoggiato con la schiena e con le gambe dritte. 
Tornò a sorvolare con lo sguardo sul paesaggio montano senza vederlo ancora, il silenzio lo avvolse fresco e dolcemente, l’aria pungente anche se non congelante a cui abituato. 
Sospirò un paio di volte e scosse la testa. 
“Davvero ho cercato di gestirlo pur consapevole che è impossibile e che Anna serve a questo? A potergli far fare quel che vuole senza rischiare nulla?”
Dopotutto era un maledetto testardo anche lui, alla fine. 
Ancora fondamentalmente indeciso su cosa fare, il cellulare nella tasca vibrò indicandogli l’arrivo di un messaggio. 
Quando lesse stupito che era Carlos che dopo quattro giorni tornava a farsi vivo, per un attimo sentì un’istintiva gioia nella speranza di leggere che finalmente si decideva a far pace. La gioia svanì presto in un battito di ciglia nel leggere quel che aveva scritto. 
‘Se tu partecipi, partecipo anche io. Sarebbe meglio saltare per evitare una ricaduta, ma se tu ci vieni e ti sforzi, vengo e mi sforzo anche io. Perciò fammi sapere che Juanki sta dando di matto.’
Jannik spalancò gli occhi, rilesse altre tre volte il messaggio e poi capendo che davvero aveva in mente di manipolarlo in quel modo per farlo ritirare dal torneo, capì di non avere realmente scelta. 
- Maledetto, mi conosce bene, eh? Sa che volevo scendere lo stesso e per evitare di farmi male mi costringe a ritirarmi! Sa bene che non lo metterei a rischio! Piccolo bastardo! 
Così dicendo battagliero ed infervorato come solo con lui riusciva ad essere, Jannik scrisse velocemente a Carlos: ‘Mi ritiro, ci vediamo a Parigi e parliamo come si deve. Se ti vedo giocare a Roma ti mando una bomba telecomandata!’
Non aveva voluto scrivergli con quel tono scanzonato, ma alla fine era venuto spontaneo, colpa come sempre dell’influenza di Carlos. 
Quando entrò in casa a comunicare che aveva deciso di ritirarsi da Roma, gli altri alzarono gli occhi al cielo sollevati e Giacomo fece un sorriso trionfante come se sapesse che alla fine sarebbe andata così. 
“Come minimo gli ha scritto di nuovo per dirgli che volevo scendere ugualmente. Ha capito che l’unico sulla faccia della Terra in grado di convincermi a fare qualcosa che non voglio, è quel piccolo bastardo che amo alla follia.”
Tuttavia non riusciva nemmeno più a prendersela per quello. Purtroppo era colpa di quel che provava per lui ed era decisamente una delle due cose della propria vita che non poteva gestire. L’altra era Carlos stesso, il piccolo bastardo in questione!


Era come se avessero già fatto pace senza farla, Jannik era perfettamente consapevole che nessuno dei due era più arrabbiato e che per qualche ragione che supponeva c’entrasse con il suo infortunio, fosse passata ad entrambi. Solo che a conti fatti volevano tutti e due fare pace di persona e come si doveva, prima di riprendere a parlarsi come niente fosse. Anche perché si erano lasciati male e non si poteva semplicemente fare finta di niente, era impensabile, ma gli piaceva che Carlos volesse averlo faccia a faccia. Probabilmente perché il suo concetto di ‘pace come si doveva’ era saltargli addosso, abbracciarlo come un koala ed infilargli la lingua in bocca. 
Jannik all’idea di come potevano far pace, fremette e per poco non gemette ad alta voce. Trovandosi in compagnia di Anna si compiacque nel rendersi conto che riusciva a stare così bene con lei pensando a Carlos, aveva temuto di non riuscirci ma chiaramente era più bravo a gestire sé stesso che il suo fidanzato.
Non che avesse mai avuto molti dubbi su questo. 
La loro relazione stava per diventare ufficialmente reale, stava cercando di mostrarsi insieme strategicamente, sempre avendo cura di rimanere coerente con la sua riservatezza risaputa e si aspettava a breve la fatidica domanda in qualche conferenza alla quale avrebbe dato conferma fingendo di volere privacy. Le cose stavano andando perfettamente come progettato. Con lei stava andando bene, alla fin fine si accontentava del poco tempo che le poteva concedere e non chiedeva di più. Si erano scambiati qualche bacio, ma si erano visti davvero poco da Madrid perché lui era stato impegnato con le cure, mentre lei con il torneo, ma per convincerla frequentarsi aveva dovuto baciarla e si era stupito di come ci era riuscito senza grossi drammi. Si era sentito comunque un traditore, ma non perché gli sembrava di esserlo, sapeva che se non c’era trasporto né sentimenti non era un vero tradimento, ma sapeva anche che per Carlos forse lo era in ogni caso e così di nuovo influenzato da lui, si chiese se dovesse dirle tutto ed essere sincero. 
Ancora non aveva deciso bene come procedere in quel senso. All’inizio in parte per via della momentanea rottura con Carlos ed in parte perché non sapeva se poi con lei le cose sarebbero andate bene o se magari fossero finiti per odiarsi; non aveva preso una decisione, né le aveva spiegato nulla, ma non escludeva di farlo. 
Non c’era molto trasporto ma non pensava che nessuno dei due se l’aspettasse visti i tipi tranquilli che erano. Se fossero stati come Carlos ed Aryna allora sarebbe stato diverso, ma non erano molto espansivi o focosi e perciò le cose fra loro andavano nella norma, senza fuochi d’artificio od eccessi. Nessuno aveva tentato di saltarsi addosso, ma il calendario di tennis era venuto loro in aiuto, a conti fatti.
Jannik aveva pensato che avrebbe visto come le cose si sarebbero impostate da sole, dipendeva tanto da Carlos perché quando tutto sarebbe tornato a posto con lui, avrebbe dovuto dividere il proprio non eccessivo tempo libero fra lui e lei e a quel punto avrebbe probabilmente mangiato la foglia. Lì lei gli avrebbe potuto chiedere qualcosa e Jannik avrebbe avuto due opzioni: dirle sinceramente la verità oppure inventarsi qualche scusa riguardante il tennis, tipo che stava bene con lei ma rimaneva sempre al primo posto la sua carriera e perciò non ci sarebbe potuto essere sempre al 100 %. 
Ma se fossero arrivati a quel momento avrebbe deciso sul momento quale delle due adottare, poiché dipendeva anche da come era lei e se avanzava pretese eccessive. Ne dubitava, aveva scelto lei per quello, ma non si poteva mai dire. Da come si accontentava delle poche cose che lui le concedeva, chiacchierate telefoniche e qualche bacio, gli pareva che anche lei cercasse la stessa cosa, ovvero non una reale relazione ma più qualcosa da mostrare in giro, magari per ottenere un po’ di notorietà.
Il programma prevedeva qualche messaggio sui social di tanto in tanto, niente di eccessivo, qualcosa di molto contenuto, ma decisamente pubblico, per dare poi conferma che stavano realmente insieme. 
Rise all’idea di ciò che la gente poteva considerare reale. 
Un paio di messaggi scambiati tramite i social, tanto odiati da lui fra l’altro, al posto di uno scambio intimo e privato tramite cellulare e whatsapp, ed il gioco sarebbe stato fatto. Per la gente questo sarebbe stato visto come una cosa normale, romantica e da fidanzato totalmente innamorato. 
“Ma quando mai si è visto che uso i social? Per di più per parlare con la mia ragazza che posso sentire in privato? E la gente ci crederebbe?”
Per quando paradossale, scommetteva di sì.
Fin lì si erano fatti vedere strategicamente insieme, poi una volta che il torneo sarebbe cominciato avrebbero presenziato uno alle partite dell’altro e appena i media avrebbero fatto la fatidica domanda, lui avrebbe confermato. Da lì in poi avrebbero cominciato di tanto in tanto i post sui social.
Tutto programmato fin nei minimi dettagli.
“Davvero basterà questo per far credere a tutti che ci amiamo alla follia?”
Jannik aveva usufruito di nuovo dell’unico esperto che conosceva il quale gli aveva dato la dritta dei social, che una volta scambiatisi qualche messaggio tramite quelli, anche se brevissimi e niente di esagerato, la gente ci sarebbe cascata alla grande. 
Lui aveva detto ‘ma chi vuoi che ci creda? Tutti sanno che sono anti-social e che tengo alla mia privacy! Perché dovrei scambiarmi cose private con la mia ragazza tramite i social io che a momenti nemmeno li uso per gli sponsor o i tornei?’, ma Andrej aveva solo fatto una lunga facciata di smile che piangevano dal ridere ed alla fine aveva detto ‘vedrai! Usa i social anche solo per uno smile sotto ad un suo post e tutti penseranno che la ami da matti! Nessuno si chiederà perché di punto in bianco ti metti ad usarli anche se li hai sempre odiati!’
Così Jannik aveva programmato per filo e per segno ogni cosa della sua finta relazione con lei, anche le varie opzioni da mettere in gioco in relazione ai vari casi che si potevano presentare. 
“Sebbene da com’è poco pretenziosa e si accontenta del poco che le concedo, mi viene il dubbio che Andrej l’abbia già istruita senza dirmelo. Sarebbe da lui in effetti. In fondo non ha ancora cercato di infilarsi nel mio letto ma fa esattamente tutto ciò che spero che faccia!”
Eppure se così fosse stato, Jannik realizzò che sarebbe stata davvero la relazione perfetta. 
“Anche se tutto dipende da quel piccolo bastardo. Se non fa pace con me sul serio, questa sceneggiata è del tutto inutile!”
Su questo, Jannik arrivò a Parigi.


Note: La parte su Anna è per rendere bene l'aspetto da programmatore seriale di Jannik che pensa e progetta ogni singolo dettaglio della sua vita, persino una relazione che non deve essere impegnativa e seria, e di conseguenza far capire quanto lo stia facendo impazzire Carlos che manda tutto all'aria e che non si fa programmare nemmeno per scherzo. Spero sia chiaro che tutto questo è solo frutto della mia fantasia e non ho niente contro Anna, so che l'ho già detto ma non voglio che nessuno si senta offeso. Comunque adoro Giacomo ed il suo ruolo, non l'avevo progettato, ma lentamente sta venendo fuori qualcosa di molto carino, un complice prezioso. Alla prossima. Baci Akane